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Home - Approfondimenti - Analisi - La crisi dell’Ilva

La crisi dell’Ilva

di Luigi Agostini
8 Gennaio 2020
in Analisi

La crisi dell’Ilva sta arrivando al suo culmine: tra ignavia dissipazione disperazione. Il Siderurgico di Taranto rispondeva a tre esigenze: a) acciaio per l’industrializzazione del Paese b) risposta alla questione meridionale c)programmazione pubblica del modello di sviluppo, impossibile senza un controllo pubblico della industria di base.

 Tali ragioni sono oggi ancora più valide di ieri.

Al destino di Taranto sono stati sacrificati Bagnoli e Cornigliano. Ma il vero  delitto politico/industriale è stato la consegna ai privati della siderurgia pubblica, per di piu a prezzi stracciati.

 Privatizzazione dell’acciaio che come tutte le altre privatizzazioni, si sono risolte in un colossale fallimento dell’industria italiana: l’Italia non ha più grandi imprese.

 Oggi di fronte a tale disastro: corresponsabili la miopia e l’ingordigia dei privati e l’ignavia della sinistra storica, sindacale e  politica, va invertita la rotta: tornare al grande disegno originario, illuminato a sua volta, dal grande progresso tecnologico nel frattempo affermatosi nelle produzioni siderurgiche.

 Acciaio ed ambiente non sono in antitesi. Liberarsi dei Privati. Ricostruire la grande scuola di manager pubblici che fu vanto dell’Iri (il delitto di Prodi).

 Ridare al Siderurgico il suo ruolo e destino.

 La garanzia di questo ruolo sta in un riconquistata natura pubblica dell’Ilva.

Il governo attuale  è di fronte al bivio deve prendere atto che non esistono altre vie per chiudere la partita a mosca cieca iniziata con la Privatizzazione.

 L’Ilva può segnare il nuovo inizio dello Stato Innovatore.

Ilva: non basta dire Pubblico. L’acciaio non è un panettone. La presenza pubblica non può essere concepita è realizzata come una presenza di garanzia, tutto sommato indiretta, attraverso la solita Cassa Depositi e Prestiti.

Proprio perché l’acciaio è una produzione strategica per tante ragioni, la Presenza Pubblica deve stare alla altezza di tale compito: Presenza quindi di Direzione, di Conduzione.

 Dopo il fallimento dei Privati, dopo la conclusione della fase puramente speculativa del capitalismo privato.

 Questo significa manager pubblici; non commissari/avvocati, riaprendo la scuola della grande Managerialità dell’Iri, la cui chiusura è stata un vero e proprio delitto industriale.

 Questo significa resuscitare una Banca di Investimenti pubblica, proprio per finanziare con capitali pazienti, gli investimenti necessari ai progetti di sviluppo e di riconversione ambientale e di rilancio del Sud.

 La manifestazione nazionale dei lavoratori dell’Ilva di oggi pone tale necessità Strategica Nazionale , dimensione che il capitalismo privato non è in grado di raggiungere.

 Il Governo nazionale è chiamato a dare una risposta alla altezza del problema che la manifestazione dei lavoratori pone e rivendica.

 Come avviene sempre nei momenti difficili, la lungimiranza strategica del mondo del lavoro si rivela come la forza più affidabile a cui affidare le scelte strategiche del Paese. Con Fiducia.

UniCredit accumula profitti e licenzia. Ilva accumula perdite e licenzia.

 L’apparenza indica una contraddizione, la realtà invece indica un’ unica questione: la questione del modello di sviluppo.

 Una difesa rigida dei livelli di occupazione, senza affrontare il tema del modello di sviluppo è una lotta senza sbocchi. Accumula solo sconfitte.

 La tematizzazione del modello di sviluppo richiede una ricostruzione del profilo sociale del Partito politico, sia una ricostruzione del profilo politico del Sindacato.

 Profili entrambi oggi largamente Assenti. Lavoro gigantesco, ma qui siamo.

Serve una frustata al cavallo.

 Le cose cambiano ma anche ritornano, pur in nuove forme.

 La scala mobile ritorna con le sembianze del reddito di cittadinanza.

 Il Siderurgico di Taranto nato come frutto di due necessità, (una politica di programmazione dello sviluppo e l’uscita dal sottosviluppo delle regioni meridionali,)

 con Il fallimento delle privatizzazioni dell’industria pubblica – tra cui quella dell’acciaio e la cancellazione di ogni politica di programmazione , – due facce della stessa medaglia, la medaglia del cosiddetto libero mercato – ripropone le stesse questioni, anche se in contesti e forme diversi.

 Le privatizzazioni degli anni novanta, per le stesse modalità di attuazione, sono alla radice del vorticoso processo di diseguaglianza del Paese.

L’esito lo raccontano la vicenda del ponte Morandi ed i dati forniti in questi giorni dalla Svimez: la nuova grande migrazione dal Sud e l’impoverimento del Paese.

Le privatizzazioni in secondo luogo hanno lasciato un Paese ormai quasi senza grandi imprese, mentre in Europa si progettano sotto l’urto della competizione cinese(emblematica la recente aquisizione di Kuka, una delle aziende tedesche di avanguardia), i nuovi “campioni europei”e mondiali.

 La  vicenda dell’Ilva parla di questo ,del fallimento delle privatizzazioni, dell’abbandono da parte della Sinistra di ogni idea di programmazione dello sviluppo, della sua resa alla colonizzazione da parte del Mercato.

 Da qui bisogna ripartire.

Controllo pubblico dell’Ilva, per ritessere da qui il discorso dello Stato innovatore e di un nuovo modello di sviluppo.

 Un nuovo modello di sviluppo – se non lo si vuole ridurre ai fervorini della domenica – rimanda imperiosamente a decisioni strategiche.

Quella che riguarda l’Ilva è una di queste.

La pubblicizzazione dell’Ilva, la riapertura di una grande scuola di Formazione di managers pubblici, una nuova Banca Pubblica per capitali “pazienti”, fanno parte di una stessa concatenazione strategica.

Per lo Stato significa  ricostruire la sua funzione di stratega dello sviluppo.

 Per la Sinistra si tratta di tornare dove ha smarrito la Via.

Luigi Agostini

Luigi Agostini

Luigi Agostini

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