“Non c’è alcuna prova che sostenga l’ipotesi presentata sulla base delle testimonianze” e questo comporta che le ricerche debbano continuare, sostiene un rapporto presentato domenica alla stampa nel Paese.
Affermando di avere una verità storica, la procura messicana aveva concluso lo scorso anno che, nella notte tra il 26 e il 27 settembre 2014, decine di studenti della scuola di Ayotzinapa che si erano impadroniti di un bus per manifestare, erano stati attaccati dai poliziotti del comune di Iguala insieme alla criminalità organizzata. In seguito gli studenti erano stati consegnati dai poliziotti al cartello dei Guerreros Unidos, che sospettavano appartenessero a un gruppo rivale. Poi, sempre secondo il procuratore – che citava le confessioni di un esponente del cartello – gli studenti erano stati uccisi e poi bruciati per quattordici ore, prima che le loro ceneri fossero disperse in un fiume.
Secondo un professore dell’Università del Queensland (Australia), Jose Torero, membro del Giei, una tale cremazione avrebbe in realtà avuto bisogno di sessanta ore e bruciato la vegetazione circostante, mentre sul posto sono state trovate solo tracce di un piccolo incendio. Sarebbero inoltre state necessarie 30 tonnellate di legna o tredici tonnellate di pneumatici.