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Home - Blog - Lo sblocco dei licenziamenti è alle porte, serve una “diga” per salvarsi dall’effetto Vajont

Lo sblocco dei licenziamenti è alle porte, serve una “diga” per salvarsi dall’effetto Vajont

di Luigi Agostini
4 Marzo 2021
in Blog
Ministero Lavoro, nel secondo trimestre licenziamenti a +7,4%

Save the Date: 31 Marzo 2021. Il 31 di marzo scade il blocco dei licenziamenti. Tutti gli indicatori, nazionali ed europei, indicano una perdurante e ulteriore caduta di attività.

Una ondata di licenziamenti si prospetta alle porte, e, sommandosi alla disoccupazione attuale, configura nella sostanza, quella che si chiama  una disoccupazione di massa. D’altra parte è difficile pensare che si possa continuare con una specie di Imponibile di manodopera, come insegna la storia degli anni Cinquanta. Tutto lascia prevedere quindi un effetto “Vajont”, per ricorrere ad una immagine indelebile.

La nostra protezione sociale reggerà l’urto di questa nuova ondata, della disoccupazione di massa? La sindemia oltre che premere sulle strutture sanitarie (siamo appena dietro all’America di Trump per il numero dei morti), morde e morderà,  per un periodo non prevedibile, sulle strutture economiche del paese. Anche con il vaccino, come ripetono i più esperti.

La strategia dei ristori, adottata senza una regola definita e con provvedimenti occasionali, sta provocando insieme malessere sociale e macroscopiche ingiustizie: termometro, il balzo nella crescita dei conti correnti di molti italiani. Lo sblocco dei licenziamenti, significherà quindi un salto nella escalation della crisi. Il movimento operaio e sindacale nella sua ricca storia, di fronte alla stagionalità del lavoro, alla incertezza, alle crisi settoriali o anche generali, ha costruito, su basi assicurative, tanti istituti, strumenti di contenimento, di gestione e di governo di questi fenomeni.

La cassa edile e la scuola edile sono esempi emblematici.

Una sindemia, come quella attuale, travalica però tutti questi fenomeni. Per il suo carico di dolore e per i suoi effetti di lunga durata. Le piccole dighe di categoria, costruite su base assicurativa, dovranno cedere il posto alla costruzione di un minimo vitale, di una grande diga. Minimo vitale, valido per tutti, lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi, alimentato per via fiscale. Uguale per tutti, proporzionato e indicizzato alle risorse del paese e in connessione stretta con i progetti di sviluppo, sia nazionali con quelli in discussione con l’Europa, in particolare con il New Generation Eu.

Non quindi “Ristoro” ma “Minimo Vitale”. Non si governa il dopo 31 di marzo con la Cassa integrazione e con gli altri strumenti assicurativi, che hanno un limite sia di risorse che di platea, come tutti i meccanismi assicurativi. Senza quindi un ricorso alla via fiscale e al bilancio dello stato. Sarebbe persino ingiusto, visto che i ristori hanno attinto tutti al bilancio dello Stato, mentre la Sindemia ha effetti sia sistemici che di lunga durata.

Perché dunque questo ritardo dall’approntare la riforma dei cosiddetti ammortizzatori sociali?

Alla base della strategia del sindacato confederale io vedo due errori analitici di fondo. Il primo riguarda la interpretazione della Sindemia, considerata come un fenomeno da mettere in buona sostanza tra parentesi e non come un cambio d’epoca. Il secondo errore riguarda la rivoluzione informatica e la esplosione della potenza di calcolo, interpretata come un processo evolutivo e non appunto come una rivoluzione. La sindemia e le conseguenze di lungo periodo: vedi l’esplosione del lavoro a casa, trasformata  da casa/periferia urbana a casa/mondo. La potenza di calcolo, vera arma in più, rispetto agli strumenti tradizionali che l’umanità ha oggi a disposizione rispetto alla diffusione e interruzione del contagio.

Il primo limite, in simbiosi con il secondo, ha portato a sottovalutare l’infarto produttivo e la conseguente disoccupazione di massa, sia del lavoro salariato che del lavoro autonomo. I due errori analitici stanno alla base della scelta del sindacato di proporre ai lavoratori ed al paese come cuore della sua azione, lo SCHWERPUNKT, direbbe Klausewitz, i rinnovi contrattuali, invece del tema dello sviluppo (vedi la sostanziale inesistenza sindacale sui progetti europei, di ieri e di oggi, come sul tema dello stato innovatore, ecc) e soprattutto del tema dell’approntamento della grande Arca, cioè della riforma degli ammortizzatori sociali, cioè ancora dell’intero assetto della protezione antisindemia, sia del lavoro salariato che del lavoro autonomo, per non lasciare quest’ultimo affidato ai ristori confusi e spesso insensati del governo o peggio ancora, alla Vandea demagogica della destra.

Ma non sono – verrebbe da chiedersi – i lavoratori e pensionati i principali pilastri del Bilancio dello Stato? Ma non sono i lavoratori e pensionati la base di massa dei sindacati confederali e insieme del serbatoio da cui provengono le risorse per i ristori? L’errore micidiale dello sciopero nel pubblico impiego, errore che fa il vuoto politico anche attorno al lavoro industriale, appartiene a questa catena. Sul blocco dei licenziamenti sembra aver agito più il riflesso condizionato del sindacato, che una scelta pienamente consapevole di tutta le implicazioni dello sblocco: un modo anche questo, per mettere tra parentesi la relazione sindemia-disoccupazione di massa.

Prova ne è la messa in sonno della questione della riforma dell’assetto degli ammortizzatori Sociali e del silenzio su tutta la strategia dei ristori. Lo sblocco dei licenziamenti si avvicina e tutto il lavoro salariato trema: tra smartworking e disoccupazione: assediato. Predisporre subito l’Arca prima del Diluvio. Il 31 di marzo è alle porte. Bisogna svegliare le Oche del Campidoglio.

Luigi Agostini

 

 

Luigi Agostini

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