Si conferma il lento ma progressivo miglioramento del clima economico della parte più sviluppata del Paese. Il tessuto delle PMI del Centro-Nord torna a popolarsi: le nascite toccano nuovi record, ma le nuove nate restano piccole. Nel loro complesso, le PMI migliorano i conti economici, aumentano i margini e riducono il peso dell’indebitamento: la maggiore solidità finanziaria rende possibile e sostenibile la ripresa degli investimenti. Questo potenziale vale fino a 94 miliardi di euro e in particolare, per le PMI ad alta automazione, c’è un potenziale nell’ambito della “rivoluzione” Industria 4.0 di quasi 30 miliardi.
Così la terza edizione del Rapporto PMI del Centro-Nord, curato da Confindustria e Cerved, riassume lo stato di salute delle PMI di capitali (tra 10 e 250 addetti), rappresentativo delle principali caratteristiche del tessuto imprenditoriale della parte più industrializzata del Paese.
Un campione molto ampio, composto da 118mila società di capitali (l’81,5% delle 145mila presenti in Italia), di cui 49mila localizzate nel Nord-Ovest (36mila nella sola Lombardia), 36mila nel Nord-Est e circa 29mila al Centro, e con un peso economico molto significativo: generano circa 740 miliardi di euro di fatturato, 174 miliardi di euro di valore aggiunto, ed occupano 3,2 milioni di addetti. Da sole queste imprese valgono il 13,5% del Pil dell’area.
Questo tessuto imprenditoriale, indebolitosi negli anni della crisi, ha iniziato a ripopolarsi ma con marcate differenze territoriali, con un aumento del 4% nel 2016 nel Nord-Ovest, del 3,4% nel Nord-Est, e del 2,8% nel Centro. Questi miglioramenti hanno consentito al Nord-Ovest di tornare al di sopra dei valori pre-crisi (51 mila PMI nel 2016 rispetto alle 50 mila del 2007), mentre mancano ancora oltre mille PMI nel Nord-Est e 2.322 nel Centro.
La natalità si mantiene molto elevata, con 62 mila nuove imprese, in larghissima parte di piccole dimensioni, anche grazie alla diffusione crescente di Srl semplificate (soprattutto al Centro). Il numero di PMI uscite dal mercato torna, su livelli fisiologici, con un calo netto di fallimenti (-20% tra 2015 e 2016) e di chiusure volontarie in tutte le aree analizzate. Miglioramenti si registrano non solo dal punto di vista demografico, ma anche sotto il profilo economico: per il quarto anno consecutivo, infatti, le PMI del Centro-Nord vedono aumentare il loro fatturato, anche se con significative differenze territoriali. Sebbene ridimensionato nei numeri, il tessuto industriale del Centro-Nord si conferma, dunque, estremamente dinamico e competitivo: incontra, semmai, difficoltà ad espandersi, per recuperare le dimensioni numeriche perdute con la crisi e favorire la crescita dimensionale di imprese che troppo spesso nascono piccole e rimangono tali.
Dopo la flessione registrata tra il 2011 e il 2014, nel biennio 2015-2016 tornano a crescere anche gli investimenti delle PMI, che toccano il 7,8% delle immobilizzazioni nel Nord e l’8,3% nel Centro. Ancora meglio fanno le imprese industriali, i cui investimenti toccano l’8,7% nel Centro, con un picco del 12,4% in Umbria. La ripresa degli investimenti, in particolare delle PMI industriali, indica un sostanziale miglioramento delle prospettive dell’economia delle regioni del Centro-Nord, confermata dalle previsioni di Confindustria e Cerved, secondo le quali, nel 2018 e nel 2019, fatturato e valore aggiunto delle PMI di capitali dovrebbero continuare ad accelerare gradualmente.
Pur in un quadro nel complesso positivo, le differenze territoriali sono, tuttavia degne di rilievo, riflettendo strutture produttive e caratteristiche d’impresa ampiamente diversificate. In particolare, i margini sono attesi in miglioramento, più nel Nord-Est (6,7% nel 2018 e 7,4% nel 2019) e nel Nord-Ovest (4,9% nel 2018 e 5,6% nel 2019) che al Centro (+3,4% nel 2018 e +3,8% nel 2019), riflettendo la maggiore fragilità del tessuto imprenditoriale in tali territori e maggiori diseconomie esterne che ne condizionano i risultati. Ovunque però, il rischio di ingresso in sofferenza dovrebbe continuare il suo calo.
In presenza di buone performance nei fondamentali e di prospettive nel complesso positive per le imprese appartenenti al campione, la sfida decisiva si conferma dunque quella dell’ampliamento del numero delle imprese più strutturate e del consolidamento di quelle esistenti. Crescita dimensionale, irrobustimento patrimoniale, investimenti, innovazione, accesso ai finanziamenti costituiscono le parole chiave di questa sfida: gli strumenti finanziari pubblici e privati (ed in particolare le risorse della politica di coesione comunitaria) possono fornire il carburante per favorire tali processi; la promozione di una moderna cultura d’impresa l’ingrediente decisivo.
Annalisa Buccellato