Francesca Novelli – Ufficio Stampa Ugl
Nella regione indiana del Kerala hanno pensato di porre un limite (65 anni) persino al lavoro degli elefanti. Con uno scopo ben preciso, anzi due: il primo evitarne l’estinzione, il secondo porre un termine diverso dalla morte all’impiego di un essere vivente considerato tra i più forti e longevi.
In Italia, come nel resto d’Europa, l’individuazione di un giusto limite alla vita lavorativa e alla tenuta dello Stato sociale sta mettendo a dura prova governi e sindacati. Da noi si era pensato di prendere una pausa di riflessione per poi riavviare il confronto solo dopo le ferie. Ma a causa di un calcolato sfogo del presidente del Consiglio, in una intervista al quotidiano Libero, le polemiche sono ricominciate ancora prima di settembre, ed è difficile stabilire cosa succederà adesso. Soprattutto considerato quanto segue: Maroni vuole gli incentivi, Berlusconi i disincentivi progressivi, Baldassarri i maxi-incentivi, Marzano un limite al cumulo tra stipendio e pensioni, mentre colui che tiene i lacci della borsa, ovvero il ministro Tremonti, non solo continua a stringerli ma si cela dietro un silenzio strategico. Sullo sfondo aleggiano altri fantasmi (blocco delle pensioni di anzianità e allargamento del contributivo) che stanno spingendo i lavoratori ad andarsene prima che sia troppo tardi. Un timore rafforzato dalla ipotesi di un decreto d’urgenza, alla quale hanno ‘sadicamente’ inneggiato Cazzola e Brunetta.
Oltre alla scarsa coincidenza di vedute, ciò che sembra destare maggiore preoccupazione tra tutti i sindacati, dalla Cgil fino all’Ugl, è la convinzione del Governo che quella delle pensioni sia solo una questione di equilibri interni alla maggioranza. Dimenticando però il buon senso a cui ha fatto appello il vicesegretario generale dell’Ugl, Renata Polverini, ricordando quanto sia sbagliato “fare i conti senza l’oste”. Per l’Ugl il Governo si sta esibendo in veri e propri ‘salti mortali’ che spaziano dalla delega agli incentividisincentivi. Ha detto il segretario generale Stefano Cetica che “diventa imprescindibile l’indizione di un tavolo di confronto”, ma solo quando il Governo saprà finalmente “cosa vuole fare davvero con la previdenza”. Si tratta di una difesa d’ufficio della delega? Assolutamente no, perché anche questa contiene elementi inaccettabili, come la decontribuzione e il conferimento obbligatorio del Tfr.
La prima rappresenta per Cetica una vera e propria contraddizione: se il problema è la spesa, non si comprende come mai si possa proporre una riduzione degli oneri previdenziali tale da minare il bilancio degli enti. Quanto alla seconda se è certamente necessario far decollare la previdenza complementare, resta difficile convincere un lavoratore che mettere tutto il suo Tfr nei fondi pensione sia un vero affare. Per questo l’Ugl ha chiesto che il conferimento del Tfr sia spontaneo ed esplicito, lasciando libera la scelta del gestore a cui affidarsi e ponendo una duplice condizione al Governo: aumentare il tasso di democraticità e di trasparenza nella gestione dei fondi, con una più ampia rappresentanza dei sindacati, e la garanzia del rendimento.
Ma, fuori dalla delega, si parla anche di allargamento del contributivo, che per Renata Polverini rappresenterebbe una misura ad effetto negativo dirompente per le rendite, “considerata la falsa partenza dei fondi pensione e la continua ascesa del lavoro precario, che riduce e polverizza i versamenti incidendo ed erodendo paurosamente le pensioni del futuro”. Per quanto riguarda l’innalzamento dell’età pensionabile, l’Ugl lo considera un falso problema. Il sottosegretario Alberto Brambilla (lo stesso che ha rivelato l’infondatezza dell’allarme sulla spesa pensionistica) ha dimostrato che non sono i lavoratori a scegliere di abbandonare il lavoro appena raggiunta l’età pensionabile, ma sono i datori di lavoro a servirsi delle pensioni di anzianità per ‘razionalizzare’ il personale.
Se il sogno di una notte di fine estate del presidente del Consiglio è una riforma strutturale delle pensioni da inserire dentro la Finanziaria 2004, il punto debole di questo desiderio sta, in primo luogo, nell’assenza di un vero confronto tra le parti. Confronto indispensabile, non perché le pensioni siano un tabù, ma perché rappresentano un istituto la cui valenza è essenzialmente sociale. Qualcosa di molto simile ad un principio. O, meglio, un diritto; oggi riconosciuto persino agli elefanti.