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Home - Approfondimenti - Analisi - Il governo Draghi e il restyling del Servizio Sanitario Nazionale

Il governo Draghi e il restyling del Servizio Sanitario Nazionale

di Roberto Polillo
16 Novembre 2021
in Analisi
La riforma della sanità nelle proposte di Pietro Grasso

I provvedimenti già assunti o in via di elaborazione

La presentazione alle Camere della legge di Bilancio segna, con i diversi articoli dedicati alla sanità in essa contenuti, un ulteriore passo nel processo di restyling del servizio sanitario nazionale avviato dall’esecutivo presieduto da Mario Draghi con il varo del PNRR.

Un percorso di riforme che rappresenta senza dubbio una significativa inversione di rotta rispetto al processo di marcato de-finanziamento e depotenziamento delle risorse umane che hanno caratterizzato gli ultimi 15 anni del nostro SSN.

Ed infatti l’azione del governo si sta concentrando su diverse linee di sviluppo indipendenti ma tra loro coordinate e orientate a incidere sull’intera organizzazione del sistema: dall’assistenza territoriale a quella ospedaliera:

  • il Piano di rinascita e resilienza (PNRR) (l’atto più significativo sia per le risorse impegnate che per gli obiettivi che si ripropone) stanzia nella Missione 6, dedicata alla sanità, una cifra pari a 15,6 miliardi in conto capitale per l’ammodernamento del SSN da utilizzare in due diverse linee di attività: M6C1 e M6C2: la prima dedicata a reti di prossimità, e strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale (finanziamento pari a 7 miliardi) e la seconda dedicata a innovazione, ricerca e digitalizzazione del servizio sanitario nazionale (finanziamento pari a 8,6 miliardi).
  • la proposta di modifica del DM 70 sugli standard ospedalieri (prontamente misconosciuta dal ministro della salute Roberto Speranza a seguito delle critiche sollevate da numerose società scientifiche mediche per nulla coinvolte nella sua elaborazione), che dovrà ridisegnare l’assistenza ospedaliera e che sarà aperta, questa volta, al doveroso contributo dei diversi stakeholder del campo istituzionale sanitario.
  • la proposta elaborata con AGENAS sui Modelli e standard per lo sviluppo dell’Assistenza Territoriale nel Servizio Sanitario Nazionale da ratificare attraverso uno specifico DM ministeriale che dovrà dare senso all’assistenza di prossimità.

A queste linee programmatiche si aggiunge ora la legge di Bilancio le cui disposizioni in materia sanitaria riguardano numerosi provvedimenti di cui alcuni di particolare rilievo:

  • Incremento del fondo sanitario nazionale di 2 miliardi per ciascuno degli anni 2022-2024.
  • Stanziamento di 1 miliardo e 850 milioni per farmaci e vaccini Covid.
  • Stabilizzazione del personale sanitario precario assunto durante l’emergenza Covid per la quale si stima una spesa complessiva (a valere comunque sulle risorse del fondo sanitario) di circa 690 milioni nel 2022 che scenderà a circa 625 milioni a decorrere dal 2023.
  • Finanziamento aggiuntivo per le borse di specializzazione dei medici (per arrivare a circa 12mila posti annui stabili) con una spesa nel triennio di 860 milioni.
  • Proroga fino al 30 giugno 2022 delle unità territoriali Usca anti Covid.
  • Incremento del tetto di spesa della farmaceutica per acquisti diretti (ospedaliera e Asl) che passa dall’attuale 7,65% all’8% nel 2022 per salire all’8,15% nel 2023 e arrivare all’8,30% nel 2024.
  • Incremento di 2 miliardi del fondo dedicato all’edilizia ospedaliera e al piano di ammodernamento della rete che passa da 32 a 34 miliardi.
  • Definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni sociali per la non autosufficienza costituiti “dagli interventi, dai servizi, dalle attività e dalle prestazioni integrate che la Repubblica assicura, con carattere di universalità su tutto il territorio nazionale per garantire qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione, prevenzione, eliminazione o riduzione elle condizioni di svantaggio e di vulnerabilità”. Un provvedimento, atteso da anni, che potrebbe rappresentare da solo o quasi la vera cifra di un profondo cambiamento.
  • Stanziamento a decorrere dall’anno 2022, di 200 milioni di euro per l’aggiornamento dei Lea (un provvedimento rimasto bloccato al MEF già da diversi anni per la mancanza di risorse aggiuntive)
  • Istituzione di unì indennità di pronto soccorso per la dirigenza medica e il personale del comparto sanità per un totale in totale 90 mln di euro a valere dal 2022.

Le criticità e la necessità di concertazione con parti sociali e corpi professionali

I provvedimenti predisposti dal governo sono sicuramente il segno di un rinnovato interesse per il potenziamento del nostro servizio sanitario; fatto importante ma tuttavia non sufficiente a garantire un vero cambio di passo se non saranno affrontati alcuni nodi, già emersi con chiarezza, e soprattutto se non si darà avvio a una stagione di confronto con parti sociali e rappresentanze professionali. Esistono infatti delle criticità riguardanti tanto gli interventi in programma sull’assistenza ospedaliera che su quella territoriale con particolare riferimento in questo caso alla governance del sistema e al ruolo del personale in esso impiegato. Andando con ordine

  1. Assistenza ospedaliera: la modifica (ritirata) del DM 70

Abbiamo già ricordato come il ministro Speranza abbia dovuto negare la paternità alla bozza di modifica del DM 70, comparsa sul giornale online Quotidiano Sanità, con cui si incideva fortemente sull’assistenza ospedaliera. La revisione del DM 70 infatti è un provvedimento da maneggiare con particolare attenzione  in quanto con esso si mette mano all’intera organizzazione ospedaliera attraverso una serie  articolata di azioni che riguardano: rimodulazione delle diverse tipologie possibili di ospedale (compreso il tanto atteso ospedale di comunità a gestione infermieristica) introduzione di un modello di assistenza per intensità di cure più elastico di quello basato sulle tradizionali divisioni e reparti; ampliamento del sistema delle reti cliniche (indispensabili per realizzare una continuità tra ospedale e territorio per alcune patologie ad alto impatto assistenziale garantendo al contempo un’assistenza più uniforme tra le diverse regioni)

Provvedimenti che vanno a incidere sulla carne viva del sistema e che richiedono un confronto aperto e l’accoglimento di alcune modifiche avanzate da numerosi soggetti professionali su una serie di punti che la bozza non affronta adeguatamente tra cui: dotazione complessiva di posti letto (ancora troppo bassa rispetto alle reali necessità); suddivisioni dei posti letto tra le diverse discipline (sottodimensionata per alcune discipline); giusta implementazioni delle reti cliniche per garantire un’uniformità assistenziale su tutto il territorio ma omissione di alcune altrettanto importanti (tra queste quella dedicata alle patologie allergiche e immunologiche totalmente dimenticate dal governo)

  1. Il potenziamento del territorio e il modello di governance

Le azioni previste dal PNRR e dal citato documento sui “Modelli e standard per lo sviluppo dell’Assistenza Territoriale nel Servizio Sanitario Nazionale” fissano, per potenziare quei servizi territoriali oggi fortemente carenti, una serie di obbiettivi su cui è difficile dissentire: la creazione, nell’ambito un preciso cronoprogramma, di case della comunità (un nome diverso – di cui non si vede la necessità – per indicare le attuali case della salute) e di ospedali di comunità; l’incremento dei livelli di assistenza domiciliare con cui garantire presa in carico del paziente, monitoraggio e assistenza dei pazienti con patologie acute/croniche non richiedenti il ricovero ospedaliero; rafforzamento del ruolo dei medici di famiglia potenziando le forme aggregative (uno dei nodi su cui torneremo); definizione di  protocolli di implementazione della continuità ospedale e territorio attraverso il pieno coinvolgimento di tutto il personale del distretto

Su altri punti si registrano invece omissioni e ambiguità; nulla infatti si dice sullo stato giuridico dei medici di famiglia (MMG) nonostante che il primo anno di pandemia abbia dimostrato chiaramente il fallimento dell’attuale modello assistenziale della medicina di famiglia basato su un rapporto di lavoro di tipo libero professionale; un rapporto convenzionale incapace di creare sinergie con gli altri operatori medici e non e più in generale le altre strutture del distretto. Altrettanto ambigua è invece la formulazione con cui si vogliono istituire centrali operative in ogni distretto dedicate alla presa in carico del paziente domiciliare con problemi di cronicità e non autosufficienza anche ai fini dell’utilizzo degli strumenti della telemedicina. Che natura e che funzione hanno queste centrali? Sono parte integranti del distretto o sono delle strutture separate e che svolgono una funzione di committenza verso operatori indifferentemente pubblici o privati? Se questo fosse, significherebbe istituzionalizzare su tutto il territorio nazionale proprio quel modello lombardo in cui il pubblico ha una funzione meramente di controllo miseramente fallito sotto l’urto della pandemia.

Considerazioni conclusive

Dopo anni di tagli lineari la grande crisi pandemica, ancora in corso, ha imposto una profonda revisione di quelle politiche che consideravano un trade-off insanabile il mantenimento di un efficiente stato sociale con una adeguata crescita economica.

Il governo Draghi si è mosso con grande efficienza per ristabilire le condizioni minime che possano consentire al nostro SSN di svolgere una funzione di protezione erga omnes.

Esistono tuttavia delle ambiguità nell’azione di governo, dipendenti in larga misura dalla composizione ibrida della compagine governativa, che vanno assolutamente sciolte e risolte con un confronto trasparente e aperto con tutti i soggetti portatori di interessi in campo sanitario.

Serve dunque avviare un confronto sui temi che abbiamo ricordato partendo tuttavia da una chiara dichiarazione di intenti. Il SSN deve restare pubblico dovendo garantire a tutti i cittadini il godimento di un’assistenza sanitaria di qualità indipendentemente dal reddito posseduto e dal territorio di residenza.

Proprio per questo ne va rafforzata la natura universalistica e dunque la proposta di autonomia differenziata in sanità portata avanti dalle regione del Nord, Emilia Romagna compresa, e rimessa in gioco dal documento di programmazione del governo deve, come condizione preliminare, essere espunta dal dibattito in corso perché irricevibile.

Roberto Polillo

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