Renzi prova davvero a fare sul serio. Dopo la riforma delle istituzioni, dopo quella del lavoro, ha aggredito la pubblica amministrazione. Per ora solo un annuncio, la riforma vera e propria verrà solo a metà giugno, ma è già abbastanza per capire dove si vuole andare. Una mossa importante, perché la cattiva gestione della pubblica amministrazione è sempre tra i grandi handicap che affliggono il nostro paese, tra le cause del mancato arrivo in Italia degli investimenti esteri.
E’ servito un certo coraggio nel presentare questa riforma. Coraggio perché farlo a nemmeno un mese dalle elezioni è stato quanto meno temerario. E’ vero che i contorni veri dell’intervento si conosceranno solo dopo le elezioni, ma anche solo l’avvio di una riforma di per sé provocherà un allarme e questo comunque potrebbe rivelarsi un boomerang.
Renzi però è stato attento a non generare problemi. Non a caso ha detto che il motivo della riforma non è da cercare nella spending review: non si rivede il sistema per fare cassa, ma per togliere inefficienze, per far funzionare la macchina, che mostra difficoltà fortissime a muoversi. E subito dopo ha aggiunto che non sono previsti esuberi. Cottarelli li aveva enumerati, più o meno 85mila, aveva detto, il presidente del consiglio lo ha smentito. Anzi, ha detto che potrebbero liberarsi anche 100mila posti eliminando la pratica del trattenimento in servizio. Per cui chi ha l’età va in pensione e viene sostituito da un giovane. La staffetta generazionale che fa sperare tanti giovani.
Sulla riforma vera e propria c’è poco da dire, bisognerà attendere i due provvedimenti annunciati per la metà di giugno, un decreto legge e un disegno di legge. La materia è così delicata che anche le virgole hanno un peso, a volte notevole. Però si può certamente dire che sui dirigenti sembra che Renzi si sia mosso bene, eliminando sacche di inefficienza e introducendo il criterio del merito. Come vale molto anche la volontà di eliminare liti temerarie. Il sistema della opere pubbliche è caratterizzato dall’estrema litigiosità, quando si perde una gara la prima cosa da fare è comunque un ricorso al Tar. Adesso sarà più difficile e comunque solo in alcuni casi il ricorso comporterà il blocco dei lavori avviati, come invece era la regola. Ancora da lodare è il disboscamento di una serie di realtà amministrative, a cominciare da tante prefetture e dalle troppe scuole di perfezionamento nella rincorsa a una sola grande scuola come l’Ena francese. Sempre che non ci sia qualcos’altro dietro. Come viene da temere a proposito della revisione delle authority, che non si vorrebbe fosse dettata dalla volontà di eliminare voci (a volte molto) scomode.
La cosa che più colpisce in quest’annuncio di riforma è comunque la totale emarginazione del sindacato, che nel sindacato è molto forte. Renzi ha detto che per tutto il mese di maggio saranno raccolte le indicazioni di tutti coloro che vorranno esprimersi su questa riforma, sindacati e lavoratori pubblici, senza nessuna distinzione tra rappresentati e rappresentanti. Il sindacato non si adonterà, ha detto il premier, se sentiremo la voce dei lavoratori: uno sfottò perché una cosa è aprire un sito dove raccogliere gli sfoghi di quanti dei tre milioni di lavoratori pubblici vorranno esprimersi, un’altra aprire un dialogo, consultivo quanto si vuole, con chi quei tre milioni rappresenta. Ma questa è la realtà della non concertazione. E del resto con la riforma saranno anche dimezzati i permessi sindacali.
Vedremo nei prossimi giorni l’eco di questo schiaffo, a cominciare dal congresso della Cgil, in programma a Rimini da martedì a giovedì della prossima settimana. Il congresso non potrà non parlarne, perché a questo punto siamo ben al di là della caduta della concertazione, è la negazione del ruolo dei sindacati, come del resto Renzi aveva annunciato subito. Quello che è certo è che il congresso non avrà come tema forte il dissidio tra confederazione e Fiom sul Testo unico su rappresentanza e contrattazione. Come riferisce Fernando Liuzzi in un articolo su Il diario del lavoro, la Cgil ha reso noti i numeri della consultazione effettuata, dai quali si ricava che gli iscritti alla confederazione hanno dato via libera all’accordo, che adesso è possibile applicare senza più remore.
Il tema del congresso dovrebbe invece essere quello della profonda crisi del sindacato e in generale dei corpi intermedi, resa ancora più manifesta dall’atteggiamento di Renzi anche in occasione di questa ultima riforma. Il diario del lavoro ha avviato un’analisi di questa crisi, alla ricerca delle possibili vie di uscite, per cercare di capire quale può essere il futuro del sindacato. Questa settimana Massimo Mascini ha intervistato Carlo Dell’Aringa, Tiziano Treu, Cesare Damiano. Nei prossimi giorni, sempre su Il diario del lavoro, ci saranno altri autorevoli interventi.
Contrattazione
Due gli accordi firmati in questi giorni. Il primo tra Telecom e i dirigenti del gruppo, che hanno deciso di devolvere una parte della loro retribuzione (e altrettanto farà l’azienda) a sostegno dei lavoratori in solidarietà. Il secondo alla Piaggio per l’assunzione di un centinaio di lavoratori in somministrazione per far fronte a un picco di lavoro.
Documentazione
E’ possibile consultare su Il diario del lavoro il testo dell’accordo per la Piaggio, il testo del decreto legge per la riduzione dell’Irpef e due testi per la riforma annunciata della pubblica amministrazione, la lettera del governo ai lavoratori pubblici e il testo del comunicato di Palazzo Chigi con l’indicazione dei principali capitoli della prossima riforma.