La situazione dei rinnovi contrattuali per il triennio 2016-2018, è inutile dirlo, è tutta in salita. Il quadro di incertezza (deflazione, assenza modello contrattuale, persistenza della crisi industriale, scadenza accordo 2009) e i segnali inquietanti di Confindustria che si può fare a meno dei minimi e dei due livelli di contrattazione, è di fronte agli occhi di tutti.
Ciononostante Filctem-Cgil, Femca e Flaei-Cisl, Uiltec-Uil intendono rinnovarli, perchè entro il 31 dicembre 2015 sono in scadenza nel loro “perimetro” 6 contratti nazionali di lavoro (chimico-farmaceutico, gomma-plastica, energia e petrolio, elettrico, gas-acqua, lavanderie industriali) che interessano oltre 400.000 lavoratori impiegati in quasi 10.000 imprese.
Intanto la Filctem-Cgil ha riunito oggi a Roma – relatore Emilio Miceli, segretario generale, presente ai lavori Serena Sorrentino, segretaria confederale Cgil – il suo Comitato direttivo nazionale che ha varato vere e proprie “linee-guida” per il rinnovo dei contratti, impegnando la segreteria nazionale alla stesura unitaria delle piattaforme entro giugno prossimo per poter iniziare così il confronto con le associazioni imprenditoriali di riferimento.
Cinque le direttrici a cui la Filctem non intende rinunciare: 1) la necessità di piattaforme unitarie; 2) l’applicazione del Testo unico sulla rappresentanza del gennaio 2014, in grado di coinvolgere le Rsu nella costruzione delle piattaforme e nella gestione delle trattative; 3) la legittimazione finale del voto dei lavoratori sulle ipotesi di accordo; 4) il valore insostituibile del contratto nazionale di lavoro e della contrattazione di 2° livello, sia pur distinti nelle loro rispettive prerogative; 5) il rifiuto di “copiare sotto dettatura – ha detto Miceli – il jobs act nei contratti”.
Preso atto della parzialità della misura inflattiva nel nostro paese, la Filctem-Cgil “intende definire – così si legge nel documento approvato a larga maggioranza – piattaforme che contengano richieste salariali tali da garantire i trattamenti minimi inderogabili, coerenti con i valori medi delle conclusioni dei precedenti contratti, avendo a riferimento anche i costi del welfare contrattuale”.
Allo stesso tempo “reputa importante – prosegue il documento – una accentuazione del trasferimento di materie legate alla prestazione lavorativa (produttività, organizzazione del lavoro, orari, professionalità, ecc.) in sede di contrattazione aziendale: sarà importante – si aggiunge – porre il problema della revisione del sistema degli inquadramenti per rispondere ad una esigenza non più eludibile tra sviluppo professionale/ prestazione / merito a fronte del superamento degli scatti di anzianità operato in alcuni contratti (chimico, energia e petrolio, gas-acqua, n.d.r.).
Una mina vagante – aggiunge il documento – sono i provvedimenti previsti dal jobs act (licenziamenti disciplinari, demansionamento) che vanno contrastati proprio a partire dai rinnovi contrattuali e nelle vertenze aziendali e di gruppo: a questo proposito, con quelle imprese che usano il demansionamento non si potrà essere indulgenti sul versante dei fondi erogati da “Fondimpresa” sulla formazione.
Infine un accenno alla verifica anticipata degli scostamenti inflattivi, che rappresentano uno degli elementi di confronto nell’ambito dei rinnovi contrattuali. “In questo senso – conclude il documento – l’accelerazione nella predisposizione delle piattaforme faciliterà questo processo”.