Sembra una pausa, ma non lo è. La Bce ha deciso di alzare il suo principale tasso di riferimento al 3,25 per cento, un aumento di un quarto di punto. La metà di quanto fatto nei mesi scorsi, quando, a colpi di rincari di mezzo punto alla volta, i tassi di interesse europei avevano subito una stretta, inedita nella sua velocità (meno di un anno fa, i tassi erano sotto zero). Ma i falchi non hanno fatto questa concessione gratis. In cambio, infatti, le colombe hanno accettato che Christine Lagarde lasciasse intravedere un altro paio di aumenti dei tassi entro l’estate. Inoltre, il ritmo dei disinvestimenti nei titoli pubblici potrà aumentare. Infine, le banche potranno essere chiamate a restituire l’ultima tranche dei prestiti a tassi stracciati che la stessa Bce aveva loro concesso negli ultimi due anni. Di fatto, sommando le minacce di minori acquisti di titoli e di minore liquidità delle banche si arriva ad una stretta al credito non molto diversa da quella causata da un rincaro dei tassi di interesse di mezzo punto, anziché di un quarto.
Tutto dipende, ha fatto capire la Lagarde, da quello che diranno i dati presenti d’ inflazione. In altre parole, la Bce continua ad essere prigioniera degli equivoci e delle contraddizioni che hanno contrassegnato questo ultimo anno. Il primo – e più vistoso – equivoco è che i dati presenti di inflazione non sono presenti, ma passati. È l’inflazione del mese scorso, poco ci dice dell’inflazione futura e ancor meno degli effetti della stretta della stessa Bce. Il secondo equivoco è che la lettura dei dati dell’inflazione non è una scienza esatta, ma assomiglia piuttosto al lavoro degli indovini dell’antichità che ponderavano sulle interiora degli uccelli. L’inflazione europea è salita il mese scorso (dal 6,9 al 7 per cento), ma il dato incorpora prezzi volatili come l’energia e gli alimentari. Ecco perché si preferisce guardare a quella “di fondo”, che elimina quelle due voci troppo mobili. Ma l’inflazione di fondo è scesa (dal 5,7 al 5,6 per cento). In un caso e nell’altro, i movimenti sono comunque di un decimo di punto, un po’ poco per discernere una tendenza consolidata. Infine, resta l’equivoco principale: questa stretta brutale attuata dalla Bce dovrebbe domare un eccesso di domanda che, però, non c’è. Al contrario degli Stati Uniti, l’inflazione europea non deriva dalla domanda, ma dai costi (in particolare dell’energia), su cui i tassi della Bce non hanno modo di incidere. L’ondata salariale, più volte evocata, continua a non manifestarsi, se non in un recupero parziale degli aumenti del costo della vita determinati dall’inflazione: in Italia, in particolare, neanche di recupero parziale si può parlare. Proprio quella erosione del reddito determinata dalla corsa dei prezzi svuota la premessa di un eccesso di domanda.
Insomma, la politica monetaria accomodante dei tempi di Draghi e, poi, della pandemia andava archiviata, ma non con i tempi mozzafiato e i modi brutali con cui la Bce lo ha di fatto realizzato. Il riscontro lo abbiamo di dati della più recente indagine sul credito compiuta dalla stessa Bce. Il responso è che, nel primo trimestre del 2023, stiamo assistendo alla più severa stretta al credito dai tempi della crisi finanziaria del 2011 (quella degli spread). Il risultato è il crollo della domanda di prestiti da parte delle imprese, spaventate dagli interessi troppo alti. E chi li chiede ha difficoltà ad averli. In Italia, il 15 per cento delle domande di finanziamento è stato respinto e quasi metà delle banche dichiarano di aver limitato il credito alle aziende.
A Francoforte giudicano questi dati un successo: la prova che la stretta monetaria, varata nell’ultimo anno, funziona. Il punto è che gli effetti generali sull’economia ancora non li abbiamo visti. Detto in altre parole, la Bce sta riuscendo a congelare attività e investimenti, ma gli effetti su un Pil già traballante li assaggeremo solo nei prossimi mesi, quando l’inflazione (secondo le previsioni più diffuse) sarà già scesa di suo al 3 per cento, per la discesa di gas e petrolio e, dunque, non serviranno più.
Murizio Ricci