“La crisi in Italia”, questo il titolo del dibattito che si è tenuto oggi a Milano nel corso di “Fondata sul lavoro”, la manifestazione promossa da Il diario del lavoro con la partecipazione del Comune di Milano sulle tematiche legate al lavoro. Impresa e organizzazioni sindacali, rappresentate rispettivamente dal direttore generale di Confcommercio Rivolta, e dai segretari nazionali di Cgil, Cisl e Uil, Solari, Santini e Pirani, si sono confrontate sul tema generale della crisi, entrando nel merito delle questioni attuali che vedono governo e parti sociali impegnate in un continuo lavoro per cercare di risollevare le sorti del Paese, dalla riforma del lavoro, alla situazione della Pubblica amministrazione, alla spending review.
“Siamo in allarme rosso”, per quanto riguarda i consumi e la fiducia nel paese, ha detto il direttore generale di Confcommercio, Francesco Rivolta, spiegando che – alla luce degli ultimi dati statistici – “siamo tornati indietro di 15 anni: il potere di acquisto delle famiglie è crollato e per quest’anno è prevista una flessione del 2,6%”. Non si può aspettarsi molto considerato, ha osservato Rivolta, che viviamo in un paese dove ci sono 2,8 milioni di cittadini “che cercano il posto di lavoro, ciò che aumenta nel nostro paese è soltanto la disoccupazione che sta andando rapidamente oltre il 10%. Anche perchè, ha aggiunto, “le misure messe in campo sino a qui non servono per uscire dalla crisi. Ciò che serve è far dimagrire questo Stato che sta drenando risorse alle famiglie e alle imprese”. Il direttore generale di Confcommercio ha sottolineato che l’ipotesi di un aumento dell’Iva di 2 punti “vuole dire 35 miliardi di euro sottratti ai consumi nei prossimi 3 anni: sarebbe la debacle, come l’abbiamo definita, una caporetto”. Secondo Rivolta infatti “il paese non è in grado di sopportare una manovra choc di questo genere. Speriamo quindi che il governo, assieme alla rigorosa disciplina di bilancio, sappia anche dosare la cura perché si può anche morire di eccesso di cura”.
Le critiche alla riforma del lavoro, recentemente approvata, non sono mancate, soprattutto per quanto riguarda gli interventi sugli ammortizzatori sociali. Per Francesco Rivolta, infatti, “non è questo il momento per tentare di modificare l’assetto degli ammortizzatori sociali quando ci sono 2 milioni e 800 mila persone che cercano lavoro, con mobilità e licenziamenti in corso”. “Fare una manovra in un momento come questo secondo noi è inopportuno”, ha detto.
Anche per il segretario aggiunto della Cisl, Giorgio Santini, la riforma non è stata sufficiente su questo piano perché non ha sviluppato un’idea d’intervento originale per risolvere la situazione. Infatti, dice Santini, “siamo troppo prigionieri” degli ammortizzatori sociali, mentre, in realtà, “i lavoratori non sono contenti di andare in cassa integrazione” e preferirebbero lavorare a stipendio pieno. Per questo secondo la Cisl è necessario puntare su politiche attive del lavoro in grado di favorire la rioccupabilità dei cassintegrati.
“Il ddl lavoro è figlio del governo Monti, che nasce per applicare la lettera della Bce”, ha ricordato Paolo Pirani, segretario nazionale della Uil. “Sul mercato del lavoro, la lettera criticava l’eccessiva flessibilità in entrata, l’eccessiva rigidità per licenziare e chiedeva una riduzione dei dipendenti pubblici. Invece le scelte di rigore dell’esecutivo non modificano il lavoro in entrata e su quello in uscita pensano soltanto a tagliare gli ammortizzatori sociali, per altro nel pieno della crisi economica. Al contrario, niente è stato fatto per la produttività”. Critico Pirani, anche nei confronti di Confindustria, soprattutto riguardo alle scelte degli imprenditori italiani rispetto a quelle dei colleghi tedeschi: “A Berlino si è deciso di aumentare gli orari di lavoro, ma con la garanzia di non cacciare nessuno. Invece in Italia si è scelta la sola via dei licenziamenti. Una follia”.
Per Rivolta questa riforma “è figlia della supponenza”, perché riduce profondamente il ruolo delle parti sociali, mentre in questo momento di profonda crisi, a suo avviso, sarebbe importante ritrovare la coesione sociale per poter lavorare insieme su crescita e sviluppo. Le parti sociali, spiega Rivolta, hanno bisogno di essere considerate “parte attiva” dal governo, perché altrimenti si rischia che le operazioni messe in campo dall’esecutivo manichino di concretezza e “stiano per aria, attaccate ai palloncini”.
La riforma del lavoro “è una grandissima occasione sprecata” per Rivolta, perché, ad esempio, “non è questo il momento per tentare di modificare l’assetto degli ammortizzatori sociali quando ci sono 2 milioni e 800 mila persone che cercano lavoro, con mobilità e licenziamenti in corso”. “Fare una manovra in un momento come questo secondo noi è inopportuno”.
Le parti sociali esprimono la loro soddisfazione invece per le modifiche che la riforma introduce in materia di apprendistato, “strumento agile per favorire l’occupazione giovanile”, commenta Santini secondo il quale è necessario capire quali altri interventi possono essere messi in atto per aiutare i giovani.
Giovani che secondo il segretario nazionale della Cgil, Fabrizio Solari, invece non hanno ottenuto nulla da questa riforma e che, considerando anche la riforma delle pensioni recentemente approvata dal governo, continueranno ad essere sempre più poveri. “Se, invece, vogliamo guardare avanti – prosegue Solari – è necessario innanzitutto riconoscere che sono stati fatti degli errori nell’impostazione politica di risposta alla crisi” e da lì serve ripartire, intervenendo anche sulla coesione sociale.
Rivolta è poi tornato sulla differenza tra precarietà e contratto a tempo determinato, sottolineando che non esiste un discorso di cattiva e buona flessibilità, ma piuttosto bisognerebbe parlare di flessibilità legata ai mestieri e al mercato del lavoro e di abuso di questo strumento. Infatti, dice Rivolta, il ministro ha introdotto rigidità sulla flessibilità in entrata per limitare il precariato, ma “se c’è precariato in questo Paese, il ministro Fornero si deve occupare soprattutto della pubblica amministrazione, perché la più grande fabbrica di disoccupazione e di lavoro precario in questo Paese è proprio la pubblica amministrazione”. Problema sottolineato anche dal segretario nazionale della Uil, Paolo Pirani, che porta l’esempio di contratti a tempo determinato nella Pa rinnovati anno per anno per più di 15 anni; cosa che non sarebbe possibile ed accettabile nel settore privato. Pirani ha poi ribadito che c’è un forte collegamento tra la crisi del Paese e il malfunzionamento del pubblico impiego, dove sono ancora troppo elevati gli spreghi. E’ necessario , a suo avviso, per migliorare questo stato di cose, fare dei piani industriali seri, indicando la qualità dei servizi che si vuole offrire ai cittadini. “La verità, dice Pirani, è che questa operazione non la vuole fare nessuno”, per questo sarà fondamentale capire in che modo in governo intende intervenire in merito alla spending review.