“Fatemi migliorare il costo di utilizzo degli impianti e alzerò i salari, possiamo arrivare al livello della Germania e della Francia”. Lo ha detto Sergio Marchionne in una lunga intervista a Repubblica, in cui l’amministratore delegato della Fiat fa un mea culpa per aver “sottovalutato l’impatto mediatico di questa partita” e scommette sulla partecipazione degli operai agli utili, anche se “prima di parteciparli – dice – gli utili dobbiamo farli”. Ho sottovalutato, ha detto, “un sindacato che aveva obiettivi politici e non di rappresentanza di un interesse specifico”. La Fiom, afferma, “ha costruito un capolavoro mediatico mistificando la realtà, ma non c’è riuscita”.
Marchionne difende la sua tesi. “Sono convinto – dice-che le nostre ragioni siano ottime, ma non sono riuscito a farle diventare le ragioni di tutti”. “Mi sembrava chiaro: io lavoratore posso fare di più se mi impegno di più, guadagnando di più”. “E invece – dice – ha preso spazio la tesi opposta, il diritto semplicemente ad avere”.
Il manager ribadisce di non voler “togliere nulla di ciò che fa parte dei diritti dei lavoratori”. “Ma qui – sostiene – si parla d’altro: la Fiom è scesa in guerra non per i diritti, ma per il suo ruolo di minoranza bloccante, perché qui salta l’accordo interconfederale secondo cui chi non ha firmato beneficia delle protezioni del contratto senza mai impegnarsi a rispettarlo”.
L’intesa Mirafiori non si tocca. Nel referendum “le urne hanno detto che il sì ha avuto la maggioranza, il discorso è chiuso, anche se dentro quella maggioranza molti cercano il pelo nell’uovo”. Adesso, dichiara Marchionne, “comincia il mio compito, ci sono due voti che mi preoccupano: quello di chi ha votato no su informazioni sbagliate e quello di chi ha votato sì per paura”. “Voglio convincerli, spiegare chi sono”.
Nell’intervista il numero uno della Fiat rispedisce poi al mittente l’accusa di non credere a Torino. “Non ho mai fatto un investimento di così pessima qualità per l’azienda come quelli di Mirafiori e Pomigliano, questo vuol dire crederci”. Il nuovo contratto, prosegue, investirà anche Melfi e Cassino, perché “non c’è alternativa, non possiamo vivere in due mondi”. (LF)
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