Alla vigilia del week end più rischioso e incerto per il futuro del governo e del quadro politico, i sindacati Cgil, Cisl e Uil scendono in piazza. Manifestazioni unitarie e possenti, per quanto consentano le regole anti covid, da nord a sud: Anna Maria Furlan in piazza Duomo a Milano, Pierpaolo Bombardieri a Roma in piazza del Popolo, Maurizio Landini a Napoli al Plebiscito. Manifestazioni dunque ben visibili, e di protesta: contro la Confindustria perché non rinnova i contratti, certo; ma molto di più contro il governo, e proprio in un momento cruciale per il governo stesso. Vero che le cinghie di trasmissione sono rotte da anni, ma il sindacato in piazza contro un governo che, teoricamente, diciamo, dovrebbe essere se non amico, quanto meno non nemico come per esempio lo era il precedente esecutivo giallo verde, è abbastanza inusuale.
Dice Furlan: ”siamo in piazza per non dare carta bianca a nessuno, questa rappresentanza è tutta e solo nostra”. Sarà, ma sta di fatto che domenica e lunedì si svolgeranno le elezioni più delicate degli ultimi anni. Ed è da dubitare che un esito infausto per il Pd nelle regioni, e in particolare in Toscana, non abbia poi conseguenze sul governo. Quanto al referendum, è scontata la vittoria del si, si tratta solo di scoprire se sarà un plebiscito o meno. In ogni caso sarà una vittoria per Di Maio e i Cinque stelle. Difficilmente ne godrà il Pd, che solo dopo molti tentennamenti e silenzi si è accodato al si, tra l’altro scontentando buona parte dei suoi iscritti e segnando al suo interno divisioni che pesano, come il “no” esplicito di Veltroni e di Prodi.
I sindacati non hanno dato indicazioni di voto sul taglio dei parlamentari, ma con diverse sfumature. Se Anna Maria Furlan si limita a dire che “ai cittadini non è stato dato modo di comprendere esattamente” la natura della riforma, la Cgil, diversamente dal 2016, quando mise in piedi una campagna a tappeto per il no contro la riforma del governo Renzi, organizzando centinai di iniziative in tutta Italia, spesso al fianco dell’Anpi, stavolta fa conoscere la sua opinione solo attraverso un testo della segreteria: molto critico sugli effetti della riforma, ma senza indicazioni esplicite per il si o per il no. Landini oggi ha spiegato che ”ognuno ha la testa per decidere”, e dunque ognuno faccia ciò che sente. Una prudenza dovuta anche alla volontà di evitare una spaccatura interna alla confederazione, dove non è un mistero che alcuni dirigenti tirassero per il si e altri per il no. Ma d’altra parte, se importanti leader politici, da Silvio Berlusconi a Matteo Renzi, hanno lasciato libertà di voto, e se altri, come Nicola Zingaretti, solo all’ultimo momento e con molta fatica hanno dato indicazione per il si, perché non dovrebbe la Cgil nutrire gli stessi dubbi.
Non è nemmeno un mistero che la base dei tre sindacati sia in gran parte divisa anche tra Lega e Cinque stelle, essendosi già allentati da almeno due decenni i legami un tempo tradizionali con la sinistra e col Pd. In Toscana, regione simbolo di questa tornata, la Cisl locale non ha esitato a incontrare una delegazione della Lega che sostiene la candidata Ceccardi, oggi data praticamente alla pari col candidato del centro sinistra Giani. E Salvini ha detto esplicitamente di contare sul voto della Cisl nella regione. Cisl che peraltro, a livello nazionale, così come Cgil e Uil, si è espressa più volte a favore del Mes; che invece la Lega, così come i Cinque stelle, rifiuta e avversa. Ma la critica dei sindacati, anche in questo caso, è indirizzata più contro Giuseppe Conte, che traccheggia e non si decide a chiedere quei 37 miliardi decisivi per la sanità.
Tra le rivendicazioni portate oggi nelle piazze da Cgil, Cisl e Uil, sono molte quelle che hanno nel mirino proprio il governo: prima tra tutte, l’accusa al premier di non aver mai convocato le confederazioni per discutere su come usare i fondi europei per il rilancio dell’economia. Ci sono poi le richieste sulla proroga del blocco dei licenziamenti, sulle pensioni, sul fisco, che dovrebbe premiare maggiormente il lavoro. E Landini, addirittura, chiede all’esecutivo di ”dichiarare illegittimo” l’accordo raggiunto nei giorni scorsi da Assodelivery e il sindacato di destra Ugl per il primo contratto nazionale dei rider.
Come si diceva in precedenza, teoricamente nel mirino delle proteste odierne dovrebbe esserci la Confindustria, per la questione dei contratti. Ma sta di fatto che proprio ieri si è raggiunta, senza colpo ferire, l’intesa sul rinnovo della Gomma Plastica; che la settimana scorsa altre importanti aziende hanno aderito alla proposta sindacale per il rinnovo del settore alimentare; e che perfino i metalmeccanici, che hanno ripreso il confronto mercoledì, sembrano al momento indirizzati su un binario non particolarmente rischioso, con tanto di calendarizzazione dettagliata dei prossimi appuntamenti di qui a metà ottobre. Quindi, diciamo, al momento il punteggio è a favore dei sindacati, ma col risultato che vengono maggiormente messe in primo piano le recriminazioni nei confronti dell’esecutivo rispetto a quelle contro gli industriali.
“Andremo avanti con la nostra protesta finché risultati tangibili arriveranno” ha scandito infatti Furlan da Piazza Duomo. E Landini, da Napoli: “La presidenza del Consiglio e il Governo ci devono convocare per il Recovery Fund”. “Il governo ascolti queste piazze”, tuona infine Pierpaolo Bombardieri dal palco di Piazza del Popolo a Roma. Il problema è che da lunedì in poi il governo potrebbe essere così indebolito da poter dare poco ascolto ai sindacati.
Nunzia Penelope