Presidio questa mattina a Torino, in piazza Castello, davanti alla Regione Piemonte, degli ingegneri della Pininfarina Engineering, società che fa capo alla Pininfarina, detenuta dall’indiana Mahindra, che ha annunciato di volerla liquidare: a rischio 135 posti di lavoro, tutti altamente qualificati.
E’ in corso una serrata trattativa sindacale all’Unione Industriale, che riprenderà la prossima settimana, mentre oggi una delegazione dei sindacati e dei lavoratori è stata ricevuta dall’assessore al Lavoro della Giunta Cirio, Elena Chiorino.
Come ha spiegato Davide Provenzano, segretario della Fim-Cisl di Torino: “Il termine ultimo è il 15 gennaio, se non si trova una soluzione prima, i lavoratori saranno licenziati”.
Pininfarina ieri ha annunciato ai sindacati di poter ricollocare 60 persone nella capogruppo, di voler mettere a disposizione dei lavoratori in esubero una società di outplacement e un incentivo all’esodo per chi decidesse di ricollocarsi autonomamente, riferiscono i sindacati, che però non hanno accolto la proposta con soddisfazione.
“Una proposta altamente insufficiente, perché non ci sono le basi per fare l’accordo su questo presupposto. Occorre fare un passo avanti. Noi abbiamo chiesto alla Pininfarina di riassorbire tutti i dipendenti”, ha ribadito Provenzano.
Per il segretario della Fiom di Torino, Edi Lazzi, “la situazione è drammatica e non va bene l’atteggiamento di totale chiusura che sta avendo l’azienda. Noi pensiamo che quei licenziamenti vadano ritirati. Quella della Pininfarina è un’altra crisi che si innesta nella crisi dell’automotive nel torinese, dove abbiamo già perso migliaia di posti di lavoro”.
Pininfarina Engineering, ramo d’azienda creato circa 2 anni fa, ha sede al Lingotto di Torino, e ha scelto la strada della messa in liquidazione perché ha perso due commesse, a causa dell’emergenza Coronavirus, una in Iran e una a Hong Kong, è stato spiegato. Scettici i sindacati.
“L’azienda licenzia 135 persone e poi però dice ai sindacati che forse prenderà dalla Naspi 60 lavoratori per tirarli dentro la capogruppo per fare peraltro lo stesso tipo di lavoro di prima?
Allora non ci sono i presupposti per una cessata attività. Allora forse a pensare male si fa bene. Non è che dietro c’è la volontà di dimezzare l’occupazione e di pagare chi rimane il 30-40 per cento in meno? Perché chi verrà riassorbito in qualità di neo assunto prenderà meno. Credo che ci sia del torbido e mi auguro non sia così”, ha adombrato Lazzi.
La Fim non esclude alcuna strada: “Abbiamo chiesto ai nostri uffici legali di verificare se questa creazione di ramo d’azienda avvenuta 20 mesi fa sia nei canoni, sia corretta.
Alcuni lavoratori ci hanno conferito il mandato di poter esplorare la possibilità di far causa all’azienda eventualmente”, ha annunciato Provenzano.
E.G.