Cambia il senso del lavoro, tra disaffezione, ricerca di nuove opportunità e ricomposizione del mercato dopo la sospensione della pandemia. E’ il quadro tratteggiato dal Censis nel suo 57esimo rapporto nel capitolo deidicato all’occupazione. Per il 62,7% degli italiani il lavoro non è più centrale nella vita delle persone: il senso che viene attribuito al lavoro discende direttamente dal reddito che se ne ricava. È il segno di un certo distacco rispetto al lavoro come fattore identitario della persona: un punto di vista diverso rispetto al passato, più laico nei confronti di quella “religione del lavoro” che ha orientato scelte e comportamenti di tante persone nei decenni passati.
Il forte rimbalzo dell’economia dopo le restrizioni del 2020 dipendenti dalla pandemia ha determinato una espansione della base occupazionale, con una netta riduzione degli inattivi e delle persone in cerca di lavoro. Il numero degli occupati nel 2022 rispetto a quattro anni fa si attesta sui 60.000 in più (+0,6%). Si registra tra i due anni una variazione negativa del 2,2% delle professioni qualificate e tecniche. All’opposto, aumentano i dirigenti e gli imprenditori del 6,2%, gli impiegati dell’8,5%. L’area del personale non qualificato perde invece circa 14.000 addetti. Insomma, un quadro di ricomposizione dell’occupazione in Italia, dopo la grande sospensione dovuta alla pandemia.
Resta da verificare – afferma il Censis – se si tratti di un recupero in continuità con il decennio che si è avvitato in una condizione di stagnazione figlia della bassa crescita economica del Paese e si è chiuso con la crisi del 2020. Resta però molto diffusa l’opinione che il lavoro oggi disponibile sia poco qualificato e sottopagato: è l’opinione del 76,1% degli italiani.
E.G.




























