È un rapporto mutevole, ambiguo, di amore e odio e, per certi aspetti, malsano quello tra i 5 Stelle e i canali di comunicazione e, per esteso, con l’informazione in sé. In ordine di tempo, l’ultimo episodio è il duro attacco ai giornalisti che i grillini, dopo l’assoluzione del sindaco di Roma Virginia Raggi, non hanno esitato a definire infimi sciacalli e puttane.
Un rapporto, quello con gli organi di informazione, che, nella storia politica pentastellata, ha conosciuto diverse fasi. All’inizio, subito dopo le elezioni politiche del 2013, vigeva l’assoluto divieto di comparire in televisione per gli accoliti di Beppe Grillo. Per i trasgressori la pena più severa poteva essere anche l’espulsione, oltre al rischio di incappare in possibili sanzioni.
La weltanschauung del grillismo delle origini contrapponeva, da una parte, la purezza e la trasparenza della rete nella trasmissione dell’informazione e, dall’altra, la distorsione operata dalla televisione. Basti pensare alle dirette streaming durante le consultazioni dei 5 Stelle prima con Bersani e poi con Renzi. La stessa diffidenza era riservata anche per la carta stampata. Questo, ovviamente, non ha comportato un’assoluta chiusura al mondo esterno. Il Blog e la piattaforma Rousseau restavano i canali principali di incontro e comunicazione, e lo stesso Grillo non disdegnava farsi intervistare dai giornali, possibilmente stranieri.
Quest’iniziale reticenza e poi venuta meno e, progressivamente, il pubblico del piccolo schermo ha imparato a conoscere i volti della falange grillina. Un cambio forse dovuto anche al fatto che una larga fetta dell’elettorato usa ancora i canali d’informazione tradizionali. Ad oggi il palcoscenico televisivo è contraddistinto da un’assoluta pervasività dei pentastellati, anche a ragion veduta, visto che il Movimento non è più forza d’opposizione. Una presenza che molto spesso rifiuta il contraddittorio, o ne accetta uno molto soft.
L’onnipresenza grillina non si ferma tuttavia alla televisione. La rete rimane il terreno di caccia privilegiato, nel quale il Blog e la piattaforma Rousseau continuano a rappresentare il cuore pulsante. Non possa neanche un minuto senza che l’etere non sia ingolfato da qualche post pentastellato. Come ha puntualmente sottolineato Jacopo Iacoboni nel suo libro L’esperimento. Inchiesta sul Movimento 5 Stelle, Gianroberto Casaleggio ha avuto l’intuizione di intravedere l’importanza che, in futuro, la rete avrebbe rivestito anche nella sfera politica. Per cui il possesso e il controllo dei dati ha risvolti interessanti, non solo per fini di marketing, ma anche per intercettare e plasmare i gusti politici delle persone. Sono proprio i dati il nuovo oro nero del ventunesimo secolo.
Del resto è perfettamente chiaro nella mente dei 5 Stelle, così come in quella dell’alleato leghista, che la propaganda e l’informazione sono le armi più forti. Strumenti che certamente altre realtà politiche hanno già usato e fatto propri, anche nel recente passato. In questo senso è emblematico tutto il ventennio berlusconiano, durante il quale il Presidente del Consiglio possedeva anche tre canali televisivi.
Ovviamente non tutti sono Berlusconi, e in pochissimi hanno la sua forza economica. Ma oggi, forse, non è poi più così necessario essere dei grandi imprenditori. In larga parte l’uso della rete non richiede denaro, semmai ne permette il guadagno, se ne si conoscono a fondo i meccanismi e, soprattutto, da accesso a un bacino illimitato di informazioni. Non solo, nel web è possibile destrutturare ogni discorso e spogliarlo delle norme che lo regolano, alterandolo così nel contenuto. Per cui basta un battito per scivolare dal vero al verosimile, fino alle famigerate fake news, con ripercussioni inevitabili anche sul dibattito pubblico.
Dunque non dovrebbe sorprenderci il fatto che il ministro per il Sud Barbara Lezzi abbia affermato che la divulgazione scientifica della Rai dovrebbe dare spazio e visibilità a 370° (così si è espressa il Ministro), a tutti i filoni. Avremo così i no-vax, chi sostiene che per curare i tumori non servano gli oncologi o chi afferma che siamo stati tutti vittime di un raggiro e l’uomo non sia mai arrivato sulla Luna.
Per il ministro Lezzi questa è una doverosa apertura, visto che ormai molte posizioni sono entrate nella vulgata popolare. Ma sta proprio in questo la distorsione, consapevole o meno, operata dai membri del Movimento nei confronti dell’informazione, della quale anche loro sono vittime. Nel caso specifico, non si distingue più la differenza, non sottile, che sussiste tra il dibattito scientifico e le chiacchiere da bar.
Dovrebbe essere pleonastico dire che la ricerca scientifica viene portata avanti solo da persone che, dopo un percorso di studi, hanno acquisito specifiche competenze e conoscenze, che sanno muoversi all’interno di uno spazio comunicativo che, come quello della scienza, richiede il rispetto di determinate norme, che fa uso di un linguaggio specialistico e tecnico ben codificato, e che impone ai suoi partecipanti precisione, attendibilità e verificabilità nel presentare alla comunità di riferimento i risultati ottenuti. Tutto questo dovrebbero essere assodato ma, date le circostanze, pare proprio che non lo sia.
Certo la scienza è fallibile, ed è proprio il principio di falsificabilità il vero discrimine per Karl Popper tra le teorie scientifiche e ciò che tale non può definirsi. Gli errori della scienza e degli scienziati devono essere corretti dalla scienza e dagli scienziati, e non nei talk show, su Facebook o Twitter. E non si dovrebbe neanche confondere e sovrapporre, come ha fatto il ministro Lezzi, la divulgazione scientifica con la ricerca vera e propria, che avviene nelle università, nei centri di sperimentazione e nei convegni, poiché c’è una superiorità, non solo cronologica, ma soprattutto epistemologica, della seconda sulla prima.
C’è dunque una voluta mancanza di attendibilità e di verifica nella comunicazione grillina, sia che si parli del fatto di cronaca, sia che la discussione ricada sui vaccini. A questi due elementi va aggiunta l’ambizione del controllo, per cui tutta l’informazione non allineata, o che, molto più semplicemente, cerca di comprendere e far comprendere la complessità di un fatto, viene duramente attaccata e accusata di essere al soldo di qualcuno, che trama nell’ombra per far naufragare il progetto politico pentastellato.
Hannah Arendt affermava che “il suddito ideale del regime totalitario non è il nazista convinto o il comunista convinto, ma l’individuo per il quale la distinzione fra realtà e finzione, fra vero e falso non esiste più”, e noi lo stiamo diventando.
@tomnutarelli