Stefano Mantegazza – Segretario generale Uila-Uil
Nel giro di pochi mesi la vecchia Pac andrà in soffitta sostituita da un progetto radicale di riforma che cambierà, per i prossimi 15-20 anni, metodi e finalità di ripartizione dei contributi europei verso il settore primario. Due le motivazioni di fondo di questa scelta: il prossimo allargamento dell’Ue, che consiglia un po’ cinicamente di definire, prima dell’ingresso dei nuovi soci, le nuove regole del gioco; l’obbligo di presentarsi ai prossimi negoziati del Wto con un sistema di sovvenzioni che almeno sul piano formale faccia apparire l’Europa meno protezionista di quello che sembra oggi, sebbene già importi l’85% delle esportazioni africane e il 40% di quelle del Sud America.
Dunque si cambia. Il progetto del commissario Ue per l’agricoltura Fischler sarà approvato, forse con qualche correttivo. Due le linee guida del progetto: i contributi non saranno più finalizzati alle produzioni ma al sostegno del reddito degli agricoltori; una parte delle risorse spese in precedenza per sostenere i prezzi sarà ridistribuita ai Paesi membri per essere investita in qualità delle produzioni, tutela dell’ambiente, vivibilità del territorio.
I principi generali di questa nuova filosofia sono condivisibili perché vanno nella direzione di una forte liberalizzazione del mercato e liberano risorse per la qualità e la sicurezza alimentare.
In realtà, però, nessuno è in grado di valutare le effettive ricadute sulla filiera agroalimentare di simili clamorosi cambiamenti. Il produttore che riceverà ad integrazione del proprio reddito i contributi comunitari anche se dovesse smettere di produrre, continuerà a fare l’agricoltore? E cosa accadrà nel settore dell’ortofrutta se chi prenderà i contributi per i seminativi si metterà in concorrenza con chi contributi non ne prende? A queste domande, da noi poste al Governo nell’ultima riunione del tavolo agroalimentare, non è stata data risposta. Eppure in un Paese come l’Italia, in cui la filiera agroalimentare dà lavoro a circa 1,5 milioni di dipendenti senza contare l’indotto, è la risposta a queste domande che dovrebbe portare alla definizione della nostra strategia.
Federalimentare ritiene che il disaccoppiamento tra sovvenzioni e produzioni porterà alla scomparsa di intere produzioni agricole con la conseguente delocalizzazione di molte imprese alimentari.
L’allarme lanciato da Federalimentare è fondato? E che dimensioni ha? Altre domande senza risposta. La Coldiretti piemontese afferma che il grano soppianterà il riso perché più conveniente con il nuovo sistema di aiuti. Siamo neutrali rispetto a tutto ciò?
La realtà è che nel nostro Paese, troppo spesso refrattario ad approfondimenti di merito, la disputa sul disaccoppiamento si è subito fatta ideologica. Chi è favorevole è per il progresso, chi è contrario è conservatore. Noi crediamo che la scelta del disaccoppiamento vada perseguita ma con alcuni sostanziali correttivi:
– le aree interne e montane vanno meglio tutelate perché il disaccoppiamento in quei territori potrebbe ridurre l’attività produttiva e colpire un’occupazione già precaria;
– è necessario individuare un meccanismo di incentivi anche per le nuove aziende ed evitare le distorsioni prodotte dal congelamento delle rendite da contributi;
– il contributo per il singolo imprenditore dovrebbe avere una quota di base, riconosciuta comunque, e importi successivi legati alla effettiva produzione e ai livelli occupazionali;
– è comunque inaccettabile la scomparsa del legame tra franchigia e impiego di lavoro dipendente;
– sul versante dello sviluppo sostenibile e della qualità è necessario legare i finanziamenti anche all’occupazione, alla sua qualità e alla formazione, per evitare che i finanziamenti allo sviluppo rurale risultino come semplice reddito aggiuntivo percepito dagli agricoltori con diverse motivazioni.
Il Governo deve scegliere dunque con attenzione la posizione da assumere. Si tratta di decidere come spendere migliaia di miliardi di vecchie lire, che devono essere volano di sviluppo, di produzione di qualità e di buona occupazione. Non utilizziamoli per i giardini fioriti e le rendite di posizione.