Morta la concertazione, il sindacato è tornato alla rivendicazione. Se il governo, non solo Renzi, ma tutti i governi, non vogliono più comandare anche con l’ausilio del sindacato, poco male, il sindacato comunque esiste, ha il compito di rappresentare e difendere i diritti e gli interessi dei lavoratori, iscritti o non iscritti che siano alle confederazioni, e quindi avanza delle rivendicazioni nei confronti del governo su quegli stessi temi su cui l’esecutivo non vuole aprire tavoli di concertazione.
Una buona risposta del sindacato che esce così dal cono d’ombra in cui la fine della concertazione l’aveva cacciato. Invece di piangersi addosso, come hanno fatto per qualche mese, le confederazioni hanno alzato la testa e hanno avanzato le loro richieste. Su due punti, il fisco e le pensioni, temi importanti, sui quali il governo ha già detto di voler intervenire. Il sindacato ha avuto il buon gusto di non presentare piattaforme rivendicative lunghe un chilometro, come si faceva negli anni settanta e per tanto tempo dopo. Hanno individuato due temi, molto ampi, ma comunque solo due e su questi hanno deciso di concentrare gli sforzi.
Adesso parte la battaglia più difficile, perché una richiesta, per avere valore politico, deve avere una risposta e non è detto che il governo, che non vuole fare concertazione, accetti un contraddittorio del genere. E del resto il sindacato non può far finta di niente, nel caso in cui non avesse nessuna risposta dall’esecutivo, sarebbe indispensabile in tal caso passare dalle parole ai fatti, come si deve fare sempre. Nel caso specifico dovrebbero cominciare le pressioni, non solo politiche, però, ma anche fatte a suon di scioperi, magari anche di scioperi generali. E il governo Renzi, pur forte di quel 40,8% delle europee, non è detto gradisca di finire sulla padella di un braccio di ferro costruito a suon di scioperi generali. E non a caso, del resto, il sindacato ha deciso che la prima cosa da fare, prima ancora di portare le rivendicazioni decise al governo, sarà quella di riannodare, quanto più strettamente sarà possibile, il legame con i lavoratori. Da adesso alla metà di settembre partiranno una serie di assemblee in tutti i posti di lavoro per spiegare ai lavoratori il senso, politico e pratico, delle loro rivendicazioni, perché sia forte poi il sostegno che sarà chiesto nel momento in cui si passasse alla maniera forte, agli scioperi, generali o altro che siano.
Il sindacato fa il suo mestiere, ma anche il governo non sta con le mani in mano. Il consiglio dei ministri sta passando, mentre queste note vengono scritte, il provvedimento sulla pubblica amministrazione. Una riforma difficile, ma ineludibile, perché proprio il peso della burocrazia è tra gli intralci più forti tra quelli che frenano la ripresa. A pochi anni da quella voluta da Renato Brunetta ecco un nuovo tentativo di disboscare quella foresta che pesa come piombo sulle ali della ripresa economica. I sindacati, convocati a Palazzo Vidoni alla vigilia del varo, hanno criticato aspramente il disegno del governo. Di certo c’è da dire che l’attenzione con la quale questa riforma interviene sui dirigenti pubblici potrebbe essere la carta vincente, perché se è vero che esistono lavoratori pubblici fannulloni, come amava dire Brunetta, è molto più vero che la dirigenza pubblica non è mai stata all’altezza del compito che pure avrebbero dovuto esercitare, di guida nei confronti degli impiegati. Solo la pratica potrà dirci se quella scelta è la via giusta per ridare forza alla pubblica amministrazione.
Da segnalare ancora la rottura del dialogo tra sindacati e Fiat per il rinnovo del contratto aziendale. Una rottura inattesa, perché restava solo il tema del salario a dividere le parti e, anche se le distanze tra le due posizioni erano notevoli, tutto faceva credere che alla fine la voglia di chiudere questa vertenza l’avrebbe avuta vinta sui numeri. Così non è stato e, paradossalmente, Fim e Uilm si trovano adesso sullo stesso fronte della Fiom, con la quale hanno sempre dissentito. Un motivo in più forse perché tutti smettessero di dividersi e cercassero l’unità tra di loro. Più facile a dirsi che a farsi, però, perché il fossato che si è scavato tra le sigle metalmeccaniche è molto profondo, colmarlo sembra un’operazione molto complessa, con la quale, purtroppo, nessuno è davvero intenzionato a cimentarsi.
Contrattazione
Contrattazione difficile in questi tempi di crisi. Due le rotture di negoziati registrate questa settimana. Quella alla Fiat per il rinnovo del contratto aziendale e quella per il rinnovo del contratto nazionale degli edili. Ma è partita male anche la trattativa per la gestione degli esuberi Alitalia, alla base dell’ingresso dei finanzieri arabi. Le cronache parlano di “clima teso” tra le parti, ma un nuovo incontro è stato fissato per il 16. E non va bene nemmeno nel dialogo avviato alla Innovhub, considerando che l’azienda sta chiedendo indietro i salari accessori elargiti negli ultimi dieci anni. Un accordo è stato registrato tra Confimi Impresa e i sindacati per consentire alle associazioni aderenti di procedere alle intese territoriali.
In settimana è stata avviata una vertenza alla Danone, che ha deciso di chiudere tre stabilimenti in Europa, tra i quali anche quello di Casale Cremasco dove lavorano 352 persone. Da segnalare ancora l’avvio della procedura per attivare la cassa integrazione alla Thales Alenia Space per 350 lavoratori. Infine, la Piaggio Aero: dopo il referendum dei lavoratori, favorevole all’intesa raggiunta, anche la Fiom si prepara a firmare l’accordo.
Interviste
Emanuele Ghiani ha intervistato per Il diario del lavoro Walter Schiavella, segretario generale del sindacato degli edili della Cgil, sui motivi che hanno condotto alla rottura della trattativa in corso per il rinnovo del contratto nazionale.
Note
Il diario del lavoro pubblica una lunga nota di Fernando Liuzzi che si sofferma sulla realtà dell’industria italiana, mettendone in luce le difficoltà dopo tanti anni di crisi, ma anche i possibili vie di uscita da questa drammatica situazione.
Documentazione
Il diario del lavoro pubblica il testo della relazione di Fabio Storchi, presidente di Federmeccanica, all’assemblea della sua organizzazione. Sempre su Il diario del lavoro è possibile leggere il testo del documento di rivendicazione votato dagli esecutivi Cgil, Cisl e Uil sui temi del fisco e della previdenza, il testo dell’accordo Confini Impresa, l’analisi Confcommercio sulla realtà del terziario, l’indagine rapida del Centro studi Confindustria sulla produzione industriale.