Il 6 aprile scorso l’Istat ha diffuso i dati relativi agli occupati e disoccupati di febbraio 2021, e il 30 aprile quelli di marzo. Questi dati fanno riferimento a una nuova definizione di occupazione, adottata in tutti i paesi europei a partire dal 1 gennaio 2021, secondo quanto previsto dal regolamento 1700 del 2019 del Parlamento europeo e del Consiglio[2]
Nel regolamento sono previsti criteri più stringenti per individuare gli occupati, con particolare riferimento agli assenti dal lavoro, in accordo con quanto stabilito nel corso della 19a ICLS (International Conference Labour Statistician) tenutasi a Ginevra nell’ottobre del 2013[3]. Nella risoluzione ILO del 2013 si discute ampiamente di quali debbano essere i criteri per considerare occupati gli individui che pur non avendo lavorato nella settimana di riferimento hanno ancora un rapporto di impiego o un’occupazione attiva. La conclusione a cui si è giunti è che un periodo di assenza superiore a tre mesi rende difficile stabilire che un rapporto di lavoro sia ancora attivo, anche nei casi in cui gli intervistati dichiarino di avere il diritto di rientrare al lavoro[4] , come succede in Italia a chi è in Cassa integrazione Guadagni a zero ore per periodi più lungi dei tre mesi. È importante ricordare che il processo con cui si arriva alle risoluzioni dell’ILO è complesso e che alla discussione partecipano non solo gli istituti di statistica ma anche rappresentanze dei sindacati, degli imprenditori e altri stakeholder che hanno voce in capitolo sulle tematiche del mondo del lavoro, con il fine di arrivare a criteri uniformi che possano garantire la comparabilità delle informazioni a livello internazionale. L’adozione delle risoluzioni non è immediata perché è necessario che i diversi sistemi statistici si adeguino ai nuovi criteri. Questa revisione definitoria introdotta nel 2013 è stata quindi ripresa dal regolamento europeo del 2019 e adottata da tutti i paesi della Ue a partire dal 1 gennaio 2021[5] e fa riferimento proprio agli assenti dal lavoro da più di tre mesi: nella vecchia definizione gli assenti da oltre tre mesi erano ancora considerati occupati se ricevevano almeno il 50% della retribuzione, nella nuova non lo sono più[6]. Nel caso in cui non cerchino attivamente un lavoro e siano disponibili a iniziarne subito uno, confluiscono nella schiera delle non forze di lavoro (o inattivi). Lo stesso avviene per gli autonomi che sospendono la loro attività per un periodo superiore a 3 mesi.
Come mostrato dai dati provvisori destagionalizzati ricostruiti dall’Istat e diffusi in occasione dei comunicati del 6 e 30 aprile[7] questo cambiamento ha un impatto del tutto residuale nei periodi di “normale” ciclo economico mentre ha un impatto non trascurabile nei periodi di crisi, e soprattutto nei paesi, come il nostro, che privilegiano gli interventi di sostegno finalizzati al mantenimento dell’occupazione come la Cassa integrazione rispetto ai sussidi di disoccupazione.
Probabilmente già il comunicato trimestrale di giugno potrà fornire un quadro più analitico sull’impatto della nuova definizione, ma a fine anno, quando sarà diffusa la ricostruzione definitiva delle serie, sarà possibile condurre analisi più approfondite, fornendo un’immagine puntuale dello stravolgimento determinato dalla sospensione di molte attività in seguito alla pandemia. Per ora i dati disponibili consentono di osservare che, se si considerano anche tutti coloro le cui attività sono state sospese per periodi prolungati, l’impatto della crisi attuale è stato davvero molto forte, molto più che nella precedente crisi del 2008. Utilizzando le nuove serie storiche mensili diffuse il 30 aprile, ricalcolate secondo la nuova definizione (provvisorie fino a fine anno) si può apprezzare l’effetto dei cambiamenti introdotti, dovuto essenzialmente ai lavoratori che non hanno lavorato nella settimana di riferimento e la cui assenza ha una durata complessiva superiore ai tre mesi. Considerato il massiccio ricorso alla Cig nel periodo di emergenza sanitaria, a dicembre 2020 il numero totale di occupati al netto degli effetti della stagionalità del fenomeno, che in base alla vecchia serie era pari a 22.839 mila, scende a 22.379 mila secondo la nuova definizione: pertanto il calo di occupati osservato tra febbraio e dicembre 2020, pari a 425 mila secondo la vecchia serie, passa a 762 mila nella nuova. Inoltre, i nuovi dati mostrano come, tra febbraio 2020 (quando l’occupazione ha subito il primo calo) e marzo 2021, il numero di occupati si sia ridotto di 896 mila unità (-3,9%).
Se le nuove definizioni hanno un impatto sul numero ufficiale di occupati, le informazioni rilevate con il nuovo questionario renderanno possibile la ricostruzione completa del quadro informativo, distinguendo ad esempio tra i non occupati quanti non hanno un lavoro e quanti invece non hanno lavorato perché in Cassa integrazione o riduzione dell’attività. Allo stesso tempo le informazioni sull’ultimo lavoro svolto aiuteranno a fornire le caratteristiche di coloro che, anche se non più formalmente occupati, hanno ancora un legame con il mondo del lavoro (e parte della retribuzione) e potrebbero rientrarvi nelle fasi di ripresa. Nella costruzione del nuovo questionario, peraltro, si è cercato di razionalizzare il flusso delle informazioni rilevate oltreché il patrimonio informativo stesso dell’indagine: alcune sezioni del questionario sono state snellite e altre sono state ampliate, arricchendolo di nuovi contenuti. Con la nuova rilevazione viene ad esempio ampliata la sezione sulle ore lavorate, con una batteria di domande volta a rilevare in modo puntuale l’orario di lavoro distinguendo fra quello contrattuale, quello abituale, e quello desiderato che insieme al numero di eventuali giorni di assenza, sono utili a ricostruire il volume di lavoro effettivamente svolto nella settimana di riferimento. Anche il sotto-modulo sul lavoro indipendente è stato rivisto per rilevare con maggior dettaglio il grado di autonomia organizzativa ed economica (in termini di numero di clienti, orario di lavoro, autonomia nell’accesso al mercato) e dettagliare ulteriormente il gruppo dei dependent contractor introdotto sempre dall’ILO nell’ambito della nuova classificazione dello Status nell’occupazione (ICSE2018)[8]. Nel nuovo questionario hanno infine trovato spazio quesiti per misurare il percorso migratorio degli italiani, la partecipazione a esperienze di lavoro durante gli studi (come l’alternanza scuola-lavoro) e i motivi della non ricerca di lavoro distinti ulteriormente fra non volontà a non disponibilità a lavorare.
Alcuni osservatori si sono domandati se quello scelto sia stato il momento più opportuno per cambiare definizione: tuttavia quando il regolamento è stato approvato non si poteva immaginare quello che di lì a poco si sarebbe verificato, e la macchina organizzativa dei 27 paesi Ue si era spinta troppo oltre per poter ritardare il processo. Ma di fatto la possibilità di definire gli aggregati e la definizione delle serie storiche consentirà a analisti e ricercatori la possibilità di ricostruire tutto il quadro informativo, offrendo stime confrontabili con tutti i paesi europei a prescindere dai sistemi di ammortizzatori sociali utilizzati per contrastare la crisi, diversamente da quanto avvenuto nel 2008. Non resta quindi che attendere che il processo di ricostruzione e analisi si concluda per rispondere ai nuovi quesiti che questa crisi ha messo in campo, utilizzando nel frattempo le altre informazioni disponibili sul mercato del lavoro.
Francesca della Ratta e Barbara Boschetto [1]
[1] Ricercatrici Istat. Le opinioni espresse sono esclusiva responsabilità delle autrici e non impegnano l’Istat.
[2] Per maggiori dettagli e per consultare il nuovo questionario si veda: https://www.istat.it/it/archivio/252689.
[3]La nuova risoluzione, relativa a Statistics of work, employment and labour underutilization, disponibile a questo link: https://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/—dgreports/—stat/documents/publication/wcms_220535.pdf , rivede quanto stabilito nella precedente conferenza del 1982 (la 13a).
[4] “In the case of extended absence, the revised standards recommend excluding from employment: all persons on indefinite lay-off (i.e. with no assurance of a return to work with the same employer); persons with seasonal employment jobs during the off-season if they cease to perform activities related to that income-generating job; and other persons on extended absence from employment (i.e. absence with a total accrued duration beyond the limit set for defining temporary absence from employment). In the first two cases, the continued existence of the job cannot be assured. In the case of prolonged absences, referred to as extended absences in the present standards, the length of the absence indicates that the absence is not temporary in nature, even though the persons concerned may retain a right to return to the same job or to another job in the same economic unit. (Ilo, 2013, par. 144).
[5] I calendari di diffusione dei 27 paesi della Ue è tuttavia differenziato quindi non tutti i paesi hanno ancora diffuso le informazioni calcolate con le nuove definizioni.
[6] Secondo la nuova definizione è occupata la persona tra 16 e 89 ani che ha svolto almeno un’ora di lavoro retribuito nella settimana di riferimento o ha lavorato senza essere retribuito nella ditta di un familiare, oppure è stato assente dal lavoro per un periodo inferiore ai tre mesi, o è in congedo parentale retribuito, o ancora ha un lavoro stagionale ma nel periodo di bassa stagione dichiara di svolgere attività necessarie alla sua attività. Chi non è occupato è considerato disoccupato se ha svolto almeno una azione di ricerca attiva di lavoro nelle quattro settimane che precedono l’intervista e sarebbe immediatamente disponibile a iniziare un eventuale nuovo lavoro entro due settimane. Tutti gli altri sono considerati inattivi.
[7] https://www.istat.it/it/archivio/257202.
[8] I dependent contractor sono i lavoratori autonomi senza dipendenti che hanno limitata autonomia nell’accesso al mercato o nell’organizzazione del proprio lavoro. Sono stati definiti nel corso dei lavori della 20th ICLS dell’ILO e per l’Italia l’Istat ha diffuso i primi dati a partire dal 2019. Si veda della Ratta, Sabbatini et al., Verso una nuova tipologia di lavoro autonomo, in Ministero del lavoro, Istat, Inps, Inail, Anpal, Il mercato del lavoro 2019. Una lettura integrata, Roma, 2020, https://www.istat.it/it/archivio/239380.