Una perdita di 25mila posti di lavoro e mancate vendite per quasi 2 miliardi di dollari. È questo l’allarme lanciato dalla Toasts Not Tariffs Coalition, realtà composta da 57 associazioni americane del mondo del wine & spirits – produttori, importatori, distributori e venditori al dettaglio -, in una lettera inviata al presidente Trump dopo che il 7 agosto sono scattati i dazi al 15% contro le importazioni europee.
Nella lettera le realtà che compongono la Toasts Not Tariffs Coalition, che danno lavoro a 3,5 milioni di americani, dai produttori di uva, luppolo, orzo e mais fino ai camionisti, i camerieri e i baristi, generando ogni anno un valore di 467 miliardi di dollari, pur apprezzando gli forzi di POTUS di ridare forza all’economia a stelle e strisce chiedono, tuttavia, “che gli Stati Uniti e l’Unione Europea raggiungano un accordo per garantire un commercio equo e reciproco per alcolici e vino. Con l’avvicinarsi del periodo critico delle festività natalizie, essenziale per il successo delle nostre industrie, vi imploriamo di garantire questo importante accordo per gli Stati Uniti il prima possibile. Ciò rappresenterebbe una vittoria chiara e significativa per i lavoratori, le imprese e i consumatori americani”.
La missiva mette in luce tutte quelle criticità che Trump pensa di aggirare attraverso la politica dei dazi. Se, infatti, uno dei principali scopi della guerra commerciale scatenata dal tycoon è quella di riportare le produzioni, che negli anni hanno abbandonato gli Usa, sul suolo americano, la Toasts Not Tariffs Coalition sconfessa i desiderata dell’inquilino della Casa Bianca.
Per loro natura le produzioni di vino e alcoli sono indissolubilmente legati a specifiche regioni geografiche. Terroir, clima, tradizione, competenze. Sono questi gli elementi che fanno si che quel vino sia tale e conosciuto in tutto il mondo. Per disciplinare il Chianti Classico può essere prodotto solo in 70 mila ettari di territorio compresi tra le città di Siena e Firenze, in un’area che abbraccia 8 comuni: Greve in Chianti, Barberino Val d’Elsa, Tavarnelle Val di Pesa e San Casciano in Val di Pesa in provincia di Firenze; Castellina in Chianti, Gaiole, Radda, Castelnuovo Berardenga e parte del Comune di Poggibonsi in provincia di Siena. Niente Napa Valley.
Quindi, come le 57 associazioni spiegano nella lettera, “la produzione – di qualsiasi vino o alcolico ndr – non può essere delocalizzata per aggirare i dazi”. E ancora viene ricordato a Trump che “la maggior parte delle esportazioni di vino statunitensi è destinata a Paesi con dazi all’importazione bassi o nulli. Quasi l’86% delle esportazioni di liquori statunitensi approda in Paesi che hanno eliminato i dazi su questa tipologia di prodotti e circa il 98% delle importazioni di liquori proviene da Paesi che hanno eliminato i dazi sui liquori statunitensi. Garantire un accesso affidabile ai mercati globali crea posti di lavoro, sostenendo le comunità rurali e urbane”.
In definitiva quello che la Toasts Not Tariffs Coalition chiede sono “brindisi e non dazi”.
Tommaso Nutarelli

























