Anche nel corso dell’emergenza sanitaria che stiamo vivendo, il settore dei trasporti non si ferma. Se da una parte, come spiega il segretario generale della Fit-Cisl, Salvatore Pellecchia, le attività non essenziali sono state sospese ed è stato rallentato il trasporto delle merci non di prima necessità, dall’altra il trasporto essenziale di persone e di generi alimentari, forniture per gli ospedali e di carburanti viene comunque garantito. Così, per bilanciare il diritto alla salute dei lavoratori con la necessità di garantire la circolazione delle persone e di questi beni primari, sono state adottate fin da subito misure stringenti. Come sottolinea il numero uno dei trasporti della Cisl, accanto al Protocollo nazionale del 14 marzo, il settore dei trasporti ha adottato ulteriori misure, sottoscritte da tutte le parti il 20 marzo, per limitare al massimo le possibilità di contagio e sostenere i redditi dei lavoratori. E sulla logistica, una delle filiere più sotto stress, Pellecchia avverte: “La filiera è in grado di reggere alla pressione, ma le aziende non devono chiedere ai lavoratori di superare i limiti previsti dal contratto. Questo metterebbe a rischio la salute dei dipendenti e, di conseguenza, rischierebbe di bloccare l’intero meccanismo”.
Pellecchia, il settore dei trasporti come si è mosso per salvaguardare sia la salute dei lavoratori, sia il trasporto di tutte quelle merci essenziali?
Il settore dei trasporti è entrato in emergenza già dal 21 febbraio scorso, quando ci era stata comunicata da Ferrovie la presenza di un possibile contagiato su un Frecciarossa. Da quella data ci siamo subito mossi per chiedere misure per la salvaguardia della salute dei lavoratori. Con Ferrovie, fin dall’inizio, avevamo messo a punto delle linee guida per la sicurezza, seguite poi anche in altri paesi, e prima della firma del Protocollo del 14 marzo, abbiamo chiesto la messa in campo di iniziative molto più stringenti contro il contagio. Poi, dopo la firma del Protocollo al livello confederale, noi, assieme a tutte le altre associazioni, siamo arrivati alla sottoscrizione, il 20 di marzo, di un protocollo ulteriore, specifico per il settore dei trasporti, dopo un lungo percorso di confronto con la ministra De Micheli. La nostra priorità è garantire il trasporto dei generi alimentari e di ogni cosa che possa servire agli ospedali e a chi è impegnato in prima linea contro il virus, senza dimenticare assolutamente la salute dei nostri lavoratori.
Nello specifico che misure sono state adottate?
Come prima cosa abbiamo disabilitato tutte le attività non essenziali e abbiamo dato priorità alla circolazione di quelle merci ritenute essenziali. C’è poi l’obbligo, per tutte le aziende, di fornire ai dipendenti i dispositivi di protezione individuale e di formarli per un loro corretto utilizzo. Anche se ci sono state difficoltà nel reperimento. Abbiamo predisposto la sanificazione di tutti i luoghi di lavoro, il distanziamento sociale e una riduzione dei contatti. Naturalmente non per tutti i lavoratori è possibile. Ad esempio nelle sale di controllo, del traffico aereo o ferroviario, sono state predisposte delle barriere di plexiglass tra una postazione e l’altra. È evidente, infatti, che mettere in quarantena un’intera sala di comando avrebbe degli effetti altamente negativi sull’intero traffico. Altrove, invece, è stato possibile limitare i contatti. Nelle stazioni si utilizzano solo le biglietterie automatiche, dove possibile, e il personale addetto al controllo è ridotto, visto che i treni in circolazione sono molti di meno.
A proposito di numeri, può darci un’idea di quanto si sia ridotto il traffico e il personale in servizio?
Guardi, secondo l’orario invernale, dovevano circolare 297 Frecce al giorno, e ora sono 8. Tutti gli altri treni sono sospesi. Sempre nell’alta velocità, dai 116 treni giornalieri di Italo si è passati a 2. Sul versante del trasporto aereo, tutte le compagnie hanno cessato da tempo di effettuare voli, tranne pochissime tra cui Alitalia che, assieme alla Farnesina, è attiva per riportare in patria i nostri connazionali che sono all’estero. Il numero di voli ha ovviamente subito una forte contrazione, passando dai 530 giornalieri previsti ai 100 attuali, che impiegano all’incirca 800 naviganti dei 4.600 normalmente utilizzati. Vorrei inoltre aggiungere che, in un momento del genere emerge tutta l’importanza di avere una compagnia di bandiera. Per quanto riguarda il personale, abbiamo ovviamente incentivato forme di lavoro a distanza. In Anas, su 6.500 dipendenti, 4.300 hanno usufruito dello smart working. Nel Gruppo Fs, su quasi 60mila addetti, 16mila operano da remoto.
La logistica è al momento uno dei comparti più sotto stress. Quali misure sono state adottate per tutelare i lavoratori? Crede che la filiera riuscirà a sopportare l’attuale pressione?
Partiamo dalla sua ultima domanda. Il comparto è perfettamente in grado di reggere lo stress. Tuttavia, non si devono generare situazioni che possono esasperarlo. Nel concreto, gli autotrasportatori, per contratto, possono lavorare per un massimo di 61 ore settimanali. Ora noi sappiamo che alcune aziende hanno cercato di forzare questo limite. Ecco, questo è il genere di episodi che possono mandare in tilt un’intera filiera. La sicurezza dei lavoratori si garantisce anche con il rispetto dei contratti. Anche nel contribuire al varo delle nuove misure abbiamo cercato di ridurre il più possibile i contatti interpersonali. Quindi l’autotrasportatore, se può, non scende quando consegna le merci, così come è stata ridotta all’osso la documentazione da firmare, che poteva essere veicolo del contagio. Sollecitando la ministra De Micheli, ci siamo mossi affinché questi lavoratori potessero usufruire delle aree di ristoro lungo le autostrade, allestendo distributori automatici, per rendere meno duro il compito che devono svolgere.
Oltre a quelli in smart working, molti lavoratori non stanno andando al lavoro. Quali strumenti di sostegno sono stati attivati?
All’inizio c’è stato un ricorso alle ferie non fruite di competenza dello scorso anno. Poi, con il dl Cura Italia, si sono ampliate le possibilità, attraverso i congedi parentali, per chi ha figli. Sono stati inoltre incrementati i giorni di permesso previsti dalla legge 104, per chi ne avesse necessità. Se guardiamo alle singole aziende, nel 1999 è stato previsto con accordo sindacale un fondo di sostegno al reddito in Ferrovie, finanziato da azienda e dipendenti, che prevede prestazioni straordinarie e ordinarie. Fino ad oggi è stato usato solo per situazioni straordinarie, come l’accompagnamento alla pensione ma, in questa fase, abbiamo deciso di impiegare le sue prestazioni ordinarie per sostenere tutti i lavoratori. Lo useremo finché c’è capienza, ma se l’emergenza sanitaria dura ancora dovremo trovare un finanziamento straordinario per quel fondo.
Come prima misura, i 25 miliardi di risorse stanziati dal governo li ritiene adeguati?
I denari messi in campo dal governo servono per garantire il reddito solamente per questa prima fase. È ovvio che ci sarà bisogno di uno sforzo ben più consistente per poter contenere al meglio questa crisi. Ma già ora abbiamo delle criticità, soprattutto nelle piccole aziende che si occupano di handling, di logistica o di pulizie, che non stanno anticipando lo stipendio ai lavoratori in attesa di accedere agli ammortizzatori sociali. Inoltre, non è da trascurare il fatto che la cassa integrazione copre il 70-80% dello stipendio. Dunque, per chi ha un reddito medio-basso, e spesso l’unico che sostiene la famiglia, una decurtazione del 20-30% non è sicuramente un qualcosa di positivo.
In che modo si potrà ripartire?
Dobbiamo aspettare che cali prima di tutto il contagio, poi serviranno misure eccezionali, che al momento è davvero difficile ipotizzare, ma che dovranno raggiungere direttamente le singole persone, mettendogli i soldi in tasca, per così dire. Ferrovie, nel I trimestre, ha perso 250 milioni di euro di fatturato, e stiamo parlando di una realtà in salute. Poi, accanto al fattore economico, ci sarà quello psicologico da superare. Purtroppo, gli eventi hanno segnato anche una delle pagine più drammatiche per le navi da crociera. Quanto tempo ci vorrà prima che le persone decidano di fare nuovamente una crociera senza avere timori? C’è poi la questione dei trasporti transnazionali. La Cina sta uscendo dalla crisi, e noi dovremmo essere tra i primi paesi in Europa a tornare alla normalità, ma ci saranno comunque delle difficoltà per muoversi da stato a stato, visto che altrove la pandemia è solo agli inizi. Questo, ovviamente, andrà purtroppo a rallentare ulteriormente la ripresa economica del nostro Paese.
Tommaso Nutarelli