Il sistema produttivo italiano guarda con preoccupazione al 2024. Sono pessimiste, infatti, le attese delle imprese manifatturiere e di quelle dei servizi. A destare allarme è l’indebolimento della domanda interna ma anche i rincari energetici. È quanto emerge dal Rapporto sulla competitività dei settori produttivi diffuso dall’Istat.
Nella manifattura le attese delle imprese per il 2024 “disegnano un quadro per lo più pessimistico”. A febbraio prevalgono ancora aspettative di peggioramento del ciclo economico, della produzione, della liquidità aziendale, con valori ancora lontani dal lasciare immaginare un recupero dopo il forte deterioramento degli ultimi due anni. Il saldo tra previsioni ottimistiche e pessimistiche sui volumi esportati è sostanzialmente nullo: un risultato che non si riscontrava dalla prima fase pandemica, i trimestri centrali del 2020, e, prima ancora, dal trade collapse del 2009.
Un`indagine qualitativa ad hoc sulle tendenze recenti nel comparto manifatturiero mostra che nel corso del 2023, in un contesto nel quale la maggioranza delle imprese segnala difficoltà di prevedere l`andamento degli affari, le preoccupazioni si sono diffusamente spostate dai fattori di offerta a quelli di domanda, soprattutto interna, la cui debolezza rappresenta la principale preoccupazione anche per il primo semestre 2024 – per almeno il 50% delle imprese di Tessile, Chimica, Gomma/plastica, Prodotti da minerali non metalliferi, Carta -, seguita dalle conseguenze dei rincari energetici (almeno il 55% per le unità di Coke e raffinazione, Altri mezzi di trasporto) e dall`aumento dei prezzi dei beni intermedi (almeno il 40% in Alimentari, Carta, Farmaceutica, Apparecchi elettrici).
Anche nei servizi prevalgono attese di peggioramento del ciclo economico: per il primo semestre 2024 preoccupano in particolare l`indebolimento della domanda interna – per il 60% delle imprese dei servizi Ict -, il reperimento della forza lavoro (circa il 50% nei Servizi turistici) e i rincari energetici (43% per Logistica e Servizi turistici).
Sulla redditività, nel 2023 la performance delle imprese dei servizi è risultata migliore rispetto a quella della manifattura. Nel 2023 nel terziario l`indice del fatturato (+3,9%) è aumentato in tutti i settori, con dinamiche diverse: in rallentamento nei servizi legati al turismo (+14,2% per Alloggio e ristorazione, +3,3% per Agenzie viaggio, stabile nelle attività professionali (+6,0%), più debole per Commercio all`ingrosso (+3,3%, nonostante il +22,4% del commercio di autoveicoli) e Trasporto e magazzinaggio (+1%).
La migliore fase ciclica attraversata dai Servizi rispetto alla manifattura si manifesta anche attraverso l`andamento del clima di fiducia delle imprese, che nel corso del 2023 si è mantenuto, nonostante diverse oscillazioni, su livelli medi lievemente superiori a quelli del 2022, cui ha fatto seguito un ulteriore incremento a inizio 2024. Segnali di peggioramento delle condizioni di acceso al credito sono presenti, ma meno diffusi che nella Manifattura; nel 2023 il deterioramento è più marcato per le attività di Ricerca e sviluppo, Vigilanza e investigazione, Attività sportive, di intrattenimento e di divertimento, Trasporto terrestre e mediante condotte.
Nella manifattura, nel 2023, il fatturato è diminuito dell`1% in valore e del 2,5% in volume, con un`evidente eterogeneità settoriale: forti incrementi in valore per i settori di Mobili e Altri mezzi di trasporto (rispettivamente +19,1 e +16,8%) con variazioni più ampie sul mercato interno rispetto a quello estero, brusche flessioni per Prodotti in metallo (-17,4%), Chimica (-16,5%), Farmaceutica (-14,7%) e Carta (-14,8%). Per Autoveicoli e Gomma e plastica la performance sui mercati internazionali è stata migliore di quella interna (rispettivamente +8,0 contro -0,6% e +8,1 contro +5,7%).
Il clima di fiducia delle imprese manifatturiere in corso d`anno è tornato a diminuire, attestandosi su valori inferiori alla media di lungo periodo; nell`ultimo trimestre del 2023, rispetto a un anno prima, la capacità produttiva è giudicata “più che sufficiente” per fare fronte alla domanda e il grado di utilizzo degli impianti è invariato; si deteriora il giudizio delle imprese sulle condizioni di accesso al credito.
L’Istat ha poi condotto un esercizio di simulazione secondo cui un eventuale inasprimento della politica monetaria metterebbe a rischio un’impresa su quattro: a parità di altre condizioni, a seguito del rialzo dei tassi d`interesse, nel 2022-2023, il 24,7% delle imprese “In salute” o “Fragili” potrebbe divenire “A rischio” o “Fortemente a rischio”, soprattutto nel terziario. La maggior parte di queste (il 19,7%) nel 2022 presentava una struttura patrimoniale non sostenibile.
Nel periodo 2011-2022 le condizioni del sistema produttivo si irrobustiscono: la quota delle “In salute” aumenta ogni anno (anche nel 2020) fino a superare, nel 2022, il 37%. Il loro peso in termini di occupazione e valore aggiunto raddoppia in quasi tutti i settori. Le classi “A rischio” e “Fortemente a rischio”, invece, passano dal 34,1% del 2011 al 20,4% del 2022; le seconde, che mostrano una probabilità di fallimento nei successivi dodici mesi nettamente più elevata rispetto alle unità delle altre classi, passano dal 19,9% del 2011 all`10,4% del 2022 anche per effetto del processo di selezione operato dalla crisi del 2011-12.
La pandemia non ha interrotto tale processo: nel 2019-22 i casi di entrata nella classe “Fortemente a rischio” hanno continuato a diminuire; quelli in uscita, dopo il picco favorito dagli aiuti nel 2020, sono tornati ai livelli pre-crisi.
e.m.