Era prevedibile che la mancata firma della Cgil sull’accordo del 22 gennaio sul modello contrattuale portasse una serie di problemi di entità crescente. La Cgil è il più grande sindacato italiano e avviare nuove relazioni industriali senza la sua collaborazione è certamente difficile. E questo sta accadendo. Guglielmo Epifani ha anticipato che la sua organizzazione parteciperà agli incontri in corso in questi giorni tra i sindacati e le diverse confederazioni imprenditoriali per la traduzione in precisi accordo dell’intesa politica firmata a gennaio, ma non firmerà gli accordi che verranno definiti.
Il segretario generale della Cgil ha anche fatto di più, perché in un’audizione alla Camera ha annunciato che le nuove trattative contrattuali porteranno una vera e propria giungla, soprattutto perché non essendoci regole alle quali la Cgil si sente vincolata, varranno i rapporti di forza, appunto la legge della giungla. E questo non è certo un buon viatico per l’avvio di relazioni industriali tutte nuove, basate sulla collaborazione e la ricerca di intese e non più sulla contrapposizione di interessi e sul conflitto. Paolo Pirani, segretario confederale della Uil, è stato molto chiaro ieri alla presentazione del Rapporto Cesos sulla contrattazione configurando appunto un nuovo corso di rapporti basati su una filosofia tutta diversa e illustrandone i vantaggi che ne dariverebbero. Ma questa aspirazione è destinata o sembrerebbe destinata a cadere nel vuoto.
Il condizionale non è solo cautelativo. Perché se queste sono le intenzioni e le dichiarazioni e il clima dei rapporti tra le confederazioni, bisognerà vedere poi effettivamente nel mondo del lavoro, tra i lavoratori, nelle fabbriche cosa accadrà. Meglio, cosa sta accadendo. Perché per il momento non sembra che la giungla sia una realtà e nemmeno sia dietro l’angolo. Le piattaforme rivendicative presentate non risentono dello scontro politico in atto tra le confederazioni. Per gli alimentaristi si stanno preparando rinnovi senza problemi. I telefonici hanno presentato piattaforme separate, ma per altri motivi, tanto che Cgil e Uil hanno avanzato richieste molto simili. Per gli elettrici, che è la terza grande categoria per cui è previsto il rinnovo contrattuale quest’anno, non dovrebbero esserci problemi. Ancora, c’è da registrare la ripresa dei contratti di secondo livello per il commercio, ne sono stati firmati quasi venti e per un’altra decina le trattative sono in corso. Insomma, non sembra che sia un disastro, tutt’altro.
E del resto, qualcosa si sta muovendo anche al livello dei rapporti tra confederazioni. Il Riformista parla oggi della volontà di Raffaele Bonanni di coinvolgere la Cgil nella vertenza che vuole aprire con il governo per il fisco. Ma soprattutto le confederazioni hanno ripreso i rapporti tra di loro per risolvere il nodo della rappresentanza. In primi incontri sono stati fatte delle avances molto importanti e sembrerebbe strano che la Cgil non accettasse subito un accordo in tal senso. Perché Cisl e Uil hanno proposto un’intesa che oltre a stabilire il sistema di valutazione della rappresentatività preveda anche la possibilità in alcuni casi di sottoporre le piattaforme rivendicative e poi gli accordi al vaglio dei lavoratori tramite dei referendum. Proposte così interessanti che sembra difficile che si possa davvero arrivare a un accordo, perché, perdurando il disaccordo sull’impianto contrattuale, un accordo del genere metterebbe la Cgil nelle condizioni di bloccare davvero tutto il sistema contrattuale.
Eppure la Cgil tituba, prende tempo, pensa più alla manifestazione dei primi giorni di aprile che a chiudere queste importanti partite. Ma quella manifestazione, per quanto bene possa andare, non sposterà di una virgola i termini della questione. Perché, si sa, queste megariunioni vanno sempre bene. Il che non toglie che gli scioperi invece vadano male o malissimo, come qualcuno afferma essere accaduto per le ultime manifestazioni di protesta. Far scioperare i lavoratori in un periodo di dura crisi e di flessione dei salari è difficile. Soprattutto non è producente, se parallelamente i contratti si rinnovano e questi rinnovi portano in tasca ai lavoratori aumenti reali del loro salario.
In più, c’è da considerare che il governo sta per varare, questione di giorni, le nuove norme sugli scioperi nei servizi pubblici essenziali e non solo in questi. Sindacati e parti imprenditoriali farebbero ancora a tempo a presentare un avviso comune e tornare a un ruolo da protagonisti. Ma bisogna far presto. E agire di comune accordo.
Massimo Mascini
25 febbraio 2009
























