“L’iniziativa non solo si pone in continuità con la battaglia per i referendum, dove tra i quesiti uno trattava proprio il tema degli appalti, ma anche a dar vita a un nuovo metodo di azione che vuole produrre un cambiamento nel nostro modo di agire perché stiamo parlando di una campagna che non solo interessa la confederazione ma tutte le categorie”. Così Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, ha presentato la campagna “I diritti non si appaltano” con l’obiettivo di contrastare sfruttamento, lavoro nero e appalti irregolari, bloccare l’abuso di appalti e subappalti, impedire il dumping contrattuale e la concorrenza sleale.
Il cordone ombelicale creatosi tra la Cgil e i 13 milioni di persone che erano andate a votare sì ai referendum dell’8 e 9 giugno trova così nuova linfa da questa campagna. Del resto lo stesso Landini, subito dopo la chiusura delle urne e appurato che il quorum non sarebbe stato raggiunto, aveva parlato di un patrimonio da non disperdere riferendosi a coloro che avevano sostenuto i quesiti con il voto.
Per raggiungere il 50% più uno dei votanti il segretario della Cgil aveva sempre indicato come soglia per ognuno dei cinque milioni di iscritti alla Cgil quella di portare ai saggi almeno cinque persone a testa. “Ci siamo fermati a tre” aveva detto Landini davanti al gruppo dirigente della confederazione, ma l’obiettivo di diffondere le proposte sul lavoro anche a chi non aveva votato o aveva votato no non viene abbandonato dal sindacato. “Con questa campagna – afferma Landini – non solo dobbiamo ripartire dai luoghi del referendum e da chi abbiamo avuto la capacità di coinvolgere ma soprattutto da chi non abbiamo avuto la forza di raggiungere”.
Il progetto interesserà i settori più colpiti dagli appalti, agricoltura, logistica, terziario, turismo, tessile, meccanica, edilizia e cantieristica navale, per questo, spiega Landini, “le singole vertenze non devono essere slegate tra loro ma devono diventare un’unica grande vertenza” che unisce tipologie di lavoro diverse accomunate dalla presenza degli appalti. I numeri parlano di 3 milioni di lavoratori a nero, di 5,7 milioni di persone che pur lavorando sono povere e di 4 milioni di lavoratori coinvolti negli appalti. Realtà frequentemente sovrapponibili
“Su questo – sostiene Landini – vogliamo sfidare e coinvolgere anche le organizzazioni datoriali perché quello che vogliamo proporre non è solamente un nuovo modo di fare impresa, dove non si insegua più la logica del massimo ribasso, ma un nuovo modello di società”. Tutto questo sarà sviluppato con un longform giornalistico, in sette lingue, che oltre a contenere i materiali della campagna di comunicazione prevede la pubblicazione di storie, testimonianze, denunce e buone pratiche sul mondo degli appalti.
Il numero uno di corso d’Italia ha sottolineato che “su questi argomenti in qualsiasi luogo o categoria ci sarà una voce, un messaggio, una proposta e un’azione che la Cgil fa attraverso le sue categorie”. La confederazione valuterà momenti e giornate di confronto nei luoghi di lavoro “per verificare come stanno le cose – ha proseguito Landini – partiremo da dove siamo presenti per costruire un’azione che coinvolga tutte le strutture e i lavoratori”.
“C’è un modello sindacale in campo che è quello della contrattazione inclusiva con la quale dobbiamo mettere assieme e organizzare non solo i lavoratori sfruttati, con bassi tassi di sindacalizzazione, ma collegarli anche a coloro che hanno maggiori tutele e al sindacato” ha detto Alessandro Genovesi, responsabile della Cgil per gli appalti. “Nel momento in cui riscontriamo una situazione di irregolarità legata all’appalto dobbiamo coinvolgere l’azienda madre committente anche per internalizzare le attività, ugualmente quando l’appalto è regolare dobbiamo vigiliare sulla giusta applicazione contrattuale e difendere quel principio, ottenuto grazie allo sciopero di Cgil e Uil del 2024 e a seguito di eventi drammatici come Brandizzo, Esselunga, la centrale Enel o Casteldaccia, per cui è l’attività che definisce il perimetro contrattuale da applicare e non lasciarlo alla discrezionalità delle imprese”. “La campagna – sostiene Genovesi – vuole dunque verificare l’applicazione di questo principio e portare la contrattazione d’anticipo degli appalti pubblici, che è molto avanzata, negli appalti privati. La nostra idea è quella di un modello per ricompattare le filiere e i diritti”.
“La Cgil si è costituta parte civile in 37 processi dove vengono calpestati i diritti, la salute e anche la vita stessa fino alla morte dei lavoratori con l’intento non di fare mare testimonianza ma di incidere per provare a cambiare questi processi e dare un livello di tutele compiuti a tutti” ha detto il responsabile per la legalità della confederazione, Alessio Festi. Gli appalti, come dimostrano inchieste e processi, sono terreno di conquista e affari per la criminalità organizzata e le mafie, e a pagarne le conseguenze sono proprio i lavoratori. Per fare alcuni esempi ci sono le infiltrazioni camorristiche nella sanità partenopea, le inchieste “Dirty Job” in Abruzzo, “Keu” in Toscana, “Taurus” in Veneto, “Aemilia” in Emilia Romagna e i tanti processi successivi nella stessa Regione per l’infiltrazione ‘ndranghetistica negli appalti in svariati settori economici.
Tommaso Nutarelli