Esistono delle motivazioni economiche o, più in generale, razionali, per istituire delle aziende pubbliche degli enti territoriali? Quali devono essere le ragioni per giustificare l’uscita dalla sfera tradizionale della pubblica amministrazione?
La ricerca risponde a questi quesiti analizzando le strutture regionali e individuando nel Lazio uno specifico case study. L’utilizzo dell‘in house providing ha avuto una larghissima diffusione nella pubblica amministrazione italiana, con le Regioni in prima fila. Il perimetro delle attività si è via via ampliato, dai servizi di utilità pubblica a quelli meramente strumentali e allo svolgimento dell’attività amministrativa, sollevando molte discussioni sull’uso di tale modello organizzativo.
La forma privatistica societaria ha sottratto le imprese in house alle procedure vincolistiche della pubblica amministrazione e i limiti posti dal legislatore hanno sottratto le loro attività alla disciplina e al controllo dell’efficienza economica. Si è formato così un territorio protetto dove scatenare impulsi della politica difficilmente contenibili: le assunzioni clientelari, l’assegnazione discrezionale dei progetti, la spartizione dei posti nei consigli di amministrazione. La ricerca mostra come le aziende partecipate rappresentino un potente veicolo di alimentazione dei costi della politica e intende fornire un contributo al dibattito, prospettando soluzioni per ricondurre queste strutture su un sentiero virtuoso.
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