Giorgia Meloni si porta avanti con il lavoro. In attesa che Nando Pagnoncelli consegni a palazzo Chigi il sondaggio Ipsos sulle “paure degli italiani”, la premier si è inventata una nuova Paura. Con la P maiuscola. Esattamente come il suo amico Donald Trump. L’occasione è arrivata con l’omicidio dell’estremista di destra, suprematista bianco e stella nascente del movimento MAGA, Charlie Kirk, freddato con un colpo di fucile a Salt Lake City l’11 settembre.
Con il corpo di Kirk ancora caldo, Trump ha immediatamente alzato il livello dello scontro. Ha trasformato il suo seguace in un martire e ha etichettato la “sinistra radicale” come “il partito degli omicidi”. Meloni non è stata a guardare, cavalcando al pari del suo amico la nuova tragedia americana. Ha rilanciato su X un’immagine pubblicata su Instagram da Osa nazionale (Opposizione studentesca d’alternativa) in cui si vedeva una foto di Kirk a testa in giù con la scritta “-1” e il commento “A buon intenditore buone parole. Oggi è un giorno meno buio”, e ha messo a verbale: “Questi sono i sedicenti antifascisti. Questo è il clima, ormai, anche in Italia. Nessuno dirà nulla, e allora lo faccio io. Non ci faremo intimidire”.
Poche righe e pochi concetti che condensano la strategia comunicativa di Meloni e della Destra. Con quattro ingredienti. Il primo: una forte e strumentale drammatizzazione, fino a inventare un “clima” che in Italia non si respira visto che, per fortuna, i politici da noi non vengono ammazzati. Il secondo: il classico vittimismo, quello che a settimane alterne prevede l’evocazione di “complotti”. Il terzo: l’individuazione del nemico, vale a dire la sinistra. Il quarto ingrediente: l’ostentazione di coraggio e muscoli di mussoliniana memoria, condensato nel “non ci faremo intimidire”.
Sono bastate poche ore per capire che la sortita dell’eroica Meloni non era frutto di un moto di commozione o di empatia verso Trump, ma era figlia di una precisa strategia. Luca Ciriani, che per il lavoro che fa dovrebbe mediare visto che è ministro ai Rapporti con il Parlamento, ha pensato bene di rispolverare le Brigate Rosse, il clima degli anni Settanta e ha paragonato e messo sullo stesso piano mitragliette e polemiche parlamentari. Roba da ridere, se non ci fosse da piangere.
Ma ecco le parole dell’esponente di Fratelli d’Italia: “Ieri in Senato abbiamo assistito a pagine vergognose con il M5s che ha rivolto accuse false e violente al ministro degli Esteri. Nei giorni scorsi, un partitino come Italia viva ha attaccato la presidente del Consiglio nella vita intima di madre. Poi negli Usa viene ucciso un ragazzo di 31 anni, un influencer conservatore, e qualche intellettuale in tv dice che in fondo se l’è meritata. Sono gli stessi ragionamenti che si sentivano ai tempi di Sergio Ramelli e delle Brigate Rosse o frasi come ‘Sono compagni che sbagliano’. Questo è il clima che si sta creando in questo Paese. Ed è così solo perché il governo funziona”.
Matteo Renzi, che aveva sollevato il caso del viaggio a New York di Meloni con la figlia, non ha apprezzato di essere paragonato a un brigatista. E ha bollato Ciriani come “delirante”, parlando di “gesto immondo” e chiedendo le dimissioni del ministro. La segretaria del Pd, Elly Schlein, è stata più tenera: “E’ un attacco inaccettabile, Meloni pensi a governare senza imitare Trump”. Cosa che alla premier riesce, in realtà, con una certa difficoltà.
Così, mentre il premio Pulitzer Percival Everett a New York predicava prudenza (“Servirebbe un passo indietro, invece Trump sta cavalcando la tragedia di Kirk”), il partito di Meloni è accorso compatto a difesa di Ciriani continuando a cavalcare, appunto, la tragedia americana. E si è nuovamente cimentata nell’impresa sabato scorso, al congresso Udc, la stessa premier: “L’odio e la violenza politica stanno tornando drammaticamente una realtà e la sinistra giustifica l’omicidio di Kirk”.
È una propaganda inquietante, che dimostra come Meloni intenda soffiare sul fuoco infischiandosene del benessere emotivo dei cittadini. Non è infatti un toccasana per le coronarie e per l’ansia degli italiani evocare le Brigate rosse e gli omicidi politici che hanno segnato tragicamente la storia patria, proprio nelle ore, nei giorni, nelle settimane in cui già devono cibarsi la guerra in Ucraina, i droni russi sulla Polonia, lo sterminio del palestinesi a Gaza, i bombardamenti di Netanyahu a Doha e soprattutto Trump che frantuma l’Occidente e spinge Russia, Cina e India ad abbracciarsi in un nuovo afflato di amicizia e fraternità.
La ciliegina sulla torta è che questa propaganda non è solo strumentale e malefica. Grava anche sulle tasche dei cittadini. Nelle ore in cui Ciriani e i suoi Fratelli evocavano, senza nessuna ragione o motivo concreto la tragica epopea brigatista, il ministro degli Interni Matteo Piantedosi ha pensato bene di “aggiornare i livelli di protezione delle personalità politiche e istituzionali del Paese”. La traduzione: scorte potenziate per tutti gli esponenti del centrodestra. La ragione: far finta di prendere sul serio e rendere più realistico l’allarme lanciato da Giorgia & Co.
Piantedosi, del resto, è stato messo al Viminale da Meloni anche per questo. La paura, da che mondo è mondo, è il carburante della destra. E tra poco si vota in sette Regioni.
Alberto Gentili