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Home - Approfondimenti - Analisi - Il nuovo contratto

Il nuovo contratto

21 Dicembre 2007
in Analisi

di Tania Toffanin –Dipartimento di Studi del lavoro e del Welfare, Università di Milano

Il quadro di riferimento

L’accordo di rinnovo arriva dopo un anno di trattative e interessa uno dei settori che, più di altri, negli ultimi dieci anni ha avviato una riorganizzazione strutturale, collegata ai processi di concentrazione e di internazionalizzazione che hanno coinvolto i diversi gruppi bancari operanti nel territorio nazionale.
Tale riorganizzazione parte dal 1990, con l’attuazione della riforma bancaria che di fatto ha trasformato i connotati della partecipazione pubblica nel sistema bancario, modificando, di conseguenza, anche la struttura degli assetti organizzativi e finanziari delle imprese. Con la riforma del 1990 le banche da enti sono state trasformate in società per azioni: la partecipazione pubblica presente nei consigli di amministrazione è stata trasferita nelle fondazioni con sostanziali modifiche del potere di amministrazione e controllo.
Dal 2005 la riorganizzazione del sistema bancario italiano ha subito una ulteriore accelerazione, tale da comportare un’imponente riduzione delle imprese del credito: oggi il sistema si compone di 83 gruppi e 550 aziende. Solo 140 imprese non fanno parte di gruppi bancari.


Le modifiche prodotte impattano necessariamente sulla conformazione della contrattazione di II° livello poiché oltre al livello aziendale e territoriale acquista rilevanza la dimensione “di gruppo”. La riorganizzazione finora intervenuta è un processo destinato a produrre geometrie variabili anche nella determinazione degli equilibri negoziali poiché questi sempre più dipenderanno dall’influenza esercitata dai gruppi e non più dalle singole imprese. Si tratta di un processo destinato a produrre dei cambiamenti anche all’interno delle associazioni di rappresentanza datoriali, alle quali spetta il compito di reggere l’instabile equilibrio tra mercato e gerarchie presenti nel settore.
Il confronto che si è appena concluso per il rinnovo del contratto dei lavoratori delle imprese del credito ha impegnato le delegazioni trattanti per tutto il 2007. Le parti sono giunte alla sottoscrizione dell’accordo in prossimità della scadenza del I° biennio economico, prevista, appunto, il 31 dicembre 2007. L’esito della trattativa ha prodotto un posticipo, comunemente definito “transitorio e sperimentale”, della vigenza contrattuale al 2010, di un anno, quindi, rispetto al termine naturale del 2009. Proprio sull’allungamento della vigenza contrattuale la trattativa ha segnato i momenti di rottura più significativi: l’Abi a più riprese ha chiesto di allungare fino al 2011 la vigenza del rinnovo con decorrenza dal 2008. La mediazione raggiunta si è posizionata ad un allungamento sperimentale fino al 2010 che, come sottolineano le parti, non vuole in alcun modo produrre modifiche dell’assetto contrattuale disegnato dal Protocollo del 23 luglio 1993. Su tale parte del rinnovo si rifletterà nelle considerazioni conclusive.
Per la parte retributiva: gli aumenti medi a regime sono pari a 279,69 euro con la previsione dell’erogazione dell’una tantum a copertura del biennio 2006-2007 pari ad un importo medio di 1.580 euro e ad un aumento del 12,10% delle retribuzioni nei prossimi 5 anni. Aumenti di assoluto rispetto, specie se comparati ad altri settori, parte dei quali ancora attende il rinnovo, a distanza di qualche anno dalla scadenza.


Le relazioni sindacali


In tema di relazioni sindacali il riferimento alla dimensione sovranazionale è stato inserito anche nella parte relativa all’Osservatorio nazionale. A tale organo viene attribuita la competenza relativa al monitoraggio dell’evoluzione della ristrutturazione del sistema creditizio e delle problematiche e normative connesse al rapporto di lavoro, derivanti dall’integrazione europea, anche riguardo i gruppi e le aziende sovranazionali che applicano il ccnl del credito appena sottoscritto.
Il richiamo è alla necessaria attenzione a fenomeni di dumping sociale collegati alla disomogeneità dei regimi di regolazione del lavoro. L’internazionalizzazione delle imprese si scontra sempre più con le disparità presenti nei trattamenti economici e nei contenuti normativi dei contratti applicati nei paesi che hanno differenti ordinamenti e diverse tradizioni in tema di relazioni sindacali. Per ridurre tali disparità la contrattazione nazionale dovrebbe assumere con sempre maggior forza la dimensione europa come riferimento principale nell’elaborazione della contrattazione nazionale. Si tratta di un tema che, per la rilevanza, dovrebbe essere assunto come patrimonio comune dalle parti sociali di tutti i settori produttivi ma la contrattazione segna ancora notevoli ritardi su tale questione. In tale direzione la frammentazione contrattuale presente sembra ancora supportata da logiche che finiscono per aumentare le tendenze neocorporative e non aiutano, invece, a far maturare una pratica contrattuale attenta alle dinamiche collegate ai processi di divisione internazionale del lavoro.


Il presente rinnovo, in tema di diritti di informazione all’art. 10 introduce la necessità di avviare e mantenere il confronto sulla verifica delle ricadute derivanti dall’applicazione degli accordi aziendali o di gruppo. Il monitoraggio dei livelli occupazionali e delle condizioni di lavoro prevede il confronto sull’andamento delle diverse tipologie occupazionali, da distinguere per ogni unità produttiva, in relazione a: categorie, aree professionali, livelli retributivi e genere.
E’ stato, inoltre, previsto che durante sia l’incontro annuale sia l’incontro semestrale le parti si confrontino anche sull’andamento degli eventi criminosi e delle rapine, in termini aggregati e disaggregati con la possibilità di monitorare gli effetti di pratiche contrattuali su questo tema. La questione si ricollega al monitoraggio necessario delle condizioni di lavoro. Il confronto tra organizzazioni sindacali e associazioni datoriali su questo tema risente della diversa posizione relativa al destinatario delle misure di tutela contro gli eventi criminosi: per l’Abi le misure di prevenzione e sicurezza devono essere mirate alla riduzione del rischio di perdita di valore, per le organizzazioni sindacali tale indicazione non può prescindere dal miglioramento delle condizioni di lavoro dei dipendenti. A normare tale tema sono intervenuti dei protocolli che le stesse organizzazioni sindacali hanno sottoscritto a livello provinciale con la prefettura, in relazione alle misure minime di sicurezza da adottare ma si tratta di una questione che merita un confronto più approfondito che produca specifici orientamenti in sede di contrattazione nazionale e di II° livello e non sia, invece, relegato come oggi succede alla libera iniziativa delle parti a livello territoriale.


Le pari opportunità


Di particolare interesse risulta quanto previsto all’art. 12 in tema di pari opportunità. Si è sancita la trasformazione delle commissioni paritetiche in commissione miste, passaggio, questo, che vuole superare le rigidità formali presenti nel precedente ccnl. Lo scopo è quello di favorire l’avvio di un monitoraggio continuo sui seguenti temi: le iniziative di valorizzazione delle risorse femminili, le politiche di conciliazione dei tempi di vita e dei tempi di lavoro, anche attraverso la contrattazione di flessibilità positive (così come previsto dall’art. 9 della L.53/2000), i piani formativi rivolti alle lavoratrici che possono essere finanziati dai fondi interprofessionali e dalle normative vigenti.
Il contratto collettivo nazionale del credito su questo tema è uno dei pochi a prevedere in termini espliciti la necessità dell’esercizio di una pratica contrattuale vicina alle esigenze di conciliazione. In tutti i contratti collettivi nazionali di lavoro è inserita la legge n. 53 del 2000 ma solamente in circa un centinaio di aziende sono stati avviati progetti finalizzati all’attivazione di pratiche di conciliazione. Un’occasione mancata tanto più che la normativa vigente ne prevede il finanziamento.


Nelle imprese del credito la questione delle pari opportunità si pone sia in ingresso sia durante il percorso professionale: con la riforma bancaria intervenuta nel 1990 ed il passaggio delle banche da enti a società per azioni è venuto meno l’utilizzo del concorso per le assunzioni. La selezione in ingresso è diventata meno rigida ma anche più discrezionale, con tutti i rischi collegati all’informalità associata alla nuova modalità. La disparità di trattamento, come in tutti i settori produttivi e di servizio, accompagna poi l’intero percorso professionale delle lavoratrici del settore che nonostante le competenze e i titoli posseduti faticano ad oltrepassare il “tetto di cristallo” e accedere a posizioni dirigenziali.
La previsione di una specifica commissione alla quale è affidato il monitoraggio continuo delle condizioni professionali e di vita delle donne che lavorano nelle imprese del settore rappresenta certamente un elemento positivo. Tuttavia, il nodo problematico è l’attivazione di una cultura della conciliazione che, attraverso sia la pratica contrattuale sia l’attuazione dei piani orari delle città, incida, non tanto per produrre la riduzione dell’impegno collegato all’attività lavorativa e familiare delle donne, ma per l’effettiva distribuzione del carico di lavoro di cura tra i generi. Il problema si ricollega, quindi, alla costruzione sociale della femminilizzazione del lavoro di cura che investe la società italiana e molti paesi dell’area mediterranea. I lavori della commissione nazionale dovrebbero produrre verifiche puntuali sull’effettiva realizzazione di pari opportunità ma soprattutto fungere da stimolo per l’implementazione della contrattazione aziendale o di gruppo, attraverso la diffusione di pratiche di flessibilità positive, spesso ignorate da datori di lavoro e lavoratori.


La gestione delle ristrutturazioni e delle riorganizzazioni


Per quanto riguarda i trasferimenti d’azienda si richiama la normativa vigente, modificata dall’art. 32 del d.lgs. 276/2003 che per trasferimento d’azienda intende “qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base dei quali il trasferimento è attuato ivi compresi l’usufrutto o l’affitto d’azienda”.
In tema di appalti, invece, rimane valido quanto sancito dal ccnl del 2005, con l’aggiunta di ulteriori garanzie per l’esigibilità dei diritti di informazione. In particolare l’art. 9 modifica il comma 4 dell’art. 16 (ccnl 2005) introducendo il richiamo alla necessità di monitorare le ristrutturazioni che comportino l’appalto di servizi collegati all’attività bancaria ad imprese del gruppo bancario ma con sede all’estero “L’impresa che decide un appalto che riguarda attività complementari e/o accessorie ad imprese od enti esterni all’area contrattuale, così come indicato all’art. 3, ovvero ad imprese, anche facenti parte del gruppo bancario, con sede all’estero, ne dà comunicazione motivata agli organismi sindacali aziendali i quali possono chiedere di valutare e, ove occorra, contrattare in merito alle conseguenti ricadute sul personale (livelli occupazionali, effetti su qualifiche e mobilità, interventi per la riqualificazione e, ove occorrano, cambiamenti di mansioni)”.


Il confronto a livello di gruppo viene ulteriormente implementato attraverso una maggiore autonomia a vantaggio della rappresentanza datoriale e sindacale che diventa, quindi, una soggettività di primario riferimento per l’attività di contrattazione. Il presente rinnovo contrattuale recepisce inoltre la Direttiva comunitaria n.109 del 2006 in tema di confronto tra le parti sociali e ruolo delle rappresentanze dei lavoratori di imprese a dimensione europea, legittimando il ruolo dei CAE (Comitati Aziendali Europei).
Per quanto concerne l’agibilità sindacale: il presente rinnovo ha aumentato le garanzie a vantaggio dei lavoratori e delle lavoratrici che ricoprono cariche sindacali. Si è previsto, infatti, che ai dirigenti sindacali distaccati per l’esercizio della carica sia data la possibilità di fruire di un aggiornamento professionale, indispensabile per facilitarne il rientro, anche attraverso la frequenza di corsi di formazione mirati. La modifica apportata è di indubbio valore non solo per la tutela della professionalità del lavoratore e della lavoratrice che decide di svolgere l’attività sindacale in distacco ma per rendere lo svolgimento della stessa attività meno rigido e sottoposto al rischio di impoverimento del patrimonio conoscitivo maturato in azienda.


La contrattazione integrativa aziendale e il mercato interno del lavoro


Il ccnl del 2005 indicava tra le materie demandate alla contrattazione integrativa aziendale: il premio aziendale, le garanzie volte alla sicurezza del lavoro e la tutela delle condizioni igienico sanitarie nell’ambiente di lavoro. Questo rinnovo ha aggiunto l’assistenza sanitaria e la previdenza complementare, temi che nel settore risultano strettamente collegati alla dimensione aziendale e non, invece, come per altre categorie, al settore di attività.
In tema di politiche per l’occupazione nel rinnovo appena sottoscritto emergono degli elementi di garanzia a tutela non dei livelli occupazionali ma della stabilità del rapporto di lavoro.
In particolare, per quanto riguarda i contratti a causa mista (apprendistato e contratti di inserimento) si precisa che non possono succedersi nel percorso interno all’impresa, evitando così l’alternarsi di forme contrattuali a termine. Non solo: l’accordo esclude l’utilizzo delle seguenti tipologie contrattuali: l’utilizzo del contratto di apprendistato l’espletamento del diritto e dovere di istruzione e formazione, per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione, contratti di somministrazione a tempo indeterminato, lavoro intermittente, lavoro ripartito e lavoro a chiamata.
In relazione al contratto di apprendistato le parti hanno scelto di privilegiare l’apprendistato professionalizzante, accorciando i tempi di approdo al regime retributivo proprio dei livelli di inquadramento collegati alle diverse aree professionali. Le modifiche introdotte dall’art. 25 del ccnl appena rinnovato migliorano le condizioni di lavoro degli apprendisti rispetto a quanto, invece, previsto dal ccnl del 2005 che prevedeva che durante il rapporto di apprendistato il lavoratore fosse inquadrato, per il primo biennio, al secondo livello retributivo immediatamente inferiore rispetto a quello di approdo, per il secondo biennio, al livello retributivo immediatamente inferiore. Il rinnovo contrattuale ha previsto, invece, che dopo 18 mesi all’apprendista venga attribuito il trattamento economico tabellare corrispondente a quello del livello di inquadramento di approdo. L’estensione della disposizione contrattuale ha valore retroattivo, riguarda, quindi, non solo i nuovi assunti ma tutti i lavoratori e le lavoratrici assunte con il contratto di apprendistato professionalizzante in forza al momento del rinnovo contrattuale.
In caso di malattia o infortunio l’impresa riconosce agli apprendisti, in aggiunta alle erogazione a carico degli enti previdenziali, un’integrazione del trattamento economico per un periodo di 6 mesi in caso di comporto “secco” e per 8 mesi in caso di “sommatoria” (rispetto ai 3 e ai 4 previsti nel ccnl del 2005).
Per quanto riguarda la somministrazione di lavoro e  i contratti di inserimento, rispetto a quanto previsto nel ccnl del 2005, si amplia la percentuale del numero di lavoratori che l’impresa può utilizzare a tempo determinato: dal 5% passa all’8%. Nel rinnovo appena sottoscritto viene specificato che l’aumento della percentuale riguarda solamente le imprese che occupano fino a 1.500 dipendenti, assunti con tipologie occupazionali a tempo indeterminato.


L’aumento della percentuale del numero di lavoratori somministrati e degli assunti con contratti di inserimento si scontra con quanto, invece, sottoscritto nella premessa che apre il capitolo sull’occupazione e il mercato interno del lavoro che rafforza l’orientamento a privilegiare l’occupazione stabile e a curarne le condizioni di lavoro.  Se si considera che in media una banca nazionale occupa dai 7 mila ai 9 mila dipendenti la percentuale dell’8%, prevista nel rinnovo contrattuale appena sottoscritto, risulta di facile raggiungimento.
Per quanto riguarda i permessi per motivi personali o familiari: si prodotto un avanzamento rispetto a quanto previsto dall’art. 49 del ccnl del 2005 poiché viene estesa la possibilità di fruire dell’aspettativa non retribuita per l’assidi assistenza del figlio affetto da patologie di particolare gravità, idoneamente certificate, di età compresa fra i tre e i gli otto anni, non più fino a quattro anni come previsto dal precedente rinnovo contrattuale.
All’art. 29 aumenta l’importo dei premi riconosciuti ai lavoratori e alle lavoratrici che conseguono dopo l’assunzione la licenza di scuola media superiore, con esclusione dei titoli a carattere artistico e la laurea o la laurea magistrale.
In tema di orario di lavoro non sono state introdotte molte variazioni: è stata introdotta la possibilità per i lavoratori e le lavoratrici e a tempo parziale che svolgono lavoro supplementare di scegliere tra il compenso della prestazione e la fruizione di permessi da inserire nella banca ore.
Per quanto concerne le commissioni: nel 2008 si attiveranno i lavori di approfondimento del confronto su orari speciali, entro il 2010 si dovrà discutere del ridisegno della scala parametrale per il calcolo degli scatti di anzianità. Entro i primi 3 mesi del 2008 si attiverà la commissione nazionale di studio in tema di salute e sicurezza per la verifica dell’attuazione dell’Accordo nazionale sottoscritto dalle parti il 12 marzo 1997.
Dal 1° gennaio 2008 per i lavoratori del settore entra in funzione una copertura assicurativa per cure di lungo termine, erogata dalla Cassa nazionale di assistenza sanitaria del personale dipendente delle imprese del credito, alla quale contribuiscono le imprese.


Considerazioni conclusive


L’accordo appena sottoscritto si situa in una fase di profonda trasformazione degli assetti proprietari e organizzativi del sistema bancario. La riorganizzazione intervenuta ha imposto un freno alla tradizionale frammentazione del tessuto ma pone alcuni interrogativi relativi all’effettivo confronto che le parti riusciranno a costruire, se non altro per la diversa concentrazione di risorse che si è prodotta all’interno delle imprese. Interrogativi che sfidano la capacità delle organizzazioni sindacali di estendere la fruizione dei diritti e di migliorare le condizioni di lavoro in un settore destinato ad ulteriori cambiamenti, non solo sul piano degli assetti societari ma anche sul piano della diversificazione dell’offerta.
Basti pensare che nel 2006 (dati Abi) i conti correnti abilitati via telefono, internet e cellulare erano 11,5 milioni (il 37/ del totale), registrando un incremento del 25% rispetto al 2005. I cambiamenti in corso pongono alcuni interrogativi sul ridisegno degli inquadramenti professionali e sulle iniziative formative destinate ai lavoratori, per evitare sia l’impoverimento delle competenze possedute sia il mancato riconoscimento delle competenze a seguito dei processi di ristrutturazione intervenuti.
La questione del posticipo della vigenza contrattuale al 2010 si pone in una fase che forse meriterebbe una discussione di merito sugli effetti prodotti dal Protocollo del ’93 e sull’andamento della contrattazione nazionale. La fase attuale è caratterizzata dalla puntuale disattesa dei tempi di rinnovo, associata a ritardi molto elevati – elemento, questo, divenuto prassi comune a molti settori a partire da quello statale (ccnl scaduto nel 2005), quello manifatturiero (ccnl metalmeccanici è scaduto il 30 giugno 2007) e quello del terziario (il ccnl del commercio è scaduto nel 2006).
La modifica degli assetti contrattuali rischia di scardinare l’intero impianto senza alcuna certezza di un recupero in termini redistributivi della redditività. Non solo: il mero allungamento dei tempi di vigenza senza la previsione di vincoli più rigidi alle parti datoriali che non ottemperano alle scadenze nei tempi previsti non rappresenta alcun elemento di stabilità del sistema. Esso rischia solamente di ridurre i costi di transazione collegati alla biennalità del rinnovo.

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Il Diario del Lavoro

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Vicedirettrice: Nunzia Penelope
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