Il XVI Rapporto sulla formazione continua è chiaro: “Un aumento della formazione potrebbe contrastare gli effetti recessivi causati dalla caduta della domanda aggregata che abitualmente caratterizzano le situazioni di crisi economica”.
Il rapporto è costituito da due parti fondamentali: la prima incentrata sulle politiche a supporto della formazione dei lavoratori e delle imprese, specie alla luce dell’evoluzione normativa recente, in particolare vengono analizzate le filiere gestite dai diversi attori del sistema, a partire dai Fondi interprofessionali; la seconda invece maggiormente rivolta alla più ampia dimensione dell’apprendimento degli adulti nell’ottica del lifelong learning, sia sul fronte dell’offerta che della domanda di formazione.
Secondo il rapporto, ad ottobre 2015 il numero complessivo di adesioni ai Fondi interprofessionali raggiunge una platea di 9,6 milioni di dipendenti. L’incremento si registra soprattutto nelle Regioni meridionali ed evidenzia come il bisogno di formazione spinge la competizione tra le aziende verso pratiche di comunicazione e di marketing sempre più sofisticate.
Le metodologie formative più diffuse sono quelle classiche in aule e riguarda il 76,4% dei piani, in crescita la metodologia training on the job e l’autoapprendimento mediante formazione a distanza. Il 41,6 % delle imprese presenti sono quelle che superano i 500 dipendenti anche se le microimprese vedono comunque una partecipazione del 36,8%.
I dipendenti che partecipano ai progetti di formazione sono per lo più coloro che hanno un contratto a tempo indeterminato e che ricoprono ruoli apicali. Permane inoltre, secondo l’Isfol, una disomogenea distribuzione delle opportunità formative che penalizza l’accesso di alcune categorie svantaggiate: low skilled e residenti nelle regioni meridionali.
L’Isfol sottolinea un dato importante alla fine della ricerca: esiste una relazione positiva tra formazione e crescita del Pil. Secondo l’Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori “la relazione tra la formazione e i tassi di crescita dell’economia mostra che i paesi europei, nei quali la forza lavoro occupata è stata magigormente coinvolta dalle imprese in attività di formazione, hanno subito una riduzione del Pil meno pronunciata rispetto a quelli nei quali le imprese sono state meno attive in tale direzione”.
Quindi, il XVI rapporto rapporto sulla formazione continua concludendo afferma che “questa relazione suggerisce che la bassa propensione delle imprese a formare i propri addetti possa essere considerata uno dei fattori che hanno contribuito al rallentamento dell’economia italiana negli ultimi anni”.


























