Sarà, naturalmente, un primo maggio diverso dal solito. Niente comizi, niente concertone a Roma, niente gita fuori porta, niente fave e pecorino. Ma sarà lo stesso una festa, molto sentita. Perché la ricorrenza è forte e la voglia di partecipare grandissima, come ha dimostrato già la ricorrenza della Liberazione la settimana passata, tutti in balcone a cantare Bella ciao. Ma sarà sentita tanto anche perché è grande l’attenzione che tutti noi prestiamo al tema del lavoro. Il danno che la pandemia e il lockdown porteranno all’occupazione sarà fortissimo. Per il momento poco o nulla è cambiato perché il blocco dei licenziamenti e la chiusura della produzione in tanti settori ha ibernato la situazione. Ma appena le cose torneranno a girare sarà chiara l’entità del danno ricevuto. Le stime del resto parlano chiaro, il Pil potrebbe calare dell’8, forse del 9% e mancheranno all’appello almeno 500mila posti di lavoro. Una botta durissima, perché la doppia crisi innescata nel 2008 aveva causato la perdita di un milione di posti di lavoro e buona parte di questi nei successivi dodici anni non era stata ancora recuperata. Adesso che cominciavamo a sperare in una nuova primavera, affrontare il dopo virus sarà impresa difficile.
E il lavoro non sarà più lo stesso. L’organizzazione del lavoro cambierà notevolmente, per mantenere le distanze tra i lavoratori, per abituarsi alle mascherine, ai cambi di turno, di orari. La ripartenza richiederà un surplus di attenzione e di disponibilità al cambiamento per abituarsi alle novità. Che non saranno però tutte negative. Perché alcune delle cose nuove venute in queste settimane resteranno e cambieranno positivamente la nostra vita. Una di queste sarà lo smart working. Prima della pandemia era una cosa riservata ad alcune grandi aziende che avevano cominciato a sperimentarla e, a detta di tutti, si erano trovate abbastanza bene. Adesso questa pratica è, ovviamente, dilagata. La sola Tim, che occupa 45.500 persone, ne ha messe in smart working ben 32mila, un numero immenso.
C’è da dire che quello sperimentato in queste settimane non è lo smart working classico, perché questo prevede che si lavori fuori ufficio, non necessariamente a casa, anche perché restare nella propria abitazione comporta, specie per le donne, un aggravio di competenze che possono anche risultare eccessive. Con il metodo classico si può lavorare da casa, ma anche presso i clienti della propria azienda o in centro di coworking appositamente costituito. Comunque sia, questa innovazione resterà a lungo a caratterizzare il lavoro impiegatizio.
E sarà un fatto positivo perché il lavoro agile comporta un cambiamento profondo del rapporto di lavoro. Non è infatti solo una forma di telelavoro, che appunto è un’occupazione svolta in un diverso ambiente dall’ufficio con l’ausilio di tecnologie informatiche, prevede un cambio di paradigma perché al lavoratore non si chiede più la disponibilità di un certo numero di ore di lavoro, ma un risultato, che viene fissato di volta in volta, che è conseguito secondo i tempi e le modalità che è per lo più il lavoratore stesso a decidere. C’è insito in questo nuovo modo di lavorare un rapporto tutto diverso, che si riverbera anche sulla determinazione del salario, che, appunto, non dovrebbe più essere commisurato alle ore prestate, ma al risultato conseguito. Una crescita positiva che non potrà non fare bene al lavoro. Il numero delle persone che nel prossimo futuro agiranno in smart working non sarà certo lo stesso di quelli che lo hanno praticato durante il lockdown, ma resterà sicuramente molto elevato.
La pandemia ha portato una maggiore attenzione alla persona e questo si riverbererà certamente anche nel campo del lavoro. Più attenzione ai bisogni dei lavoratori, per evitare i contagi, per istruirli sui nuovi compiti che li attendono, per aiutarli a decidere i comportamenti più consoni alle differenti esigenze che si sono create. E proprio per questo ci sarà maggiore formazione, ma anche maggiore attenzione alla partecipazione. Ormai è abbastanza chiaro che siamo tutti su una stessa barca, che peraltro fa acqua un po’ dappertutto, per cui la cosa migliore è aiutarsi a vicenda, parlarsi, capirsi. Le relazioni industriali stanno cambiando sotto i nostri occhi proprio in queste settimane in cui sono stati raggiunti migliaia di accordi a tutti i livelli, per consentire la prosecuzione del lavoro dove era possibile o indispensabile o per facilitare la sospensione del lavoro dove era necessaria. Accordi raggiunti, a sentir parlare i protagonisti, senza troppa fatica, senza dover sormontare gli ostacoli, immensi, che l’incomprensione dei bisogni e dei diritti degli altri causava. Il tratto partecipativo è stata la caratteristica più rilevante di questa nuova stagione. È difficile allora che ci si dimentichi di tutto.
Del resto già gli orizzonti si stanno allargando. Dal nuovo modo di lavorare si sta passando rapidamente a discutere di un nuovo ordine della società, al nuovo corso dei rapporti interpersonali, fino a un nuovo sistema economico. Si moltiplicano gli appelli perché si rivedano assieme i paradigmi che hanno sostenuto le relazioni industriali, ma anche lo stesso sistema economico nel suo complesso. Ce ne ha parlato in questi giorni anche il numero due della Uil, Pierpaolo Bombardieri, che tra poco diventerà il segretario generale. In un’intervista a Il diario del lavoro ha detto senza difficoltà che tutte le certezze macroeconomiche del passato vanno rimesse in discussione, per cambiare il paese. Muterà dunque non solo il modo di gestire il lavoro, ma anche la politica economica e, in primo luogo, la politica industriale, per consentire una crescita equilibrata, capace di declinare la salvaguardia dei diritti fondamentali con le esigenze della crescita economica. Compito molto difficile da portare avanti, perché si verrebbero a toccare, e forse pesantemente, interessi forti e abitudini consolidate, ma forse ineludibile. Certamente questa è l’occasione giusta per rimettere un po’ tutto in discussione, per renderci conto che le cose fino a ieri non andavano tanto bene, che una messa a punto dei fondamentali economici era già prima un dovere. Le ripartenze hanno questo di buono, che dovendo mettere mano al motore, possono diventare l’occasione per una revisione. È difficile dire se ci si riuscirà o meno, ma credo che provarci sia quanto meno doveroso.
Massimo Mascini
Per i nostri lettori pubblichiamo qui di seguito una scelta delle notizie e degli interventi più significativi apparsi nel corso della settimana su ildiariodellavoro.it (Vai al sito per leggere il giornale completo, aggiornato quotidianamente dalla nostra redazione).
José Luis López Bulla, Sergio Cofferati, Joaquim Gonzàlez Muntadas e Gaetano Sateriale, sono i firmatari di un Appello rivolto ai sindacati nazionali ed europei per un’Europa federale, che metta da parta sovranismi e regionalismi, per una politica comunitaria, sul fronte sanitario, economico e sociale.
Contrattazione
Questa settimana i sindacati di categoria, Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti, Ugl Ferrovieri, Fast Confsal e Orsa e il Gruppo Ferrovie, hanno firmato un accordo per la fase due. Il testo prevede alcune misure anti-contagio, come la misurazione della temperatura e il potenziamento degli interventi di sanificazione di mezzi e impianti. Sono state, inoltre, inserite indicazioni in merito all’attività delle biglietterie e dei capitreno. Inoltre alla Azimut Benetti, azienda che produce barche e yacht, è stato firmato un protocollo per la sicurezza. Il testo prevede un’informazione continua al personale, il mantenimento del distanziamento sociale, la fornitura dei DPI e la riorganizzazione degli spazi comuni.
Interviste
Il direttore de Il diario del lavoro, Massimo Mascini, ha intervistato Pierpaolo Bombardieri, segretario generale aggiunto della Uil. Bombardieri spiega come nel prossimo futuro sarà necessario rivedere il modello economico che non ha garantito crescita e rispetto dei diritti.
Tommaso Nutarelli ha intervistato Nicolò Montesi, presidente dell’ANAR, l’Associazione Nazionale Autonoma dei Rider, che racconta come il virus abbia cambiato il lavoro del ciclofattorino, tra vecchie polemiche e nuove opportunità.
Emanuele Ghiani ha intervistato Massimo Masi, segretario generale della Uilca. Masi ha spiegato come il sindacato, assieme alla controparte, ha affrontato tempestivamente l’emergenza Covid-19 nel settore bancario subito dopo il lockdown di inizio marzo. Inoltre, grazie al recente accordo con Abi, le parti si sono riorganizzate per gestire l’intero settore in vista dell’imminente Fase 2.
Analisi
Marco Cianca si interroga per quanto ancora la Costituzione e le libertà che garantisce potranno essere sospese per fronteggiare la pandemia. Per Cianca, Marta Cartabia, presidente della Corte Costituzionale, non ha dubbi: le limitazioni delle libertà sono giustificate solo se adottate per un periodo ben definito.
Il guardiano del faro
Marco Cianca racconta come il prolungato distanziamento sociale stia producendo ferite profonde, inaridendo i cuori. Per timore del possibile untore, si perde l’empatia e il tessuto connettivo della società si indebolisce. E Conte si comporta come un novello Carlo Alberto, con le sue concessioni fatte al popolo, in pieno stile costituzione octroyée.
I blog del Diario
Alessandro Genovesi spiega come una possibile strategia di rilancio di una visione “socialdemocratica” oggi del PD, domani di un più largo fronte democratico, civico e chiaramente ambientalista e socialista, non sia tema che una grande forza del lavoro come la Cgil può snobbare.
Roberto Polillo sottolinea come l’abbondante produzione legislativa del governo Conte poteva avere una sua giustificazione nella fase di insorgenza dell’epidemia, ma non ora, quando ci accingiamo a una fase di convivenza con il virus.
Maurizio Ballistreri afferma come quest’anno la festa del Primo Maggio oscilli tra dolore e speranza. La ripresa delle attività lavorative dopo il lockdown può costituire l’occasione per riportare i temi dei diritti dei lavoratori, dell’occupazione e del welfare state al centro della riflessione pubblica nel nostro Paese.
Alessandra Servidori sottolinea come, invece di criticare sempre l’Unione europea, bisognerebbe prima cosa sapere sta facendo per mitigare l’impatto dell’epidemia di Covid19, per tentare di proteggere le persone e l’economia e promuovere la solidarietà.
Giuliano Cazzola cita Wolgang Schauble per ricordarci che è ‘’assolutamente sbagliato subordinare tutto alla salvaguardia della vita umana” e che la dignità viene prima di tutto.
Tommaso Nutarelli dice come il linguaggio bellico abbia monopolizzato il nostro modo di rapportarci al virus. Ma nella guerra, come atto umano, c’è una dimensione volontaria e consapevole che non si ritrova nel virus, così come in tutti i fenomeni della natura.
Diario della crisi
La Fisascat-Cisl di Roma denuncia la situazione di 1.024 lavoratori del Lazio, esclusi dal processo di internalizzazione degli appalti per la pulizia delle scuole, che sono “in sospensione non retribuita”, senza alcun stipendio.
Documentazione
Questa settimana è possibile consultare i dati dell’Istat su occupati e disoccupati, e il documento sui sistemi di protezione sociale in Italia ed Europa. È inoltre presente il testo del DPCM del 26 di aprile, l’audizione di Bankitalia sul Def e del capo economico dell’istituto, Fabrizio Balassone, l’audizione, sempre sul Def, del Cnel e le 10 proposte elaborate dal Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro per uscire dalla crisi. Infine è presente il testo dell’accordo del Gruppo Ferrovie sulla fase due.