Mancano i servizi educativi per l’infanzia, soprattutto al Sud, nelle aree più povere e nei piccoli centri: a puntare il riflettore è il Rapporto sui servizi educativi per l`infanzia in Italia, presentato oggi dall’Istat.
Le analisi dei dati, infatti, “mettono in luce una carenza strutturale nella disponibilità di servizi educativi per la prima infanzia rispetto al potenziale bacino di utenza (bambini di età inferiore a 3 anni) e una distribuzione profondamente disomogenea sul territorio nazionale”.
I posti disponibili nei nidi e nei servizi integrativi pubblici e privati corrispondono mediamente al 12,3% del bacino potenziale di utenza al Sud e al 13,5% di quello delle Isole, contro una media nazionale del 24,7% (anno scolastico 2017/2018). Una dotazione quindi “ben al di sotto dell`obiettivo del 33% fissato per il 2010 dal Consiglio europeo di Barcellona del 2002 per sostenere la conciliazione della vita familiare e lavorativa e promuovere la maggiore partecipazione delle donne nel mercato del lavoro”. Il Nord-est e il Centro Italia – rileva il Rapporto – hanno tassi di copertura decisamente più alti, 32,5% e 32,4% rispettivamente, segue il Nord-ovest con il 29,2%.
In generale, le strutture per la prima infanzia risultano concentrate nei territori più sviluppati dal punto di vista economico e nei Comuni più grandi, mentre le aree più povere e i piccoli centri soffrono spesso di una carenza di servizi. Ad esempio, l`insieme dei comuni capoluogo di provincia ha una dotazione media di 32,8 posti per 100 bambini di 0-2 anni, valore nettamente superiore rispetto a quello dell`insieme dei comuni non capoluogo (21,4%).
In tutte le regioni del Centro-nord e in Sardegna la copertura dei capoluoghi di provincia supera l`obiettivo target del 33% e in molti casi supera il 40%, con punte fino al 59% di Aosta e al 67,5% di Bolzano. I capoluoghi del Mezzogiorno si differenziano meno dal resto dell`area ma “hanno livelli di copertura decisamente inferiori”.
Inoltre, rileva il rapporto Istat, l`analisi georeferenziata dell`offerta evidenzia aree di maggiore concentrazione dei servizi e di omogeneità tra territori confinanti. Ad esempio in Emilia Romagna i livelli di copertura sono elevati e omogenei e la percentuale di comuni non serviti è molto bassa; in Calabria, al contrario, i servizi risultano rarefarsi rispetto alle estensioni territoriali e ai bambini che vi risiedono, mentre in Sardegna convivono aree molto coperte dal punto di vista dei servizi all`infanzia e aree in cui l`offerta è sottodimensionata rispetto alla domanda potenziale.
Le aree territoriali più in sofferenza si concentrano, oltre che nel Mezzogiorno, lungo l`arco alpino e in parte sulla dorsale appenninica in corrispondenza di territori montani. Non rientrano in questo gruppo i comuni delle Province autonome di Trento e Bolzano e della Valle d`Aosta, e “ciò lascia supporre che anche in territori con particolari conformazioni territoriali l`offerta dei servizi educativi possa essere sostenuta dal governo locale dei servizi”.
L`introduzione dei “bonus nido” – spiega l’Istat – ha dato un impulso positivo allo sviluppo del sistema, contribuendo probabilmente all`aumento della domanda e dei tassi di utilizzo dei servizi per l’infanzia registrato negli anni più recenti. E “un impulso ulteriore da questo punto di vista è atteso, anche se non ancora osservabile, dai successivi potenziamenti di tale misura che elevano l`importo erogabile sulla base della situazione economica delle famiglie”.
“Ma – osserva l’Istituto – se da un lato il bonus ha contribuito a sostenere la domanda e a orientare le famiglie verso il nido piuttosto che verso altre forme di supporto meno strutturate e proficue per il bambino, dall`altro trova dei limiti alla sua potenziale funzione perequativa delle distanze socio-economiche a causa della carenza di strutture in diverse parti del territorio”.
Da qui “l`importanza di accompagnare le azioni di incentivo alla domanda con adeguamenti sul lato dell`offerta. Tuttavia, la possibilità di usufruire di questi contributi è implicitamente condizionata alla disponibilità di servizi”.
Ché “le famiglie che risiedono in comuni che ne sono sprovvisti e distanti dai comuni in cui questi sono presenti sono di fatto escluse dalla possibilità di fruire dei contributi statali, e “si riscontra infatti un`elevata correlazione a livello comunale fra i bambini beneficiari del bonus asilo nido e i posti disponibili nei servizi educativi per la prima infanzia”.
E.G.

























