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Newsletter – 6 novembre 2020

redazione
Novembre06/ 2020

Lo stallo in cui si trovano molte trattative per rinnovi contrattuali ci dicono una cosa con grande chiarezza, che le relazioni industriali sono a una vigilia di trasformazione. Il sistema in vigore scricchiola sempre di più. Annaspa, non ce la fa a risolvere i problemi. La pandemia è alla base di queste evidenti difficoltà, perché ha gettato un faro di luce sulla realtà e ha fatto risaltare le deficienze. Anche il massiccio ricorso allo smart working, tanto lodato, ha fatto emergere difficoltà e lacune. È necessario un giro di boa, un cambiamento, e questo deve essere abbastanza radicale, perché i piccoli interventi non possono risolvere i grandi problemi.

Cambiare, allora.  Il problema è dove farlo e come. Sicuramente deve cambiare l’approccio al salario. Sono settant’anni che tutta la politica salariale gira attorno all’inflazione, per capire come misurarla, come attenuarla, come recuperarla. Sono stati spesi decenni attorno al sistema di scala mobile, anche qui per instaurarla, correggerla, poi abolirla. Adesso l’inflazione non c’è più, i governi studiano come attivarla. Il Fondo monetario ha detto che al nostro paese servirebbe un’inflazione almeno al 2%, forse anche più alta, fino al 5%. Una bestemmia solo qualche anno fa, quando tutte le energie erano spese per attenuare il fenomeno. Ma questa è la realtà, solo che la politica salariale è ancora al campionato precedente. Gli alimentaristi stanno litigando per un incremento salariale di poche decine di euro e per tanti settori di questo grande comparto non c’è pace proprio a causa di queste decine di euro in più al mese. Lo stesso vale per i metalmeccanici, che non hanno ancora stabilito se sia meglio ridare i pochi soldi per recuperare l’inflazione prima che questa si verifichi o solo dopo. Francamente, sembrano battaglie di retroguardia.

Alessandro Genovesi, il segretario generale degli edili della Cgil, parlando giovedì alla Scuola di relazioni industriali, ha ricordato l’importanza della crescita salariale, come leva per far crescere la domanda interna, sempre un po’ asfittica, e perché agisca sulle decisioni delle imprese spingendole ad accrescere la produttività per recuperare i maggiori costi, quindi a realizzare nuovi investimenti. Quella che Paolo Sylos Labini chiamava la “frusta salariale”, proprio perché agiva come incentivo sulle imprese. Questo è sicuramente vero, ma va impostata una strategia differente dal passato, che riesca a far crescere davvero la produttività, la vera spina nel fianco del nostro sistema produttivo, dal momento che è ferma da trent’anni o almeno da trent’anni non cresce a sufficienza.

Come riuscirvi, resta il nodo da sciogliere. Gli imprenditori credono che la via maestra debba essere la contrattazione aziendale, indicazione che sembra sensata, dal momento che è in azienda che si possono aggredire i fattori di ritardo e inefficienza. Ma la contrattazione resta appannaggio di un numero limitato di imprese, perché tutte le piccole e gran parte delle medie aziende non la praticano e non la praticheranno. Si potrebbe tentare con la contrattazione territoriale, regionale o cosa altro. Anche questa sembra un’indicazione sensata, perché la produttività non è solo quella di impresa, pesa e spesso molto di più, la produttività di sistema, e questa si modifica solo con le grandi, o le piccole se in chiave regionale, riforme strutturali. Ma sono le grandi imprese, quelle che fanno già contratti d’azienda, a temere che per questa strada si arrivi a un terzo livello di contrattazione. E per arrivare alle grandi riforme strutturali non basta l’ottimismo della ragione, serve una comunione di intenti che solo con uno sforzo corale è possibile realizzare.

Abbiamo parlato di salario, ma lo stesso discorso può valere per l’orario di lavoro. Si discetta sempre di più se si debba parlare di orario di lavoro o non invece di tempo di lavoro. La diffusione dello smart working ha gettato una luce sulla possibilità di cambiare la realtà del lavoro, che sia sempre più prestazione di opera e non di ore lavorate. Si fa crescere la produttività diminuendo i tempi di lavoro, ricorrendo quanto possibile a part time, che siano però volontari, con una rivisitazione profonda dell’organizzazione del lavoro. Il lavoro cresce, si modifica, ma tradurre queste intuizioni in una politica dell’organizzazione del lavoro appare impresa assai difficile. Luciano Pero sul nostro giornale più volte ha spiegato l’importanza di cambiare drasticamente la politica degli orari, appunto per ridurli e per diffondere il part time, ma solo qualche grande e illuminata azienda ha tradotto queste idee in una pratica. Anche qui serve una coralità di interventi che solo una regia accorta e generalizzata potrebbe realizzare.

Questi ragionamenti portano sempre allo stesso punto, all’urgenza di una grande patto triangolare che unisca gli sforzi di istituzioni e parti sociali per cambiare le carte in tavola. Tutti lo evocano, tutti pensano sia necessario, manca sempre la spinta iniziale. Ci deve pensare il governo? Forse sì, ma se vuole farlo deve farlo in fretta, perché i tempi sono sempre più stretti. Adesso abbiamo la grande opportunità di poter contare sui fondi che l’unione europea potrebbe metterci a disposizione, meglio usare il condizionale perché bisogna meritarseli. Ma, appunto, bisogna decidere e poi agire, con grande fretta.

Massimo Mascini

 

Per i nostri lettori pubblichiamo qui di seguito una scelta delle notizie e degli interventi più significativi apparsi nel corso della settimana su ildiariodellavoro.it (Vai al sito per leggere il giornale completo, aggiornato quotidianamente dalla nostra redazione).

 

Contrattazione

Questa settimana è stato firmato tra il ministero dei Trasporti, Rete Ferroviaria Italiana e i sindacati di categoria, Fillea-Cgil, Filca-Cisl e Feneal-Uil, il protocollo per la tutela della sicurezza e dei diritti dei lavoratori. L’intesa prevede la convocazione di incontri periodici, volti al superamento di eventuali criticità in tema di diritti dei lavoratori, di sicurezza, di prevenzione di infortuni, di continuità produttiva del cantiere e del rispetto del cronoprogramma di realizzazione dell’opera. Inoltre, già dalle prime fasi progettuali, verranno individuati gli obblighi dell’appaltatore a tutela dei lavoratori, per poi essere definiti nella successiva fase di progettazione definitiva e consolidati nel Piano della Sicurezza e Coordinamento posto a base di gara. I sindacati dei trasporti di Cgil, Cisl e Uil hanno inviato al ministero del Lavoro e al Cnel il protocollo, sottoscritto con le associazioni datoriali del settore, relativo all’applicabilità del contratto logistica a tutti i rider: nel documento sono previsti un orario minimo di lavoro, abolizione del cottimo, paga base, integrazione salariale in caso di malattia, ferie e maternità/paternità. Nel settore delle Tlc, Vodafone e i sindacati di categoria hanno raggiunto l’accordo per disciplinare lo smart working. L’intesa entrerà in vigore dopo la fine dell’emergenza Covid e prevede l’adozione del lavoro agile nella misura dell’80% dell’orario di lavoro mensile per i dipendenti impegnati nelle aree di assistenza al cliente e del 60% per i dipendenti delle restanti aree aziendali.


Analisi

Alessandra Servidori fa il punto sul Rapporto 2020 del Cerved e Confindustria, dove emerge che il Covid-19 ha già avuto, e continuerà ad avere, un impatto senza precedenti sui conti delle PMI, con ricadute molto pesanti sugli indici di redditività dell’economia italiana.

Paolo Feltrin analizza gli effetti che lo stato di emergenza, causato dal covid, ha avuto nell’ambito della decisione politica, gli interessi organizzati e i territori.


Interviste

Tommaso Nutarelli, con due interviste, sonda la situazione di alcune regioni relativamente all’emergenza economica e sociale innescata dal Covid. Alessio Ferraris, segretario generale della Cisl Piemonte, parla di numeri preoccupanti, con le terapie intensive sotto pressione, osservando che la Regione, durante l’estate, non si è preparata per affrontare al meglio la seconda ondata. L’emergenza sanitaria, secondo Ferraris, impone il ricorso immediato al Mes, e le risorse del Recovery Fund sono un’occasione imperdibile. E su Confindustria afferma: “con queste premesse difficile arrivare a un nuovo patto di coesione sociale”. A sua volta Daniela Barbaresi, segretario generale della Cgil Marche, descrive un’economia regionale pesantemente in affanno, sempre più simile a quella di certe aree del sud, e aggravata dall’emergenza sanitaria. Il Mes, anche per Barbaresi, è una necessità, dimostrata dal fatto che per affrontare la seconda ondata mancano, al momento, terapie intensive, medici e infermieri. Quanto alla scuola, secondo Barbaresi ha agito da acceleratore del virus, ed è mancato un piano di riserva. Riguardo all’atteggiamento muscolare della Confindustria di Bonomi, la segretaria delle Marche replica che “il sindacato è pronto a rispondere con fermezza per difendere il contratto nazionale”.


Il guardiano del faro

Marco Cianca racconta il disagio crescente di una società bisognosa di cure e sorveglianza. L’ugualitarismo indotto dal covid non si è tradotto in un comune sentire, in un senso di appartenenza alla medesima caducità, ma sta alimentando sospetti, divisioni e diseguaglianze.


I blog del Diario

Adriano Fabris analizza i comportamenti sfuggenti dei decisori di fronte al nuova ondata di pandemia: nel momento in cui un secondo lockdown rischia di bloccare di nuovo molte attività produttive del nostro paese, scrive il filosofo, e nell’approssimarsi di una situazione di cui sappiamo già bene le pesanti conseguenze, assistiamo a uno spettacolo nel quale quasi nessuno – e quel qualcuno lo fa solo se costretto – vuole metterci la faccia.

Tommaso Nutarelli afferma come tanto le recenti misure del nuovo Dpcm, che disegna tre Italie diverse, quanto il virus, continuano ad alimentare il sospetto, in tutti gli strati della società.

Gaetano Sateriale afferma che per uscire dalla crisi e riunificare il paese occorre, innanzi tutto, allargare la base produttiva e occupazionale. Creare più attività e più lavoro, questo l’obiettivo che deve stare al centro dei progetti di impiego delle risorse europee. E per quanto riguarda il mondo sindacale, Sateriale ritiene sia il momento di una nuova ”svolta dell’Eur”, come quella voluta da Luciano Lama nel 1978.

Sul tema del “confinamento” degli anziani al fine di proteggerli dal virus, scandito nel corso della settimana da forti polemiche tra favorevoli e contrari (tra questi ultimi, anche i sindacati dei pensionati), il Diario del lavoro ha ospitato uno scambio di opinioni tra Pietro Ichino e Alessandra Servidori. Ichino si dice favorevole alla separazione degli anziani dai giovani, misura che ritiene utile a limitare la diffusione del virus tra le persone piu’ esposte e a scongiurare cosi’ un lockdown generalizzato. Di parere opposto Servidori: la separazione “coatta” degli anziani, sia pure per motivi sanitari, sostiene, andrebbe contro la Costituzione e lo stesso buon senso. 

Sull’argomento interviene anche Giuliano Cazzola, che a sua volta boccia l’ipotesi ”vecchi al confino”.

Diario della crisi

Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltrasporti hanno proclamato lo stato di agitazione dei lavoratori del settore delle pulizie, per la ripresa delle trattative per il rinnovo del contratto scaduto da sette anni.

Documentazione

Questa settimana è possibile consultare la Nota mensile sull’andamento dell’economia italiana dell’Istat e i dati del commercio al dettaglio. È inoltre presente il testo del Dpcm del 3 novembre e il protocollo sottoscritto dal ministero dei Trasporti, Rete Ferroviaria Italiana e i sindacati per la tutela della salute e dei diritti dei lavoratori. Infine le proposte della Cgil per l’emergenza sviluppo e la ricerca della Fondazione Di Vittorio sulla questione salariale italiana, che vede il nostro paese molto indietro sul piano retributivo rispetto alle principali economie europee.

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