Il dirigente Gr. Gi., assunto da una Spa in data 1 ottobre 2008 e passato in seguito ad altra società del gruppo, venne cautelativamente sospeso il 8 gennaio 2021 e il 25 gennaio 2021 ricevette una dettagliata lettera di contestazione disciplinare. Con essa gli si addebitava di aver operato in palese conflitto di interessi, trattando in qualità di consigliere e poi di presidente di Augusto Spa, nel periodo 2016-2020, un finanziamento da dieci milioni di euro con il sig. To. Gi. e la società ad esso collegata, mentre contemporaneamente intratteneva con lo stesso To. Gi. un rapporto commerciale per la vendita di un quadro di Ha.He. di notevole pregio, tramite un conto corrente svizzero intestato esclusivamente a suo nome . La procedura disciplinare si concluse con il licenziamento per giusta causa in data 9 febbraio 2021.
In sede giudiziale, sia il Tribunale di Milano sia la Corte d’Appello confermarono la legittimità del procedimento: la contestazione fu considerata tempestiva – inviata a soli sette giorni dalla sospensione cautelare – e sufficientemente specifica, poiché descriveva con precisione la condotta contestata e le fonti esterne (tra cui l’istruttoria interna con le attività investigative dell’avvocato) . Ciò permise a Gr. Gi. di conoscere esattamente i fatti e di difendersi con l’assistenza del proprio legale.
In Cassazione, il dirigente aveva denunciato vari vizi, fra i quali:
- Violazione del diritto di difesa per non aver potuto visionare preventivamente le dichiarazioni investigative: la Corte ha richiamato il principio secondo cui la contestazione serve a indicare il fatto, non a produrre le prove, e che è sufficiente menzionare la fonte delle informazioni, come avvenuto .
- Insufficiente specificità perché non era stato contestato il ruolo della moglie nella compravendita del quadro: la Corte ha chiarito che la circostanza aveva valore meramente probatorio, non era un illecito autonomo, e la contestazione avrebbe comunque consentito di ricostruire pienamente il coinvolgimento del dirigente .
- Revoca degli incarichi societari (comitato investimenti e “Power of Attorney”) prima del licenziamento come vizio procedurale: la Cassazione ha confermato che tali misure cautelari, relative a ruoli diversi dal rapporto di lavoro subordinato, non possono inficiare la regolarità del procedimento disciplinare, che attiene esclusivamente al rapporto dirigenziale .
- Astrattezza del conflitto e proporzionalità della sanzione: è stato ribadito che, per i dirigenti, anche un conflitto “solo potenziale” mina il vincolo fiduciario e giustifica il licenziamento senza preavviso; la verifica della proporzionalità rimane riservata al giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità se la motivazione non presenta vizi giuridici consistenti .
La Corte Suprema, con ordinanza 27 maggio 2025 n. 14155, ha quindi rigettato tutti i motivi di ricorso, consolidando i seguenti principi: la contestazione di addebito deve essere inviata con tempestività e descrivere in modo chiaro i fatti e le fonti, senza dover produrre in essa le prove; il diritto di difesa non include un diritto generale alla visione preventiva di documenti esterni; e, soprattutto, nel rapporto dirigenziale anche un conflitto meramente potenziale giustifica il recesso per giusta causa. Questa pronuncia rappresenta un faro per le aziende: ogni addebito disciplinare deve tracciare con chiarezza il fatto contestato e le sue fonti, garantendo al lavoratore gli strumenti per difendersi. Allo stesso tempo la sentenza ha riconosciuto la necessità della sussistenza dell’elevato standard fiduciario richiesto ai dirigenti che col loro agire non deve essere mai compromesso.
Biagio Cartillone