Il libro di Emiliano Manfredonia, Presidente Nazionale delle Acli, mi ha fatto venire in mente la toccante testimonianza di un mio corsista, nel percorso nazionale dei contrattualisti, attivo, durante il Covid 19, a Nembro e nei comuni vicini, nel martoriato territorio bergamasco.
Daniele raccontava nel suo testo, che non ho mai potuto dimenticare, che a volta il sindacalista, il sindacato non sempre possono fornire tutte le risposte, a volte basta esserci.
Quella testimonianza venne rilanciata da Gad Lerner su Repubblica a monito di un’economia, avrebbe detto Papa Francesco, che letteralmente uccide, un’economia che nemmeno di fronte alla mancanza del respiro aveva accettato di fermarsi, di arrestare il profitto.
Nel suo splendido (già dal titolo) volume: “L’armonia degli sguardi” edito da San Paolo, Manfredonia ci confida che alle domande che la contemporaneità moltiplica, non sempre i paradigmi sociali, politici, valoriali in cui viviamo immersi sono in grado di offrire risposte.
Il Presidente nazionale delle Acli ci apre uno squarcio nella sua vita.
Ci ricorda quando, per fortuna solo per una notte, in terapia intensiva con il Covid, c’è finito lui stesso.
In quel periodo, ricorda il Presidente delle Acli nazionali, ha imparato, ci confessa, per la prima volta: “l’importanza dello sguardo”.
L’importanza degli occhi, della loro dignità quando i volti sono celati dalle mascherine.
L’importanza del respiro, un atto che può sembrare naturale e scontato, ma che per molti, per troppi, purtroppo, durante la pandemia non lo è assolutamente stato.
Oggi sembriamo più vicini, magari attraverso i social e gli schermi, ma in realtà siamo più lontani, proprio perché possiamo innaturalmente “guardare senza essere guardati”.
Iniziamo questa conversazione, accompagnati dalle parole e dai bellissimi silenzi regalati, donati, da questo libro…
Come nasce l’idea di scrivere un libro che parte dal concetto “dell’armonia degli sguardi”?
Da Presidente di un’associazione popolare sono portato a vivere, vedere, servire esperienze spesso dure, ad incontrare una realtà ferita, scoraggiata. Allo stesso tempo ad ammirare e sostenere vite che si rimboccano le maniche, che lavorano insieme magari rinunciando a qualcosa di proprio a beneficio della comunità. Tutta questa vita vissuta mi frullava in testa ma non riuscivo a mettere su carta quello che sentivo finchè non ho avuto la fortuna di incontrare un piccolo volumetto dal titolo “Tornino i volti” di Don Italo Mancini. Come mettere insieme l’umanità sconfitta e quei pochi germogli che riescono a crescere in terreni diserbati? I volti, riconoscendo l’altro. E ho iniziato a scrivere..
Il volume si apre con una citazione di Fedor Dostoevskij: “Io mi sento responsabile appena un uomo posa lo sguardo su di me”. Come e dove ha avvertito Emiliano Manfredonia, questa chiamata, prima del suo noto impegno nelle Acli?
Non saprei dirlo, e forse non sono ancora così “compiuto” così responsabile. Ho avuto la fortuna di fare sempre esperienze nella marginalità e tutto ciò mi ha ricordato quanto sono fortunato, ad aver avuto una famiglia, un’educazione, la salute. Ma per me è sempre stato anche la consapevolezza di dover restituire quello che avevo ricevuto. La vocazione cosa è se non restituire tutto l’amore che percepiamo intorno a noi?
Lei prende le mosse dalle riflessioni di don Italo Mancini che, analizzando il mondo e l’approccio dell’umanità corrosa da fatiche, odi, guerre, parla dei volti come l’ultimo e il primo confine tra gli uomini? Come si afferma, individualmente e collettivamente, la “coesistenza dei volti”, nel mondo dilaniato e sfrangiato di oggi?
Tutto nasce e si risolve nel volto dell’altro. Questa è la grande verità, la lezione di Italo Mancini. Non ci sono i tempi, per citare Sant’Agostino, ci siamo noi che possiamo fare buoni i tempi e lo possiamo fare guardando l’altro negli occhi, riconoscendolo per quello che è, le sue paure, le sue aspettative, le fragilità, le sue risorse. Il volto è il confine che abbiamo per incontrare l’altro, aprirsi all’incontro può solo renderci più umani. Aprirsi al dialogo, poi, è la vera risposta alla diffidenza, all’individualismo strisciante che ci rende tutti egoisti. Coesistere è prendere parte insieme, partendo dal volto di ognuno.
Come nasce la decisione di dedicare un capitolo al tema del lavoro nel primo articolo della nostra Costituzione?
Perché il fondamento giuridico su cui si basa la rinascita del nostro paese, uscito da una guerra e da un ventennio fascista, sta proprio nel primo articolo della Costituzione. Il lavoro che è un’esperienza di relazione tra uomini e donne, il lavoro che era anche lo strumento per rimettere in piedi un paese materialmente distrutto, il lavoro nel quale ogni cittadino poteva ritrovarsi uguale per dignità mi sembrava l’argomento giusto per parlare dell’armonia degli sguardi. Quelli di politici divisi da tutto, morsi da rancori e rivendicazioni che seppero però mettere al servizio della comunità la propria capacità e visione del mondo per dare un futuro al paese.
Parliamo dell’art. 11 della nostra Costituzione: “l’Italia ripudia la guerra”. Come è possibile rilanciare oggi il multilateralismo? Quali azioni hanno in serbo le Acli per i prossimi mesi? Con quali alleanze e priorità?
Sono molte le attività che stiamo promuovendo per la pace, al di là di gesti e azioni di solidarietà nei confronti dei popoli invasi, dall’Ucraina a Gaza, stiamo promuovendo azioni politiche con associazioni cattoliche e non perché si possa firmare il trattato contro la proliferazione delle armi nucleari, stiamo costruendo la marcia Perugia Assisi, stiamo sostenendo la necessità di costruire una nuova conferenza di Helsinki per ribadire i diritti alla base della convivenza dei popoli e stiamo partendo con la nostra carovana della pace “Peaceatwork” che girerà l’Italia nei posti del lavoro.
Nel libro lei parla del lavoro che manca, precario, sottopagato. Cita il suo essere affascinato dall’articolo 36 della Costituzione. Su questo, quali sono, invece, le proposte delle Acli? Con quali sguardi vi proponete di promuovere una nuova armonia nel mondo del lavoro?
L’articolo 36 sancisce quella che dovrebbe essere un’ovvietà, che il lavoro deve garantire una retribuzione che consenta una vita libera e dignitosa per sé e per la propria famiglia. Un concetto chiave, se un lavoro c’è deve garantire questo principio fondamentale. Oggi in Italia non è più così, non è automatico, abbiamo abdicato ad una retribuzione giusta con il ricatto di un lavoro e basta. Il nostro sistema produttivo non costruisce ma consuma, l’economia reale sta per essere soppiantata da rendite e dalla finanziarizzazione dell’economia. Servono leggi che regolino la concertazione dei salari, magari con un indice di vita libera e dignitosa (abbiamo preparato una proposta in tal senso che supera il concetto del salario minimo), serve un sindacato unito, che seppur con differenze di vedute e di azione, sappia mettere al centro un sano conflitto con la politica e con le parti datoriali per far crescere il paese.
Il lavoro, lo dice la Costituzione, è a fondamento della nostra convivenza, della nostra economia, della nostra democrazia. Andando avanti di questo passa tutte queste cose possono solo deteriorare, per questo come Acli promuoviamo un nuovo patto tra i sindacati.
Autore: Emiliano Manfredonia
Titolo: L’armonia degli sguardi
Editore: San Paolo
In commercio dal: 21 maggio 2024
Pagine: 176
Prezzo: Euro 16
EAN: 9788892245006