Le malattie professionali sono patologie che insorgono a causa dell’esposizione prolungata a fattori nocivi presenti nell’ambiente di lavoro. Diversamente dagli infortuni che si verificano all’improvviso, queste tecnopatie si sviluppano lentamente e progressivamente, ed è spesso difficile identificarne l’origine lavorativa. Ne consegue che, ai fini del riconoscimento della malattia professionale, la legge prevede che il lavoratore dimostri il nesso causale tra l’attività lavorativa svolta e la patologia sopraggiunta. Questo legame è indispensabile per ottenere le tutele previste dalla legge, come l’indennizzo da parte dell’INAIL o l’eventuale risarcimento a carico del datore di lavoro.
Tuttavia, non occorre che l’onere della prova sia fornita con certezza assoluta ma secondo il principio del “più probabile che non”, ossia è sufficiente dimostrare che è più ragionevole credere che la malattia sia stata causata dall’attività lavorativa piuttosto che da altri fattori. Nella maggior parte dei casi, il giudice, per un’analisi più approfondita, dispone una consulenza tecnica d’ufficio, prassi utilissima per l’accertamento del nesso causale. Il CTU esamina la documentazione medica e le condizioni lavorative, fornendo un parere tecnico sulla possibilità che la malattia sia correlata o meno all’attività professionale.
Un caso recente, nel settore portuale, ha visto il tribunale di Napoli esprimersi proprio in merito
all’importanza della corretta valutazione del nesso causale. I familiari di un lavoratore, deceduto a causa di un adenocarcinoma polmonare per la presenza di amianto sul luogo di lavoro, hanno chiesto e ottenuto il risarcimento del danno, sostenendo che la malattia fosse riconducibile alla prolungata sovraesposizione a sostanze tossiche durante l’attività lavorativa, quando la vittima svolgeva appunto la mansione di gruista all’interno del porto di Napoli.
Il giudice nella sentenza, dopo un’attenta valutazione della documentazione in suo possesso, ha accertato che il portuale, nell’espletamento del suo servizio, veniva frequentemente messo nelle condizioni di trasportare imballaggi contenenti materiale cancerogeno. L’adenocarcinoma polmonare, conosciuto anche come “tumore non a piccole cellule”, è una neoplasia che contrariamente al mesotelioma, non è direttamente riferibile all’amianto, ma avendo caratteristiche multifattoriali, è stato stabilito nel caso di specie, che presentava comunque un collegamento tra chi ha contratto questa patologia e l’esposizione alle fibre di asbesto.
La tutela della salute sul lavoro è un diritto fondamentale sancito dalla Costituzione, la quale pone in capo al datore, l’obbligo di adottare misure (preventive) idonee a garantire un ambiente di lavoro salubre e sicuro. Ciò nonostante, il mondo del lavoro spesso nasconde insidie che impattano direttamente sulla vita delle persone e non possono essere assolutamente sottovalutate. Pertanto, quando si sospetta che una determinata condizione patologica sia legata all’attività professionale, è essenziale agire tempestivamente per raccogliere le prove del nesso causale, al fine di ottenere il riconoscimento dei propri diritti e, a seconda dell’agente patogeno che ha causato il danno biologico, accedere ai benefici assistenziali e previdenziali previsti dalla legge.
Dott. Felice Magarelli (Osservatore SSL)


























