Un addio ufficiale e irreversibile: così Sergio Marchionne ha commentato la lettera con cui la Fiat annuncia formalmente l’uscita dalla Confindustria a partire dal 1 gennaio 2012. ‘’Non siamo gente da dentro e fuori”, ha seccamente chiosato l’ad del Lingotto a chi chiedeva se ci fossero possibilità di ripensarci. No, Marchionne non è uomo da sliding doors. E la presa di distanze dal sistema confindustriale è totale. A renderla necessaria, spiega ancora Marchionne, sono state le ultime scelte dell’associazione rispetto alle nuove intese sui contratti, in particolare la lettera sottoscritta dalle parti sociali il 21 settembre scorso: un rafforzamento dell’accordo del 28 giugno, secondo i firmatari; un elemento che rischia al contrario di snaturare l’impianto della nuova legge, quella contenuta nell’articolo 8 della manovra varata in agosto dal governo, secondo la Fiat. Le parole che Marchionne usa sono inequivocabili nella loro durezza: “Con la firma dell’accordo interconfederale del 21 settembre – si legge nel testo della lettera inviata a Confindustria – è iniziato un acceso dibattito che, con prese di posizione contraddittorie e addirittura con dichiarazioni di volontà di evitare l`applicazione degli accordi nella prassi quotidiana, ha fortemente ridimensionato le aspettative sull`efficacia dell`articolo 8. Si rischia quindi di snaturare l’impianto previsto dalla nuova legge e di limitare fortemente la flessibilità gestionale”. E la Fiat, insiste, “non può permettersi di operare in Italia in un quadro di incertezze che la allontanano dalle condizioni esistenti in tutto il mondo industrializzato”. Di qui, l’addio: “una decisione importante – conclude Marchionne – alla quale non possiamo sottrarci perché non intendiamo rinunciare a essere protagonisti nello sviluppo industriale del nostro paese”. Dunque, un j’accuse durissimo al sistema confindustriale, accusato di frenare addirittura la corsa delle imprese alla competività’.
A cui però Viale dell’Astronomia risponde per le rime: Confindustria – è la replica affidata al Comitato di Presidenza – “è un’associazione volontaria di liberi imprenditori. Prendiamo atto delle decisioni della Fiat pur non condividendone le ragioni, anche sotto il profilo tecnico-giuridico”. Secondo il Comitato di presidenza, “l’ampia condivisione delle parti sociali intorno all’accordo del 28 giugno è la migliore garanzia che le innovazioni previste potranno trovare ampia e diffusa applicazione nel tessuto industriale italiano”. Confindustria, sottolinea la nota, “ha sempre agito e continuerà ad agire a sostegno della competitività di tutti i suoi associati, piccoli, medi e grandi, senza mai rinunciare ad inserire la propria azione in una visione dell’interesse generale del Paese”. Del resto, la stessa lettera della Bce di agosto, resa nota dal Corriere della sera solo pochi giorni fa, sottolineava come unico elemento positivo in una Italia prevalentemente allo sfascio proprio l’accordo del 28 giugno: quello che, secondo Marchionne, verrebbe però snaturato dal “supplemento” firmato dalle parti sociali tre mesi dopo. La Bce, al momento in cui è stata scritta la lettera, non poteva ovviamente tenerne conto; ma sarebbe interessante sapere se la banca centrale europea condivida l’opinione dell’ad Fiat, o piuttosto quella di Confindustria.
Ma il problema più urgente, ora, è capire quante imprese potrebbero decidere di seguire la strada aperta dalla Fiat; alcune voci danno per probabile che più d’una, soprattutto tra le aderenti a Federmeccanica, potrebbe decidere di abbandonare l’associazione guidata da Emma Marcegaglia. E’ quello che sostiene un illustre ex di Confindustria come Innocenzo Cipolletta: “Fiat è l’emblema di Confindustria. Questa uscita è proprio un trauma, una notizia storica. Oggi è la Fiat, domani altre aziende potranno farlo”. Altre voci, peraltro, legano direttamente l’uscita di Marchionne alla nomina, tra qualche mese, del nuovo presidente che dovrà sostituire Emma Marcegaglia nella primavera del 2012. In pole position viene infatti dato il presidente di Federchimica Giorgio Squinzi, che ha fama di ‘’colomba” nei confronti dei sindacati, Cgil compresa: quindi, diametralmente opposto alla filosoFiat dello scontro duro e all’ultimo sangue. Una tesi che in qualche modo trova riscontro nelle parole con cui il bocconiano Giuseppe Berta, storico dell’industria e profondo conoscitore sia del sistema confindustriale che di quello Fiat: l’addio del Lingotto, spiega il professore, “avrà forti ripercussioni sul sistema confindustriale che, già lo scorso anno, ha dovuto fare i conti con la nascita di Rete Imprese Italia”. E “certamente la spinta delle grandi imprese verso l’autonomia contrattuale esce rafforzata. Ecco perchè Confindustria – osserva – sarà costretta a rivedere il suo ruolo”. Quanto alle ripercussioni sulla partita per l’elezione del successore, Berta non ha dubbi: “penso che il prossimo presidente sarà un presidente più lontano da Torino e dai metalmeccanici e più vicino ad Assolombarda”. Il che potrebbe portare con se’ anche la fine di quel braccio di ferro infinito tra Fiat e Fiom che ha caratterizzato gli ultimi decenni. E non sarebbe affatto un male.