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Home - Approfondimenti - Analisi - Il ruolo dei fondi nella formazione continua

Il ruolo dei fondi nella formazione continua

11 Marzo 2010
in Analisi

La formazione continua è un tema che sta molto a cuore a me come ad ogni altro manager e imprenditore che ami il proprio lavoro e la propria impresa e che ritengo debba essere sempre più posto all’attenzione dell’opinione pubblica e delle organizzazioni che animano il nostro Fondo.
Fondirigenti sin dalla propria costituzione, primo tra tutti i Fondi interprofessionali, che hanno ormai raggiunto il ragguardevole numero di 18, abbiamo cercato di dare alla nostra Fondazione, unica anche nella formula giuridica, una caratteristica di diversità per il target cui si riferisce, per la responsabilità, l’impegno e l’esempio che questo target ha nei confronti degli altri e del Paese in generale.
Una responsabilità e un impegno che imprese e manager ora più che mai devono garantire anche negli aspetti più operativi e concreti. Fondirigenti deve offrire strumenti semplici, rapidi ed efficaci per rispondere al continuo cambiamento imposto dai mercati e dai relativi contesti esterni (finanziari, politici e sociali) che li condizionano in maniera determinante..
E per questo Fondirigenti ha formalizzato strumenti per agire a favore di persone, imprese e territori diversi: dirigenti anche temporaneamente disoccupati, manager atipici, quadri, giovani talenti, imprenditori, ridistribuendo risorse.
Abbiamo promosso una “agenzia integrata per lo sviluppo sostenibile e la competitività” in grado con le sue numerose attività di affrontare la crisi e riavviare la crescita, senza dimenticare la solidarietà tra territori, tra dimensioni di imprese, tra persone e neppure l’esigenza di valorizzare la cultura del merito e della responsabilità verso cui l’intero Paese deve indirizzare le sue forze migliori. Un’agenzia davvero integrata che:
• opera in primo luogo per la promozione di una domanda di formazione continua di qualità da parte delle piccole e medie imprese, con risultati che pur non essendo ancora ottimali, stanno confermando una forte crescita di partecipazione. Se si guardano i dati relativi alla partecipazione delle aziende aderenti al nostro Fondo e alla loro partecipazione al conto formazione è possibile rendersi conto della nostra capacità di rispondere alla domanda, come del crescente interesse di tutte le imprese e dei loro manager, ai quali dobbiamo essere in grado di continuare a dare risposte sempre più adeguate e conformi a questo crescente interesse. Arrivando infine a monitorare i risultati per poterci sempre più migliorare.
Ritornando alla nostra Agenzia integrata, oltre alla formazione, suo vero e proprio “core business”, essa
• promuove l’occupababilità dei dirigenti disoccupati, attraverso una propria Agenzia del lavoro, che allargherà i suoi orizzonti anche al bilancio di competenze ed al placement, questo grazie alla lungimiranza di Confindustria e Federmanager con le novità introdotte dal recente rinnovo del contratto nazionale;
• sviluppa molteplici iniziative sperimentali proposte dal territorio, non solo per i dirigenti meno fortunati in questa difficile crisi, ma anche per promuovere nuove strade più semplici e rapide di accesso alle PMI;
• sviluppa, infine, la cultura d’impresa e manageriale, per accompagnare i processi di trasformazione verso il futuro, ancora poca “percepita” e diffusa nel nostro Paese, sia attraverso specifiche iniziative e progetti, sia attraverso l’Associazione Management Club che i soci e la Luiss hanno voluto costituire per la realizzazione del Rapporto sulla classe dirigente e tutte le altre iniziative a esso collegate.

Tra le tante iniziative, abbiamo anche promosso insieme a Fondimpresa una specifica attività sullo sviluppo delle competenze manageriali nelle imprese di minori dimensioni, dove le differenze tra quadri e dirigenti diventano sempre più impalpabili, dalla quale sono emerse continue conferme dell’importanza strategica della piccola e media impresa italiana nel panorama nazionale e internazionale, della necessità di strumenti conoscitivi che aiutino a comprenderne i caratteri strutturali e contingenti, i bisogni e le potenzialità.
Sappiamo che i piccoli imprenditori tradizionalmente si avvicinano con cautela ai programmi formativi tradizionali, aspettandosi soluzioni personalizzate alle loro esigenze e convenienti in termini di costi, avendo spesso di fronte un’offerta formativa non sempre adeguata alle loro necessità/bisogni.
Le nostre imprese di minori dimensioni hanno sempre fatto fronte a tutti i cambiamenti di mercato e competitivi nel modo migliore, cercando e riuscendo ad ottenere risultati molto interessanti, tanto che studiosi internazionali hanno identificato il modello delle piccole imprese italiane come una best practice del nostro paese, confermato anche oggi, nonostante la difficilissima crisi che stiamo vivendo.
Questa capacità è dovuta in larga parte alla complessiva buona qualità di tutti i nostri lavoratori che non deriva dalla formazione classicamente intesa dagli specialisti dell’education, si tratta di quella formazione concretizzata sul luogo di lavoro con l’affiancamento, la pratica, l’esperienza, la condivisione della conoscenza che portano individui e organizzazioni e, a volte, anche interi territori a migliorarsi continuamente. Questa formazione che in molti casi è inscindibile dall’ innovazione organizzativa e tecnologica, è per la stragrande maggioranza delle nostre imprese naturale: ha sempre funzionato sin dai tempi in cui il nostro paese era noto in tutto il mondo per le sue botteghe e i suoi artigiani; ha costi ed impegno organizzativo totalmente a carico dell’impresa e dei suoi collaboratori più preparati; viene “formalmente” completata con il riconoscimento in azienda delle reali competenze acquisite.
Forse, la strada da seguire per cercare di migliorare l’offerta formativa, è proprio la codificazione del processo attraverso il quale si compie questo percorso in azienda: chi vi partecipa, con quali risorse e con quale organizzazione. E’ in questa direzione che si muove lo stesso recente accordo sulle “linee guida sulla formazione 2010” tra Governo, Regioni e parti sociali, nell’ottica di formare per competenze e non per discipline, quindi come ha ben evidenziato il ministro Sacconi “chiudiamo con il passato e facciamo formazione negli ambienti produttivi”
In questo senso, noi come Fondirigenti stiamo lavorando e cercando le soluzioni più adatte è fondamentale che i fondi sperimentino nuove modi di intervento più vicine ai diretti utilizzatori, partendo dal soddisfacimento delle attese dei propri rappresentati. Vogliamo essere punto di riferimento anche per gli altri fondi per quanto stiamo facendo per la gestione sostegno al reddito dei nostri disoccupati ed orientamento alla formazione di tutti occupati e no.
I fondi devono contribuire a sviluppare nuovi modelli – noi stiamo tentando di farlo – che vanno poi applicati adattandoli alle varie realtà delle imprese e dei manager, dando loro il necessario supporto per sperimentare e interiorizzare modelli di definizione del proprio percorso formativo, applicando o fornendo i risultati della loro attività di ricerca, erogando i servizi necessari alla sviluppo delle persone e dei loro territori, in maniera sempre più integrata ed in stretta sinergia con le organizzazioni dei soci

L’impresa e/o il territorio saranno così portati ad interrogarsi con regolarità sui propri fabbisogni di competenze e sulle modalità, interne o esterne, per soddisfarli anche mediante finanziamenti, elaborando una sorta di “bilancio formativo aziendale o territoriale”.

Si tratterebbe di un notevole passo in avanti coerente con l’introduzione del “bilancio delle competenze individuali” da offrire a tutti i dirigenti, occupati e no come previsto da contratto nazionale.
Questa impostazione permetterebbe ai fondi interprofessionali di fare un nuovo salto di qualità, mettendo ancora di più in risalto le sinergie esistenti tra gli interventi per lo sviluppo e quelli per i momenti di crisi poiché non siamo più in una fase depressiva, ma al centro di un cambiamento epocale.
Dobbiamo essere in grado di fornire interventi per ampi e nuovi segmenti di popolazione che attraverso percorsi formativi possono acquisire quelle competenze in grado di migliorare la loro occupabilità e rappresentare una risorsa per le imprese e per il territorio.
Accanto a questo fondamentale mezzo in grado di dare voce e consistenza alla domanda di apprendimento di imprese e persone, vedo, come spiegato poc’anzi, lo sviluppo ulteriore di progetti proposti direttamente dalle parti sociali territoriali che siano in grado di promuovere e sperimentare nuovi modelli soprattutto per le imprese di minori dimensioni.
Voglio fare, a questo punto, un ulteriore passo avanti: nel nostro paese esiste un enorme potenziale di intelligenza, creatività, capacità di innovazione, ma anche di managerialità e imprenditorialità che non riesce ad esprimersi, che rimane sopito se non bloccato e che quindi, spesso e purtroppo, è destinato alla “fuga”. Ciò provoca ricadute negative sullo sviluppo del nostro territorio anche e soprattutto nel medio periodo. L’Italia è piena di giovani talenti, ma resta immobile e vecchia, ricca ma consegnata alla vita precaria, bellissima eppure sfregiata, accogliente però insicura; l’Italia è piena di mediocri, organizzati per cordate, sorretti dalle corporazioni, del club dell’accesso esclusivo o garantiti dal nome di famiglia.
Le ragioni di questa situazione sono molteplici e risiedono, almeno in parte, nella natura e nelle caratteristiche della nostra classe dirigente che non ha favorito l’emergere di una cultura del merito e della responsabilità e che con il suo agire è stata anche causa della attuale situazione di crisi.
Il nostro obiettivo non vuole essere una fredda analisi della situazione, vogliamo trovare soluzioni e proposte che vadano al di là della stigmatizzazione dello stato attuale e che promuovano un nuovo modello di classe dirigente più inclusiva, aperta al merito, ai giovani e che, con il loro contributo professionale e capacità di leadership, determinino risultati concreti investendo sia sul futuro proprio sia su quello di tutta la comunità aziendale. E lo sviluppo e il rafforzamento dei fondi devono essere visti anche in questa chiave di lettura.
Imprenditori e manager devono riscoprire la dimensione etica e valoriale dell’agire, della responsabilità verso la collettività e del solidarismo, ritrovando legittimazione sociale e tornando, così, ad essere valore aggiunto per lo sviluppo, in modo particolare in questa fase delicata della nostra storia.
In questa fase, ci proponiamo di far sì che le cose accadano, di facilitare e rendere operativi i processi in tempi certi e brevi, agendo come polo di attrazione, attraversato dai contributi di talenti e intelligenze di diversa estrazione, motivati a migliorare e potenziare rendimenti e qualità della macchina produttiva.
Occorre far uscire dal generico il tema della qualificazione della classe dirigente, sottolineando l’esigenza di passare ad un’assunzione esplicita di responsabilità da parte di quest’ultima, rispetto alla pura e semplice critica delle inadeguatezze esistenti, e posizionando il tema della formazione, selezione e mobilità della classe dirigente all’interno dell’agenda pubblica del Paese, non solo sulla base di analisi e di ricerche, ma attraverso il diretto coinvolgimento di imprese e dirigenti.
Renato Cuselli
Presidente FONDIRIGENTI

 

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