“Abbiamo superato all’incirca le 300mila firme e stiamo procedendo molto bene”. Con queste parole Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, certifica da Caserta in occasione della sesta edizione del premio Jerry Masslo organizzato dalla Flai-Cgil, l’andamento della campagna referendaria promosso dalla confederazione di Corso d’Italia. E se dai banchetti la Cgil riuscirà a raccogliere le 500mila firme necessarie per portare alle urne i requisiti referendari con lo scopo di dare una spallata al Jobs Act di Renzi, il difficile per Landini viene dopo. “Affinché un referendum passi occorre il 50% più uno degli elettori. Nessun’altra elezione presenta un quorum. Dobbiamo portare al voto 25 milioni di persone. È sufficiente che i 5 milioni di iscritti della Cgil coinvolgano ciascuno altre cinque persone e il gioco è fatto”.
Per il numero uno della Cgil quella dei referendum è una battaglia che riguarda l’intero paese, per dargli un futuro diverso e non solo chi ha la tessera del sindacato. “Da trent’anni – spiega Landini – sono state perseguite politiche economiche e fatte scelte legislative che hanno di fatto agevolato la precarietà. Ma se chiediamo a un giovane che cosa vuole fare da grande nessuno ci risponderà il precario. Per questo, oltre ai referendum, stiamo elaborando delle proposte di legge di iniziativa popolare perché vogliamo dire anche come cambiare il paese. Ovviamente tutto questo non ci distrarrà dal portare avanti il rinnovo dei contratti”.
Quello che è in crisi è l’acquisizione di diritti e tutele ottenute con le lotte nel passato, e che oggi si rischia si non trasmettere alle nuove generazioni. “Negli anni ’60 e ’70 c’è stato un grande sviluppo sociale ed economico. Lo Statuto dei lavoratori, la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, la nascita del sistema sanitario pubblico, la legge sul divorzio e l’aborto. E quando si migliorano le condizioni di lavoro – prosegue Landini – si migliora anche la società”.
I pericoli che corre il paese riguardano anche la sua tenuta democratica, con maggioranza che “non vuole governare ma comandare, ostacolando la magistratura e la stampa. Io non contesto il fatto che chi vince le elezioni abbia il diritto di guidare il paese – afferma il segretario generale di Corso d’Italia – ma la destra destra, come amano definirsi, unita ha preso 12 milioni di voti, le opposizioni, che però sono divise, 15 e 18 milioni di italiani non sono andati proprio a votare. Questa disaffezione dalla politica è un tratto che ci deve allarmare”.
“E questo governo vuole farci credere che i problemi dell’Italia si risolvono con l’autonomia differenziata o il premierato. La rivoluzione che noi vogliamo realizzare è quella di attuare i valori della Costituzione che siamo pronti a difendere sempre”. In merito allo scenario internazionale, Landini parla della pericolosità che stiamo vivendo. “La pace non si raggiunge armando ancora di più i paesi. Ed è assurdo che solo papa Francesco si stia impegnando per la cessazione del conflitto. Anche la Cgil fin dallo scoppio della guerra in Ucraina aveva chiesto di dare voce ai negoziati. Chi paga le conseguenze delle guerre, in termini di vite e di costi economici, sono sempre i lavoratori”.
Tommaso Nutarelli




























