L’Italia ha bisogno di una manovra correttiva? Lo spettro di un nuovo intervento viene escluso da tutti, ma il timore non è fondato sul vuoto. Il bollettino della Bce è stato molto preciso al riguardo affermando che i conti pubblici italiani non sono in linea con le promesse fatte. E’ in pericolo il raggiungimento del rapporto deficit/Pil del 2,6%, obiettivo al quale il nostro paese si era impegnato con il Patto di stabilità. Il rallentamento dell’economia, per quanto comune un po’ a tutti i grandi paesi dell’Unione, non ha aiutato il nostro paese, che si trova adesso in difficoltà, perché il rallentamento delle entrate fiscali, al di là dei motivi tecnici, allarma chi attende il riallineamento almeno tendenziale del rapporto debito/Pil.
Pier Carlo Padoan all’Ecofin in programma a Milano oggi e domani ha subito rassicurato i nostri interlocutori, assicurando che, nonostante l’aggravarsi della situazione economica, manterremo i patti. Il punto è che l’economia non decolla non perché il destino sia cinico e baro, ma, Mario Draghi è stato molto chiaro al riguardo proprio ieri, perché mancano gli investimenti. La Bce, ha detto il suo presidente, non può fare tutto, sono i governi che devono intervenire. E il discorso torna qui prepotente alle riforme, perché gli esecutivi questo devono fare. L’Italia ha avviato il suo ciclo di riforme, ma il processo sembra in qualche modo inceppato. Non è un caso se cominciano a filtrare da Bruxelles dei commenti negativi sul nostro governo, prodigo in promesse di intervento, ma poi al momento di tirare le somme, abbastanza fermo.
Le riforme, sempre le riforme. Che non procedono, stentano. Quella sul lavoro sta rischiando un blocco da veti incrociati. La commissione Lavoro del Senato sta procedendo speditamente nell’esame del disegno di legge delega, ma è stata rinviata alla prossima settimana la discussione sull’articolo 4, quello che parla dell’introduzione del contratto a tutele crescenti. E’ lì che l’ala destra della maggioranza, Scelta civica e Nuovo centro destra, vorrebbe inserire la norma che in pratica cancellerebbe l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori prevedendo di sostituire il reintegro con un indennizzo economico in caso di licenziamento. Ma su questo il Parlamento è bloccato. Se una norma del genere dovesse essere approvata dalla Commissione lavoro del Senato infatti sarebbe la commissione lavoro della Camera a respingerla, come ha puntualizzato Cesare Damiano, presidente della commissione della Camera. C’è in pratica il rischio di un ping pong tra i due rami del Parlamento che significherebbe nei fatti il blocco della riforma.
E’ evidente che è il governo a dover intervenire, ma la scelta non è facile, soprattutto perché la tentazione di un taglio gordiano alla questione, togliendo di mezzo l’articolo 18, può affascinare il premier, al quale spetterà l’ultima parola. Non è un caso se Draghi ha indicato la Spagna come esempio virtuoso perché ha varato leggi a favore delle aziende che consentono adesso di prevedere una ripresa degli investimenti, in controtendenza con quanto invece avviene in Italia.
Ma alle aziende, italiane e straniere, interessa davvero l’eliminazione dell’articolo 18? La domanda è sempre la stessa. Ieri la Federmeccanica presentando la sua indagine congiunturale trimestrale non ha potuto non segnalare l’andamento negativo della produzione nel primo semestre del 2014, praticamente in linea con quelli dell’anno precedente. Ma ha espresso anche delle speranze per una possibile ripresa, che naturalmente dovrebbe essere legata a un analogo andamento dell’economia tedesca, ma dovrebbe anche essere stimolata da fattori interni alla nostra economia. E a tal fine sono stati chiesti nuovi finanziamenti a disposizione delle imprese, perché senza danari non si parte, ma anche delle regole che rendano il nostro mercato del lavoro “efficiente e inclusivo”. Ora il problema è tutto nell’interpretare questa indicazione. Eliminare l’articolo 19 renderebbe il mercato del lavoro italiano più efficiente e inclusivo? Federmeccanica non l’ha detto e sarebbe stato facile dirlo.
Deciderà, appunto, il governo. Che comunque ha già fatto filtrare la notizia di un possibile abbattimento, anche rilevante, del peso dell’Irap sui contratti a tempo indeterminato. In pratica l’esecutivo, dopo aver reso più appetibili i contratti a tempo determinato con il decreto legge convertito dal Parlamento, vorrebbe premiare chi assume a tempo indeterminato sgravandolo di qualche onere fiscale. Uno sgravio che potrebbe valere anche 5 miliardi se valesse su tutti i contratti esistenti, o 750 milioni se dovesse valere solo per i contratti da stabilizzare. Ma, comunque sia, sembra che l’intenzione del governo sia quella di spingere le imprese ad assumere in via definitiva più tagliando gli oneri fiscali, appunto l’Irap, che rendendo più facile il licenziamento.
Per sostenere le riforme si sta muovendo anche la Cgil che ha in cantiere una giornata di mobilitazione a favore del lavoro, per sostenere in questo ambito anche le riforme, quelle che le piacciono naturalmente. Ed è in programma anche un serio investimento della confederazione per la legalità, tema cui crede fermamente, non fosse che perché i proventi di una lotta vera all’illegalità potrebbero sostenere una vera riforma del lavoro che sia, guarda caso come chiede la Federmeccanica, inclusiva ed efficiente. Iniziative che la Cgil sembra voglia portare avanti da sola, specie quella sulla legalità, senza coinvolgere Cisl e Uil. Un peccato, perché cadrebbe quella spinta verso l’unità delle tre confederazioni che aveva caratterizzato fino a questo momento la segreteria di Susanna Camusso. Da segnalare invece che anche la Fiom ha in programma una mobilitazione contro la deindustrializzazione e a sostegno delle crisi aziendali, sempre più numerose e sempre più cattive. Anche qui è da sottolineare il parallelismo tra questa campagna della Fiom e la richiesta della Federmeccanica per un impegno, uguale a quello di Obama negli Stati Uniti, a favore del reshoring, il ritorno in patria di lavorazioni che sono uscite in cerca di mercati più accoglienti. La difficilissima vertenza della Merloni fu superata positivamente proprio riportando in Italia lavorazioni che erano andate altrove. E la richiesta, della Fiom come della Federmeccanica, è sempre quella di una vera politica industriale che indichi alle imprese dove investire. Perché senza queste indicazioni è difficile che le imprese decidano, al buio, investimenti di sostanza.
Contrattazione
E’ stato rinnovato questa settimana il contratto nazionale di lavoro dei 200mila addetti del settore acconciatura ed estetica. Le trattativa sono durate più di 22 mesi. Altri due accordi sono stati raggiunti per stabilizzare i lavoratori della Linetech Bologna e per prorogare la casa integrazione della Terim, azienda modenese di elettrodomestici. Non è stato possibile invece chiudere la trattativa in atto per rilevare la Shelbox, azienda che produce case prefabbricate. Si aprono prospettive invece per il gruppo Rdb: è stato individuato chi ha vinto la gara per l’aggiudicazione della società. E buone notizie anche dalla Acciai Speciali Terni, perché la Thyssenkrupp avrebbe deciso di non cedere più lo stabilimento ternano. Lo ha reso noto l’ad della Ast Lucia Morselli.
Interviste
Nunzia Penelope ha intervistato per Il diario del lavoro Gianna Fracassi segretaria confederale della Cgil sull’iniziativa che la confederazione intende avviare sui temi della legalità.
Opinioni
Su Il diario del lavoro Fernando Liuzzi si sofferma sul cambio al vertice della Ferrari tra Luca di Montezemolo e Sergio Marchionne, rilevando come l’azienda modenese potrebbe agire da traino per tutto il gruppo, il motivo vero questo che ha portato al divorzio con Montezemolo.
Note
Due note su Il diario del lavoro. Emanuele Ghiani riferisce dell’ultima rilevazione trimestrale congiunturale di Federmeccanica, mentre Fabiana Palombo spiega la decisione dei sindacati degli edili di Cgil, Cisl e Uil di opporsi al decreto Salva Italia del governo, a loro avviso non in grado di risollevare il settore in profonda crisi.
Documentazione
E’ possibile consultare su Il diario del lavoro il testo del Rapporto Istat sulla produzione industriale, il Rapporto della Comunità europea sulla competitività e il bollettino mensile della Bce.