La situazione di Termini Imerese resta estremamente difficile. Ieri governo e sindacati si sono visti al ministero, ma ancora non si trova un investitore che rilevi lo stabilimento Fiat.
Eros Panicali, segretario nazionale Uilm, come è andato l’incontro di ieri?
In parte soddisfacente. Abbiamo ottenuto la possibilità per 380 lavoratori di essere inseriti tra quelli che potranno usufruire delle vecchie regole per la mobilità ed il pensionamento.
Saranno inseriti tra i nuovi 55mila dipendenti a cui sarà permesso andare in pensione con le regole pre riforma Fornero?
Sì, anche se ufficialmente, per averne certezza, bisognerà aspettare settembre. Questo permetterà agli altri 1400 dipendenti di poter usufruire del secondo anno di cassa integrazione straordinaria. La legge, infatti, prevede che per ottenere un secondo ciclo di cigs il trenta per cento dei lavoratori debbano essere messi in mobilità o aver lasciato il posto. C’è però un problema per la Magneti Marelli.
Perché?
I lavoratori di Termini Imerese lavorano per la gran parte per la Sga, ma 130 sono dipendenti della Magneti Marelli. Tra questi non ci sono lavoratori che rientrano nella mobilità. Quando ancora il progetto di Di Risio era valido, il problema non si poneva, perché il 30% dei lavoratori della Magneti Marelli sarebbe stato assunto subito, così da far accedere gli alti al secondo anno di cassa straordinaria. Per risolvere il problema abbiamo chiesto al governo di contare i lavoratori delle due società insieme.
Quale sarà il futuro dello stabilimento ora che il progetto di Di Risio è fallito?
Siamo ancora in alto mare. Si terrà un prossimo incontro a settembre. Il governo ha dei contatti con la Chery, la società cinese fornitrice di Di Risio, che sarebbe interessata all’investimento, ma solamente con un partner. Potrebbe forse rientrare in gioco lo stesso imprenditore molisano con la sua Dr Motors, ma per ora non ha i capitali.
Visto il crollo del mercato dell’auto europeo non sarebbe il caso di cercare investitori anche al di fuori del settore dell’automotive?
Probabilmente sì. Scommettere sulla produzione di auto in Sicilia vuol dire credere in una futura ripresa del settore in Europa o puntare sul mercato del nord Africa. Ma siamo aperti anche ad altre idee.
Non ci si potrebbe ispirare alla cosiddetta Etna Valley, la zona industriale di Catania che, alla fine degli anni novanta, grazie al lavoro fatto con l’Università cittadina, favorì l’insediamento di alcune grandi società multinazionali nel campo dell’elettronica e dei semiconduttori?
Sì, potrebbe essere un progetto a cui ispirarsi, anche se le infrastrutture e la logista del palermitano avrebbero bisogno di molti investimenti.
Cosa si deve fare per attrarre degli investimenti a Termini Imerese?
Servono soldi. La Regione non è ha più. Lo stato centrale sì, ma non si trovano investitori disposti a metterne anche loro. Il problema con di Di Risio è stato proprio questo, non aveva abbastanza fondi.
I lavoratori saranno disposti a concessioni sul fronte contrattuale pure di attirare imprenditori?
È brutto chiedere ancora sacrifici ai lavoratori, ma posso dire che gli italiani sono di buon senso e pur di mantenere il lavoro sono disposti a ragionare su proposte con prospettive serie nel tempo.
Luca Fortis


























