Paolo Nerozzi e’ oggi senatore del Pd, ma alle spalle ha una lunghissima carriera nel sindacato che lo ha portato fino alla segreteria confederale della Cgil. Un interlocutore adeguato, dunque, per analizzare le mutazioni della Fiom di Maurizio Landini rispetto al passato.
Alcuni osservatori sottolineano un parallelo tra la Fiom degli anni Settanta e quella odierna, soprattutto per quanto riguarda un particolare appeal nei confronti di intellettuali e movimenti. E’ corretto?
Dipende: da un lato, direi che paragoni di questo tipo non si possono fare, perche’ sono differenti sia le persone che il periodo storico. Tuttavia, e’ vero che, perlomeno fino all’uscita di Bruno Trentin, sia la Fiom che la Federazione unitaria, la FLM, negli anni sessanta e settanta sono state a lungo un punto di riferimento e di aggregazione. In pratica, era il punto di congiunzione piu’ avanzato tra i movimenti extraparlamentari di allora, dal Manifesto a Lotta Continua, e il sindacato, che viveva un momento di forte contestazione.
In pratica, mentre le confederazioni, Cgil compresa, erano distanti, e critiche, nonche’ criticate, dai movimenti, la Fiom ci andava d’accordo, e’ cosi’? e per quale motivo?
Perche’ la categoria ha un appeal diverso da quello della confederazione. E questo però dipende anche dalla stessa Cgil: nel periodo in cui a capo della confederazione ci sono stati prima Bruno Trentin, e quindi Sergio Cofferati, la comunità degli intellettuali guardava alla Cgil come a un punto di riferimento e a un interlocutore. E la Fiom passava in secondo piano. Claudio Sabattini, pur forte come leader sindacale dei metalmeccanici, non ha avuto quel potere aggregante che in quegli anni ha avuto invece la Cgil.
Oggi la situazione sembra capovolta, la Fiom e’ sempre piu’ protagonista.
La nuova situazione e’ uno specifico e grande merito di Landini, ma segna anche, nel contempo, una mancanza della Cgil. Un discorso a parte meritano i movimenti odierni, quelli che nascono attorno al Duemila, basati sull’impegno civile e la difesa della costituzione, da un lato, e dai no global e dalla mutata condizione giovanile dall’altro. In questo c’e’ una continuità fra la Fiom di Landini e quella di Sabbattini, che nel 2001 porto’ la categoria al G8 di Genova, mentre la Cgil
non partecipo’. Anche per quanto riguarda i movimenti in difesa della giustizia e della costituzione la Fiom oggi occupa uno spazio che, ai tempi di Cofferati, occupava la Cgil, schierata in quegli anni al fianco dei movimenti costituzionalisti.
Negli anni di cui lei parla i simboli erano Oscar Luigi Scalfaro, o anche Nanni Moretti. Oggi Travaglio, Santoro, Anno Zero.
Sono infatti movimenti forse piu’ mediatici che di massa, che nascono dalla tv. E che anche per questo conferiscono visibilita’.
Lei crede che Landini potrebbe gettare le basi per il fantomatico partito del lavoro, che carsicamente riaffiora come ipotesi, magari a sinistra della sinistra?
Non credo. A differenza del suo predecessore, Gianni Rinaldini, che aveva in mente un partito del lavoro, come del resto lo aveva anche lo stesso Cofferati, l’attuale leader della Fiom non ha caratteristiche ‘’partitiche”, ma anzi, accentua l’aspetto sindacale. In questo, Landini ha un tratto assolutamente originale, riesce ad essere nel contempo movimentista e sindacalista tradizionale e rigoroso; mentre credo abbia un assoluto disinteresse per un partito del lavoro, progetto del resto defunto con l’uscita di scena di Cofferati.
Quindi sbaglia chi legge il dinamismo della Fiom odierna e del suo leader in un’ottica politica?
Sbaglia, e infatti non ne capisce la ragione profonda del successo, la sua modernita’: essere un movimento sindacale ma anche civile, senza essere un movimento politico, in senso partitico.
Pero’ il rapporto di Landini con il mondo dei partiti e’ stretto: Vendola, Di Pietro, sono interlocutori abituali, e Giuliano Pisapia, neo sindaco di Milano, ha scelto il palco della Festa Fiom di Sesto San Giovanni per la sua prima uscita pubblica di massa dopo la vittoria elettorale..
Landini dialoga con tutti, anche con il Pd di Bersani. Ma sono i partiti che lo cercano, non lui che cerca i partiti, e’ la politica che si avvicina alla Fiom, non viceversa. Ed e’ questa la sua forza. Inoltre, in questo periodo la gente ha bisogno di leader ‘’semplici”, in cui si possa riconoscere. E’ il motivo per cui ultimamente cresce la popolarita’ di Bersani ed e’ il motivo per cui alle recenti amministrative hanno vinto outsider, persone ‘’normali”. E’ finita la stagione dei super eroi, e’ il momento delle persone normali, e Landini appartiene a questa categoria. Ma, come ho gia’ detto, non credo che abbia alcuna intenzione di buttarsi in politica. Il che non significa pero’ non fare politica, con altri strumenti. In questo, e’ piu’ vicino a Trentin che a Cofferati.
Eppure, c’e’ chi vede somiglianze proprio tra la leadership di Landini e quella di Cofferati.
Nel tratto sindacale Landini e’ simile a Cofferati. Dialoga con i padroni, molto piu’ di quello che si immagina. In particolare, con una nuova generazione di padroni quarantenni del Veneto, dell’Emilia Romagna. dell’Emilia Romagna. E nella Fiom si sta insediando la stessa generazione, quella dei quarantenni, portando ai vertici un gruppo dirigente molto piu’ giovane che in passato.
Il limite, tuttavia, e’ che la Fiom, per quanto in auge, non e’ la Cgil: e fare la guerra con un incrociatore non e’ come farla con una corazzata. In ogni caso, l’autunno sara’ un banco di prova. I movimenti di massa nati in questi mesi inizieranno la loro azione, a cominciare dai precari. La Fiom e’ gia’ in quel filone, la Cgil e’ un po’ un passo indietro. E del resto, anche Lama, nel ’68, non capi’ i movimenti, a differenza della Fiom.
Nunzia Penelope