La ‘’caccia all’immigrato’’, avviata da Donald Trump a Los Angeles, ma in rapida estensione in tutti gli Stati, sta minacciando di destabilizzare le aziende americane. Le deportazioni a sorpresa stanno creando ansia alle imprese e ai loro dipendenti, ma anche gli economisti mettono in guardia per i rischi della crescita a lungo termine. Andrew Ross Sorkin, analista del New York Times, nella sua ultima newsletter fa il punto della situazione, riportando i pareri di analisti e avvocati, ed è davvero sempre più paradossale quello che sta avvenendo. “Una delle principali preoccupazioni delle imprese è la perdita di lavoratori preziosi”, ha dichiarato Shanon Stevenson, socia di uno studio legale del lavoro specializzato in immigrazione, spiegando di essere ‘’sommersa’’ da chiamate da aziende americane “che temono di dover chiudere alcune attività e di perdere clienti”. Non c’è niente da fare: il mondo occidentale, o meglio: la politica del mondo occidentale, stenta a comprendere che l’immigrazione è ormai un assett fondamentale per l’andamento dell’economia. Cosa che invece non sfugge affatto alle imprese, impegnate nella sempre più disperante ricerca di mano d’opera, rara ormai in Europa cosi come in America.
Ma, come si diceva, i governi, in Europa come in America, da questo orecchio non ci sentono, e continuano campagne – boomerang per le loro stesse economie. In Usa, i raid anti- immigrati si stanno verificando tutto il Paese, e la tensione è particolarmente alta in settori come l’edilizia, l’ospitalità, la sanità e il settore manifatturiero: settori chiave, che senza mano d’opera straniera non andrebbero avanti a lungo. L’Associated General Contractors of America, l’associazione leader nel settore delle costruzioni, cui fanno capo 27 mila aziende, ha chiesto agli appaltatori di “prepararsi” alle visite in cantiere da parte degli agenti dell’ICE. La Casa Bianca ha preso di mira i lavoratori giornalieri, che di solito si radunano vicino ai negozi Home Depot e ai minimarket 7-Eleven, tanto che Home Depot sta chiedendo ai dipendenti dei negozi di segnalare immediatamente eventuali retate nei pressi dei suoi punti vendita (le aziende, tra l’altro, non vengono mai avvisate in anticipo delle irruzioni). A Los Angeles vengono prese di mira sia catene di abbigliamento che stazioni di autolavaggio, cosi come i negozietti di quartiere, ma le retate stanno accelerando anche oltre la California: martedi scorso a Omaha (Nebraska) decine di persone sarebbero state arrestate in uno stabilimento per la lavorazione della carne.
Gli studi legali sono al lavoro giorno e notte per proteggere le aziende loro clienti, informandole, innanzi tutto, sui comportamenti da tenere in caso ricevano la visita non gradita degli agenti dell’Ice: verificare di avere un mandato giudiziario firmato, stilare un elenco di tutto ciò che i funzionari sequestrano dal luogo di lavoro e documentare chi viene trattenuto o portato via.
La campagna contro l’immigrazione tuttavia comporta implicazioni assai più ampie per l’economia statunitense. Anche le aziende che non sono state prese di mira dall’ICE, infatti, finiscono per risentirne, poiché un numero sempre maggiore di dipendenti smette di presentarsi al lavoro per paura di possibili retate. Inoltre, secondo gli economisti, un calo dell’immigrazione negli Stati Uniti in generale rappresenterà un freno alla crescita dell’economia nel suo complesso. L’effetto peggiore, spiega il capo economista di Nomura, non sono tanto le espulsioni quanto i mancati arrivi di nuova mano d’opera: “Il fattore di gran lunga più importante è il calo del numero di persone che entrano negli Stati Uniti, non l’aumento del numero di coloro che escono”. Una contrazione delle forze lavoro di importazione, in un paese che già stenta a trovane, potrebbe avere “implicazioni politiche di vasta portata”, rendendo “meno probabile che la Fed tagli i tassi”.



























