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Home - Approfondimenti - L'Editoriale - Parte male il dialogo governo-sindacati

Parte male il dialogo governo-sindacati

di Massimo Mascini
11 Marzo 2014
in L'Editoriale

Non poteva partire peggio il dialogo tra Matteo Renzi e la Cgil. Il sindacato di Susanna Camusso che protesta perché vede solo annunci senza nessun riscontro, il premier che sostiene candidamente che se il sindacato si metterà di traverso se ne farà una ragione. Nemmeno lo spauracchio di uno sciopero generale sembra avere forza, tutto si perde in poche battute, per lo più su twitter. E non è cosa che riguardi solo la Cgil, perché Renzi mette tutti in un fascio, Cgil, Cisl, Uil, Confindustria e così via. Diciamo che il dialogo con le parti sociali non gli interessa più di tanto. Anzi, non gli interessa per nulla.

Non è il primo, naturalmente. Berlusconi aveva detto che non amava la concertazione, perché preferiva il dialogo sociale, più europeo. Non si capiva però in cosa consistesse questo dialogo, perché nei fatti si limitava a chiamare a Palazzo Chigi i sindacati poche ore prima che il Consiglio dei ministri prendesse le decisioni più importanti, anche quelle che riguardavano temi di stretta competenza delle parti sociali. Monti è stato ancora più avaro e del resto aveva contestato la concertazione già negli anni 90, perfino ai tempi del governo  Ciampi che con la concertazione era riuscito a mettere tutti d’accordo sulle nuove regole per la contrattazione e la rappresentanza. Solo Enrico Letta ha cercato di tenere aperto il dialogo con sindacati e imprenditori, ma anche in questo caso con poca sostanza.

A invelenire il rapporto tra la Cgil e il presidente del Consiglio c’è però in più il fatto che l’unico sindacalista con cui Renzi si è incontrato, già due volte, è stato Maurizio Landini, non esattamente un alleato della Camusso. Non si capisce perché questa preferenza, se il premier veda nel leader dei metalmeccanici Cgil un interlocutore politico, magari in un prossimo futuro, o perché gli riconosce le sue stesse caratteristiche di grande carisma e di presa sulle persone. Fatto è che i due si sono incontrati e si sono certamente piaciuti, al punto che Landini si è sentito di pubblicare sulla Repubblica una lettera aperta che occupava un’intera pagina di giornale nella quale indicava al premier le linee principali di una possibile politica sociale. Quello che avrebbe voluto dire la Camusso a Renzi se questi gliene avesse dato la possibilità.

Il punto è che questo disinteresse verso le parti sociali può causare dei problemi. E’ inutile ricordare il caso degli esodati, perché i sindacati ripetono tutti i giorni che la Fornero avrebbe potuto evitare a se stessa una figuraccia e a tanti italiani un dramma se prima di varare il decreto che rivoluzionava la previdenza avesse sentito chi questa materia conosce bene, cioè i sindacati. Ma è indubbio che in tante materie un dialogo può essere utile, magari anche determinante per muoversi nella direzione giusta.

Ma la concertazione in realtà è un’altra cosa. Non è un favore che la politica può fare alle parti sociali, è uno strumento che è a disposizione di chi governa per farlo meglio e con un costo sociale più basso. Così come è stata realizzata alla fine degli anni 80 e all’inizio degli anni 90 consiste infatti nella possibilità che governo e parti sociali possano trovare degli obiettivi comuni e in vista del raggiungimento di questi obiettivi si impegnano ad assumere determinati comportamenti. Fu determinante la battaglia contro l’inflazione: il governo e le parti sociali decisero che si doveva arrivare a livelli più bassi e tutti si comportarono conseguentemente, il governo calmierò i prezzi, i produttori non alzarono i loro listini, i sindacati moderarono le loro richieste salariali. Alla fine arrivò un risultato importante.

In questo modo è anche più facile ottenere l’adesione della gente, quindi è possibile salvaguardare la coesione sociale. Gli italiani non hanno mai rifiutato i sacrifici, ma hanno sempre chiesto di capire per cosa venivano chiesti. Se, nel caso dei lavoratori, a deciderli sono i loro stessi rappresentanti, tutto è più facile. E la coesione sociale non è cosa da poco per un leader che vuole essere amato, è lo specchio di un paese felice, certamente coeso, e raggiungere questo risultato sarebbe già una gran bella cosa. 

Massimo Mascini

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