di Claudio Barone, Segretario generale Uil Sicilia
I sindacati siciliani oggi non possono limitarsi alla tutela degli interessi dei propri iscritti, o in generale dei lavoratori dipendenti nel posto di lavoro. Per essere in grado di dare risposte alle nuove emergenze è necessario avviare nell’isola un nuovo modello di concertazione, che sia innanzitutto più concreta e rapida. Questa consapevolezza nasce dall’esame di quanto è avvenuto e sta ancora avvenendo.
Nell’ultimo anno il sindacato in Sicilia ha dovuto innanzitutto gestire le emergenze che si sono verificate con una frequenza e una virulenza sicuramente senza precedenti. Emblematica la vicenda dello stabilimento Fiat di Termini Imerese, che era destinato alla chiusura. E proprio dalla rimessa in discussione di questa decisione, che veniva presentata come inappellabile, si è sviluppata una battaglia che ha coinvolto, oltre ai lavoratori Fiat, anche la società civile nel suo complesso, riuscendo a far ridiscutere, proprio a partire da Termini Imerse, tutto il piano di riassetto della Fiat a livello nazionale. Con una punta di orgoglio si può dire che la speranza di salvare il settore auto in Italia parte dalla resistenza all’ipotesi di dismissione che c’è stata a Termini Imerese.
Ci sono, poi, i problemi legati al settore che, dal punto di vista dell’export della Regione siciliana, è ancora più significativo di quello dell’auto: la chimica. I problemi di inquinamento ambientale e le vicende giudiziarie a esso correlate hanno creato una miscela esplosiva, per cui si è rischiato di bloccare l’attività del settore. Si era diffuso un senso comune di forte ostilità a questo tipo di produzione, ostilità che non teneva conto del fatto che il 60% dell’export regionale è legato al petrolchimico. L’intervento per ottenere investimenti che mettessero in sicurezza gli impianti e per avviare un programma di bonifica ambientale è fra quelli di maggior impegno della nostra azione sindacale.
Una emergenza diversa è quella legata al bacino del precariato regionale: c’è un parco di 70 mila “giovani” che sono stati nel corso degli anni, e in forza di varie leggi e provvedimenti, inglobati in quest’area che potremmo definire di lavoro nero legalizzato. Si sta cominciando a stabilizzarli, malgrado i problemi legati alle difficoltà finanziarie degli enti che li utilizzano, in particolare gli enti locali.
La formazione professionale è un’altra questione cruciale. La Regione siciliana ha un parco di circa 7 mila formatori, collocati in vari enti, che offrono una formazione certamente più moderna di quella del passato (parrucchieri e saldatori) ma sostanzialmente inadeguata a fornire un supporto utile all’ingresso nel mondo del lavoro. La Uil ha posto l’urgenza di una riforma che riconverta questo apparato alla formazione di base (a catalogo) e liberi risorse per la formazione specialistica, che va gestita essenzialmente dalle aziende.
Infine, in particolare con le categorie del pubblico impiego e dei pensionati, la Uil si sta misurando sui problemi della sanità, non solo dal punto di vista della tutela dei dipendenti ma anche da quello della tutela del cittadino. Riorganizzazione della rete ospedaliera, potenziamento del servizio di emergenza, razionalizzazione della spesa farmaceutica e diagnostica senza tartassare i cittadini con ticket iniqui (per esempio, promuovendo i farmaci generici), questi alcuni degli obiettivi che abbiamo individuato e stiamo lavorando per raggiungerli.
Tutto questo comporta la consapevolezza che il sindacato non può limitarsi alla tutela “corporativa” degli interessi dei propri iscritti o, in generale, dei lavoratori dipendenti nel posto di lavoro. Occorre una strategia del confronto e del coinvolgimento tra organizzazioni sindacali e datoriali con tutti i soggetti che possono rappresentare in modo collettivo gli interessi nella società civile. Il metodo della concertazione deve consentirci un confronto con le istituzioni, con la politica in generale, che, a prescindere dalle preferenze in termini di schieramento che ognuno legittimamente può avere, permetta di mettere al centro i problemi reali e affrontarli nel merito. Ma la concertazione non può essere ridotta a mero simulacro di confronto: convocazioni oceaniche che danno solo un’informativa generica sui contenuti di una Finanziaria o di Dpef. In questo senso, come Uil, riteniamo utile un confronto fra Cgil, Cisl e Uil e le organizzazioni datoriali, preventivo rispetto a tutti i tavoli istituzionali. Siamo consapevoli che ci possono essere sensibilità diverse, ma, alla fine, anche sulle questioni più delicate (per esempio, quelle relative al mercato del lavoro, all’emersione del “nero”, alla sicurezza sui posti di lavoro, alle problematiche degli appalti pubblici) una posizione comune assume per ciò stesso autorevolezza e credibilità.
Come Uil riteniamo sia questa la strada maestra, non sottraendoci al nostro ruolo, che rimane quello del promuovere lotte e iniziative, ma nella consapevolezza che il conflitto in quanto tale se non porta a una proposta condivisa può servire al massimo a tamponare le emergenze ma non a reali passi avanti. Il sindacato del “non si tocca” a volte interpreta bisogni e paure giustificate ma, alla lunga, risulta assolutamente perdente e inadeguato: bisogna governare i processi e non pensare di poterli semplicemente esorcizzare bloccandoli.
Tutto ciò è indispensabile, in presenza di una classe politica che in questo momento appare in Sicilia, nel suo complesso, più presa da problemi interni e autoreferenziali che capace di offrire soluzioni ai problemi reali della nostra isola.