Il titolo di questa newsletter potrebbe suonare cosi: “Come disarticolare lo Stato in poche e semplici mosse”. E questa la direzione che stanno prendendo alcuni degli ultimi provvedimenti governativi. La prima di queste ‘’mosse’’ è la cosiddetta autonomia differenziata. Termine decisamente ostico, di quelli che inducono il lettore a saltare a piè pari e andare direttamente alla pagina successiva; e forse è anche per questo che il tema è pochissimo noto all’opinione pubblica.
In estrema sintesi, l’autonomia differenziata è quella cosa per cui alcune regioni faranno valere quanto loro concesso dall’articolo 117 della Costituzione grazie alla riforma, targata centro sinistra, del 2001: e cioè la possibilità di decidere in proprio su alcune materie. Non poche: sono 23 in tutto, e vanno dall’istruzione alla sanità, al lavoro, alle infrastrutture (strade, autostrade, ferrovie, aeroporti, ecc), ambiente, protezione civile, e perfino beni culturali.
Al momento le regioni che stanno trattando col governo per questa autonomia particolare sono tre, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Due governate dalla Lega, una dal Partito democratico. Diverse per colore politico, ma accomunate da un diffuso benessere e da una economia che va. Ed è su questo punto che si sono accese le prime critiche, cioè sulla possibilità che le regioni ‘’ricche’’, nella nuova autonomia conquistata, sottraggano risorse a quelle, ben più povere, del sud. In realtà non sembra nemmeno questo il vero cuore della questione: c’è un problema a catena che determina un processo di disarticolazione del Paese. Sulle risorse, e sulla loro distribuzione, infatti ci si può anche accordare. Il principio alla base è più grave, ed è quello per cui, procedendo su questa strada, finirebbe quell’unità dello stato che va avanti da oltre 150 anni, a favore di una frammentazione di territori delimitati dai confini regionali che ricorderebbero molto gli ‘’staterelli’’ pre-Unità d’Italia.
Non è solo questione di scuola e sanità. Come una coppia che si separa, lo Stato e le diverse regioni stanno trattando su come dividersi, se non i beni, quanto meno la loro gestione: a chi vanno strade e autostrade? A chi i treni, gli aeroporti, ma anche il cenacolo di Leonardo e la pinacoteca di Brera, il parco della Val Camonica o la Certosa di Pavia? E dove si fermerà la faccenda, se oltre alle tre regioni già in ballo, ce ne sono altre interessate e attesa, tra cui il Piemonte? Ridendo e scherzando, potremmo prima o poi ritrovarci col Granducato di Toscana, col Regno delle due Sicilie, o col Lombardo-Veneto: come da lontani ricordi di scuola media.
Oltre a creare ‘’cittadini di serie A e di serie B”, c’è anche un rischio concreto che riguarda il mondo del lavoro: la diversificazione delle regole, infatti, riguarda sia le politiche attive, ma anche, come ha avvertito in settimana la Cgil, la stessa contrattazione. Che a quel punto non sarebbe più nazionale a tutti gli effetti, ma divisa per territori. Vale la pena di infine, inoltre, che le riforme costituzionali bocciate dal referendum del 2016 prevedevano, tra l’altro, di riportare in capo allo Stato alcune competenze, e in particolare quelle sulle politiche del lavoro: proprio per ottenere una gestione più efficace rispetto all’attuale, parzialmente condivisa con le varie regioni e del tutto inefficiente. Ma gli italiani col referendum hanno detto ‘no’, e quindi, alla fine, forse gli va bene così.
E veniamo ora alla seconda mossa ‘’scassa Stato’’, vale a dire agli effetti collaterali di Quota 100. Erano attese molte migliaia di domande di pensionamento, e infatti stanno arrivando. Quello che non era previsto è che moltissime arrivano non dal settore privato, ma dal Pubblico impiego. I primi numeri parlano chiaro: 14 mila delle 42 mila domande già registrate arrivano da dipendenti pubblici, contro 15 mila dal privato. Un dato tanto più significativo se si considera che i lavoratori privati sono 15 milioni, contro gli appena tre milioni nel pubblico.
Il rischio è che nei prossimi tre anni si svuotino gli uffici pubblici, con effetti deleteri per le funzioni dello Stato, per i servizi, a partire da scuola e sanità. All’Inps le domande di pensionamento sembra siano già 700, a Roma, dove il lavoro pubblico domina per la presenza dei Ministeri, sono oltre 3.300. Anche i dati nord-sud sembrano in controtendenza. La maggior parte richieste sta arrivando dal mezzogiorno, senza una corrispondenza con la proporzione sull’occupazione. L’ ipotesi è che si tratti di sessantenni che hanno perso il lavoro e che contano di avere almeno la pensione.
Se questi primo trend saranno confermati, oltre ad una pubblica amministrazione che fa acqua da tutte le parti, piena di buchi di personale anche in ruoli chiave, salterebbe dunque anche l’ipotesi, molto cara al governo, di uno scambio automatico tra pensionamenti e assunzioni.
Quindi, riassumendo, secondo questo schema dovremmo in prospettiva avere uno Stato più egoista e frantumato, meno efficiente, e -come non bastasse- anche nuovamente proprietario/gestore di importanti pezzi di industria, come lascia intuire la ‘’nazionalizzazione’’ di Alitalia e l’intenzione di Cdp di entrare nel capitale di Tim. E non è esattamente quello che si definirebbe un quadro rassicurante.
(In chiusura, vogliamo ricordare Stefano Patriarca, morto ieri a Roma. Stefano era un caro e vecchio amico, molto vicino a tutti noi del Diario del Lavoro, testata alla quale di tanto in tanto collaborava. La sua competenza in materia previdenziale, di lavoro, di welfare era preziosa, e ci mancherà, come ci mancherà, moltissimo, la sua amicizia).
Nunzia Penelope
Contrattazione
Questa settimana è stata varata la piattaforma per il rinnovo del contratto nazione del settore pelli e ombrelli. I sindacati di categoria chiedono un aumento di 115 euro per il settore delle pelli e di 110 euro per il settore ombrelli.
Interviste
Fernando Liuzzi ha intervistato Giampiero Castano, il dirigente che per undici anni ha diretto al Mise la task force sulle crisi aziendali, e al quale Luigi Di Maio non ha rinnovato l’incarico. Nell’intervista, Castano racconta la sua esperienza con otto ministri di diverso orientamento politico e traccia un bilancio dei successi e delle sconfitte nelle diverse crisi, dall’Ilva all’Alcoa.
Analisi
Maurizio Ballistreri si chiede se la manifestazione unitaria dei sindacati del 9 febbraio rappresenti un nuovo inizio per una stagione di mobilitazione e di rinnovamento al vertice, oppure se alla fine non sia che un fuoco di paglia, destinato a durare poco.
La nota
Giuliano Cazzola ricostruisce il pensiero e l’attività di Stefano Patriarca, in un ricordo, anche personale, dell’economista e caro amico scomparso ieri a Roma.
Fernando Liuzzi ha seguito il seminario organizzato dalla Cgil sull’autonomia differenziata, che fa il punto, allarmante, sul provvedimento attualmente in discussione che potrebbe ”spaccare” l’unità d’Italia.
Il guardiano del faro
Marco Cianca riprende il tema dell’opposizione tra popolo e élite, una contrapposizione che sembra riguardare trasversalmente più aspetti della realtà, dal Festival di Sanremo al Parlamento europeo.
Il blog del diario
Giuliano Cazzola prende spunto dall’’’incidente’’ del premier Conte al parlamento Europeo per osservare che, ormai, anche per i ruoli politici vale una sorta di ‘’autocertificazione’’.
Roberto Polillo interviene sulla proposta dell’ “autonomia differenziata” in discussione in questi giorni, spiegando cosa comporterebbe per il settore, delicatissimo, della sanità pubblica.
Alessandra Servidori bacchetta la “ministra misogina’’ della Salute, Giulia Grillo, per aver sostanzialmente azzerato la componente femminile nelle nomine degli esperti all’Istituto superiore della Sanità. E questo proprio mentre il parlamento Ue approva una importante risoluzione sulla parità di genere.
Diario della crisi
Nel settore dell’editoria, i vertici dell’agenzia di stampa Askanews hanno chiesto la Cassa integrazione. Dura la condanna da parte del comitato di redazione per questa decisione. Nel tessile è stata raggiunta al Mise l’intesa per i 269 esuberi di Stefanel. L’azienda ha presentato il piano di riorganizzazione come richiesto nei precedenti incontri. Cgil, Cisl e Uil di Roma e Lazione hanno incontrato l’assessore al Lavoro per fare il punto sulle aree di crisi di Frosinone, Rieti e Colle Ferro.
Nel settore delle telecomunicazioni la Sirti ha annunciato 883 esuberi, pari al 20% della forza lavoro. I sindacati di categoria chiedono subito un tavolo di confronto.
Documentazione
Questa settimana è possibile consultare l’analisi costi-benefici e la relazione tecnico-giuridica degli esperti nominati dal governo sulla Tav, il focus dell’Istat sulla condizione dei pensionati negli anni 2016-2017 e la traccia della relazione di apertura al seminario Cgil sull’autonomia differenziata.