Innovazione e formazione. Uno slogan vincente che troviamo a ogni piè sospinto in intervite, convegni, dibattiti. L’innovazione è alla base della crescita, dello sviluppo. Non è solo la realtà di Industry 4.0, è un dato di fatto che si è salvato dalla crisi chi ha saputo innovare, chi non si è rintanato nel suo bozzolo ma ha guardato più avanti. E oggi si innova non più solo nel processo, ma anche nel prodotto, con risultati sempre soddisfacenti. E dietro l’innovazione c’è la formazione. Perché dietro le macchine c’è sempre la persona, che deve mandare avanti quella macchina, deve saperla usare al meglio, la deve controllare. Persone che devono essere formate per saper fare queste cose.
Concetti che, appunto, sfondano porte aperte. Se però dire queste cose è facile, farle è un po’ più difficile, e chi ci prova trova ostacoli di non poco conto. Nei giorni scorsi è stato presentato un libro edito da Il diario del lavoro, “La chiave per crescere”: la storia di quindici aziende, per lo più piccole, che, rispondendo a un avviso di Fondimpresa, dopo aver innovato hanno potuto fare anche un’adeguata formazione alle persone che questa innovazione dovevano far vivere. Belle storie, dove si racconta il vissuto di imprenditori che hanno saputo guardare lontano, di formatori che hanno adeguato (finalmente!) la loro azione alla domanda che incrociavano, di lavoratori che, seguendo questi corsi, hanno visto crescere la loro occupabilità, rendendosi così pronti anche rispetto ai momenti difficili che potrebbero incontrare perdendo il posto di lavoro, essendo costretti a misurarsi nel mercato del lavoro.
Ma la realtà, purtroppo, non sempre assomiglia a queste storie, anzi: in genere è molto più dura. La formazione è cambiata sostanzialmente da quando esistono i fondi interprofessionali. Che hanno svolto un lavoro molto importante e utile, perché sono riusciti a cambiare il volto della formazione. Tutti, a partire da Fondimpresa, che, formata da Confindustria, Cgil, Cisl e Uil, è il più forte di questi fondi, intermediando il 50% di tutte le risorse gestite dai fondi stessi. Ma la loro vita non è facile. Il governo, negli anni più duri della crisi, mentre sosteneva la necessità di dare spazio alla formazione perché le imprese fossero pronte nel momento in cui sarebbero uscite dalla crisi, ha pensato bene di prelevare una pesante percentuale delle risorse che i fondi usavano per finanziare la formazione. C’era bisogno di risorse per finanziare la cassa integrazione in deroga, è vero, ma il prelievo -o “il pizzo”, come lo ha definito il segretario generale della Uil Carmelo Barbagallo -è rimasto anche quando l’emergenza si è attenuata. Ma non basta, perche’ anche l’Anac di Raffaele Cantone, nemmeno due anni fa, ha messo i fondi nei guai affermando che i soldi gestiti dai fondi sono pubblici e quindi è necessario che si seguano le norme degli appalti pubblici per le spese più rilevanti. Risultato: una sospensione di tutta l’attività dei fondi per qualche mese, con un danno evidente per la formazione. L’attività contro la corruzione non deve trovare ostacoli, è chiaro, ma anche le esigenze dei fondi dovevano forse essere tenute un poco di più nel conto, cosa che invece non è accaduta.
Invece, proprio l’attività della formazione non dovrebbe trovare ostacoli, dovrebbe essere aiutata in qualsiasi modo. Se la politica, distratta dalla campagne elettorali quasi perenni, non ha tempo, devono provarci le parti sociali, che già solo creando i fondi interprofessionali hanno mostrato di capire bene cosa va fatto. Gigi Petteni, segretario confederale della Cisl, intervenendo alla presentazione del libro del Diario del Lavoro cui abbiamo parlato poc’anzi, ha fatto presente che di formazione ce ne sarà anche tanta, ma sta di fatto che i lavoratori che ne hanno usufruito da un anno all’altro sono calati da 7 al 6,5% del totale. Sono diminuiti, questo è il risultato. Di qui la proposta che Petteni ha lanciato: uno sforzo comune per raddoppiare nei prossimi dodici mesi questa percentuale, in modo che nel 2018, al massimo nel 2019, passino per la formazione non più uno, ma ben due milioni di lavoratori.
Questo, ha assicurato il dirigente della Cisl, significherebbe rispondere alle esigenze delle imprese che vogliono crescere e dei lavoratori che vogliono aumentare la loro occupabilità, la loro professionalità da spendere nella azienda per la quale lavorano o in quella in cui un domani potrebbero lavorare. Promesse da convegno, frasi valide per un applauso in un confronto televisivo? Forse no, perché le parti sociali hanno dimostrato di saper fare, e potrebbero cogliere anche questo risultato.
Contrattazione
Questa settimana è stata siglato il rinnovo del contratto della logistica, scaduto quasi due anni fa e che riguarda oltre 700mila lavoratori. L’accordo, sottoscritto da Filt-Cgil, Fit-Cisl e Uiltrasporti, prevede, per la parte economica, un aumento medio di 108 euro e una “una tantum” da 300 euro. Gli elementi più innovativi riguardano una nuova definizione delle mansioni del personale, per la valorizzarne la professionalità. Il testo prevede inoltre il divieto dei subappalti e maggiori criteri di trasparenza nella scelta dei fornitori. Nel settore edile è stata sottoscritta l’ipotesi di accordo tra Federcasa i sindacati di categoria Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Fpl e Fesica Confsal. L’accordo, siglato dopo due anni di trattativa, prevede, nella parte economica, un incremento mensile di 60 euro, la rimodulazione degli scatti di anzianità, e l’aumento del 2% a carico dell’azienda per la sanità integrativa.
Analisi
Maurizio Ricci fa il punto sulle ‘’aziende zombie’’ che appesantiscono l’economia italiana. Dai numeri riportati nell’articolo, risulta infatti che il nostro paese ha il (macabro) primato europeo di aziende decotte, tenute in vita solo da interessi politici o bancari. Ma non solo: le aziende zombie, in sostanza, tengono in “ostaggio” forze lavoro e stock di capitale, impedendo che vengano destinati ad altre attività con maggior vantaggio per l’economia nazionale.
Alessandra Servidori ha analizzato l’ultimo Rapporto Censis, che illustra le tendenze economiche e sociali del nostro paese. Nella sua lettura, Servidori evidenzia non poche discrasie in diversi studi dell’Istituto, a pochi mesi di distanza. Le aree di maggior interesse e su cui riflettere, indica Servidori, riguardano lavoro e welfare, i due strumenti fondamentali per uscire dalla crisi.
Roberto Polillo tira le conclusioni sugli effetti che la crisi ha prodotto sul nostro paese. Le cicatrici della depressione raccontano di un’Italia impoverita non solo dal punto di vista economico, ma soprattutto sul versante del capitale umano e culturale.
La nota
A dieci anni di distanza dall’incendio alla ThyssenKrupp di Torino, dove nella notte tra il 5 e il 6 dicembre morirono bruciati vivi sette operai, il Diario del lavoro ricorda la strage con un articolo di Nunzia Penelope, nel quale viene riportata la trascrizione integrale della prima telefonata di soccorso, fatta al 118 da un dipendente della fabbrica subito dopo l’esplosione. Una testimonianza terribile, che da sola e’ sufficiente a dare la misura della tragedia.
Fernando Liuzzi fa il punto sulla situazione dell’Ilva, dopo che il ministro Carlo Calenda ha reso noto, via Twitter, il testo dell’ordine del giorno per l’incontro del 20 dicembre, che vedrà la riapertura del tavolo istituzionale per Taranto.
Tommaso Nutarelli ha seguito per il Diario il convegno “A ciascuno il suo welfare”, organizzato da Unipo e Welfare Italia, nel quale si è discusso su come poter pensare un sistema di protezione declinato sui bisogni del singolo, salvaguardando i principi di universalità e equità.
Interviste
Tommaso Nutarelli ha intervistato il segretario generale della Cisl Lombardia, Ugo Duci, a proposito dell’ Impact Report illustrato a Milano mercoledi, che rappresenta, in sostanza, il primo ‘’bilancio sociale’’ realizzato da un sindacato con l’apporto scientifico di esperti esterni.
Il guardiano del faro
Marco Cianca analizza le ultime mosse della Cgil, osservando che i valori espressi dal sindacato guidato da Susanna Camusso dovrebbero spingerlo lontano da qualsiasi appiattimento su un partito piuttosto che un altro. “La Cgil non è di sinistra, la Cgil è la Sinistra”, e’ la sintesi di Cianca.
Diario della crisi
Continua la protesta dei sindacati di categoria e degli operai edili impiegati nei lavori delle concessionarie autostradali contro la norma del nuovo codice appalti, che metterebbe a rischio circa 3.000 posti di lavoro in tutta Italia. Nell’industria alimentare, la multinazionale Froneri, joint venture tra la ErreErre Ice Cream e Nestlè, ha avviato, nello stabilimento di Parma, procedure di licenziamento per 120 unità lavorative e ha disdettato unilateralmente tutti gli accordi sindacali, procedendo a un piano di riorganizzazione che prevede licenziamenti collettivi senza possibilità di appello. È stato così indetto uno sciopero generale di settore nella città emiliana a sostegno dei lavoratori della Froneri. Dopo l’incontro al ministero del Lavoro tra i vertici di Natuzzi, i tecnici del dicastero e del Mise, i funzionari della Regione Puglia, le segreterie nazionali, regionali e territoriali di Puglia e Basilicata di FenealUil, Filca-Cisl, Fillea-Cgil, le Rsu e le segreterie nazionali dei sindacati del commercio Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl, Uiltucs-Uil, l’azienda ha ritirato i 170 licenziamenti e si dice disposta a un rilancio del piano industriale, che coinvolga tutti gli stabilimenti.
Documentazione
Questa settimana è possibile visualizzare i dati Istat sul mercato del lavoro nel III trimestre del 2017, il report sulle condizioni di vita, reddito e carico fiscale delle famiglie nel 2016 e la nota mensile sull’andamento dell’economia italiana. Nella sezione sono presenti anche il rapporto Ocse Pensions at a glance 2017, i dati del Misery Index di Confcommercio, il testo del verbale di riunione di Poste Italiane. Infine, pubblichiamo il testo integrale del 1° Impact Report della Cisl Lombardia e il Rapporto Confcooperative-Censis sulle Imprese 4.0 nel settore.