Le nostre giornate erano scandite da prima e dopo le 17, quando mio marito tornava a casa e i bambini facevano a gara per andare in braccio al babbo. Senza di lui le giornate sono vuote, 24 ore tutte uguali. Quando è successo e dovevano dircelo anche i poliziotti piangevano. Hanno mandato l’unico che non aveva figli. Quando è entrato in casa c’erano le decorazione per la festa del babbo. Quando ci siamo conosciuti aveva smesso di andare sui go-kart. Aveva venduto la moto. Ed è morto sul lavoro.
A parlare è la moglie di un operaio morto mentre svolgeva il suo dovere.
Mi piaceva fare la camionista. Era un lavoro che avevo scelto io. Mi piaceva viaggiare. Mi piaceva quella solitudine. Dopo l’incidente, la carrozzina, la solitudine che ho vissuto non me la sono scelta. Per fortuna ho trovato un compagno fantastico. Ma è una fortuna che non capita a tutti. Lo stile di vita che abbiamo ci impone di correre sempre. Una volta si chiamava mondo del lavoro, oggi mercato perché c’è concorrenza. La responsabilità degli infortuni è di tutti, anche dei lavoratori. Alcuni, quando gli parli di sicurezza, ti dicono che hanno sempre fatto così, che le protezioni non servono, che fanno perdere tempo o sono fastidiose.
A parlare è una lavoratrice del settore autotrasporti rimasta tetraplegica dopo un incidente sul lavoro.
In quel cantiere non c’era nulla di sicuro. Quasi mi sento in colpa. Lavoro in una grande multinazionale della farmaceutica dove la sicurezza è ovunque. Ci sono persino i cartelli che ci invitano a usare il corrimano quando scendiamo le scale. Se potessi tornare indietro porterei via mio padre da quel maledetto cantiere dove non c’era neanche la dignità
A parlare è la figlia di un operaio morto in un cantiere edile.
Sono solo alcune delle testimonianze ascoltate durante l’evento organizzato dalla Fillea-Cgil La Repubblica delle vittime del dovere. Un momento di riflessione per fare capire che dietro i numeri ci sono vite spezzate e vittime collaterali. Che molto spesso l’informazione mette in prima pagina la strage ma si dimentica del singolo lavoratore morto.
Durante l’evento è stato presentato il libro Operaicido, scritto da Bruno Giordano e Marco Patucchi e il primo numero della rivista Sindacato Nuovo edito dalla Fillea. L’evento è stato anche un’occasione di confronto con esponenti della politica come Chiara Gribaudo del Partito Democratico e Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro pubblici e privati, Vittoria Baldino del Movimento Cinque Stelle e Tino Magni di Alleanza Verdi e Sinistra.
Durante l’incontro la Fillea ha ribadito la propria valutazione sul Decreto Sicurezza, da poco approvato dal Consiglio dei Ministri. Per gli edili della Cgil l’introduzione del badge di cantiere è una buona notizia, ma al momento è una misura vuota, che va costruita. Sul fronte controlli, la Fillea denuncia una disorganizzazione e una frammentazione delle ispezioni, con molti enti che quasi sempre non comunicano tra di loro. Gli ispettori, sostiene il sindacato, devono essere ben pagati e gli devono essere rinnovati i contratti, altrimenti vanno sul mercato dove trovano offerte molto più allettanti.
Per la segretaria confederale della Cgil, Francesca Re David, il decreto non incide e non cerca di cambiare un modello di fare impresa che aumenta la precarietà e non incentiva la sicurezza. Non c’è, prosegue, lo stop ai sub appalti a cascata, non si fa riferimento all’istituzione di una Procura nazionale, non viene istituito il reato di omicidio sul lavoro, e non è nemmeno previsto il patrocinio gratuito alle famiglie delle vittime.
Sul Dl Sicurezza Gribaudo ha sottolineato che si poteva fare di più, anche attraverso un confronto parlamentare che non c’è stato.
Tommaso Nutarelli





























