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Home - Blog - Politiche sociali, Italia, Europa

Politiche sociali, Italia, Europa

di Aldo Amoretti
14 Gennaio 2019
in Blog
Politiche sociali, Italia, Europa

Se ne dicono di tutti i colori, anche convincenti, a proposito di Europa e di Italia in Europa e tuttavia non si affrontano come sarebbe a mio parere desiderabile le ragioni che fanno dell’Italia un soggetto ininfluente sulle scelte europee anche a prescindere dai soggetti insediati di volta in volta al governo del belpaese.

Tutti si da per inteso che l’entità  del debito costituisce un macigno rilevantissimo fuori misura nel paragone con gli altri Paesi europei con i quali devi misurarti.

Sento spesso la litania secondo la quale tutta la sinistra del mondo avrebbe subito le teorie del liberismo, del Washington consensus e via discorrendo. E quindi avrebbe archiviato Keynes. Da ciò la situazione presente.

Ci sarà pure del vero in questa interpretazione, ma io ne ho un’altra tutta italiana che da un altro equilibrio all’impianto: non si è stati capaci ed in parte non si è voluto affrontare i problemi della efficienza, della produttività, delle ruberie che hanno condizionato lo sviluppo del Paese, sia nel pubblico che nel privato,  generando un mostro di debito che ha condizionato e condiziona tutt’ora qualsiasi politica si intenda adottare e che ha generato privatizzazioni anche fatte con i piedi.

E’ di scuola il caso delle baby pensioni dell’impiego pubblico, ma che dire di Alitalia? Cassa integrazione all’80% reale della retribuzione con piloti che incassano anche oltre 10mila euro mensili e che facevano (o fanno?) il lavoro (nero?) con la concorrenza. Dopo avere sbandierato che con il job act si sarebbe pervenuti a regole uguali per tutti in fatto di ammortizzatori sociali adesso si è ricostruita una nicchia di favore per gli interessati alle crisi industriali di natura complessa. Oppure ogni crisi aziendale che riesce ad andare in televisione (meglio se con la presenza di un Ministro) riapre il capitolo della disoccupazione straordinaria con l’azienda chiusa che permetta di guadagnare un mese di assistenza più degli altri.

Del resto perché la sinistra, dopo la crisi dell’ultimo Governo Berlusconi ha preferito Monti piuttosto che elezioni anticipate? Perché c’era da assumersi responsabilità alle quali si era totalmente impreparati e/o non disponibili.

Del resto perché è così inefficace la polemica da sinistra sul Reddito di cittadinanza? Si poteva impugnare la bandiera di quanto fatto avviando il ReI (Reddito di Inclusione) e proporre che ci si limitasse a mettere altri soldi (potevano bastare tre miliardi). Il fatto è che non si trattava di una nostra bandiera. L’idea è nata da Acli e Caritas e da quel genio di Cristiano Gori che hanno promosso l’Alleanza contro la povertà trascinando contro voglia anche Cgil Cisl Uil e imposto il tema all’ordine del giorno. Da questo una trattativa con la politica e il risultato di una Legge con impianto buono, ma con pochi soldi. E da questo la bandiera in mano ai pentastellati con il risultato dello stravolgimento di un impianto che sta dimostrando di funzionare, una spesa di molto superiore con risultati di un improbabile miglioramento se non quantitativo.

Peggio su quota cento. Siamo finiti in bocca ai leghisti perché anche da sinistra abbiamo agitato senza misura il problema dei precoci. Capisco di essere estremista al contrario rispetto alla tendenza generale. Non penso che avere cominciato a lavorare in giovane età (prima dei venti anni come è successo per me) possa costituire un titolo per ritirarti a 60-62 anni circa. Se a questa età hai maturato 38-40 e più anni di contributi sei uno che ha sgobbato molto, ma sei anche uno di quelli fortunati che non hanno mai subito periodi lunghi di malattia, disoccupazione o similari. E allora la possibilità di ritirarti prima deve dipendere dalle tue condizioni di salute, dal tipo di lavoro, dalle possibilità concrete di trovare un altro lavoro se lo hai perso per ristrutturazione o crisi. Questo è lo schema Ape sociale, ma che va meglio definito nella identificazione dei soggetti interessati e delle loro condizioni per fare una giustizia che ancora non c’è. Per gli altri la tipologia è Opzione donna estesa anche ai maschi, con uno standard minore in quanto ad anni di versamenti e con il calcolo contributivo puro. E infine un ragionamento serio per i giovani di oggi e che i sindacati identificano in una “pensione contributiva di garanzia” che assomiglia alla vecchia integrazione al minimo che c’era nel sistema retributivo. Ed è il surrogato di una proposta a suo tempo condivisa da Prodi in occasione del suo ultimo Governo e affondata da DS.

Uno scenario analogo si potrebbe verificare sul tema non autosufficienza. Se dal centro-destra si decidesse di affrontarlo chi potrebbe rivendicare un copyright di centro-sinistra se non quei pochi buontemponi miei compagni di avventura che lo agitano fino dalla costituzione della associazione Professione in Famiglia?

Questo complesso di atteggiamenti ha impedito di sposare apertamente la tesi di Carlo Calenda che gli ho sentito esprimere più o meno come segue in un confronto televisivo con un governativo: noi possiamo sostenervi per il 2,4 nel confronto con l’Europa se il grosso delle risorse è destinato a investimenti per lo sviluppo. Vorrebbe dire non solo TAV e Livorno-Civitavecchia (questa per me) e tante altre opere e politiche necessarie e perfino iniziate. Ma pure il nucleare e il ponte sullo stretto. Cioè un Paese moderno, progredito e ricco.

Nel PD si discute tra chi vorrebbe allearsi con i pentastellati, chi con i leghisti, chi con la compagnia di Berlusconi. Signori per ora non ce n’è per nessuno. Il compito è levargli consensi finché possibile e battersi per modificare i loro orientamento. Se ci sarà una crisi e dei mutamenti politici si vedrà.

Aldo Amoretti

PS. Non fermate la globalizzazione che è un fenomeno molto vecchio; almeno dal 1492, ma anche più in là: Ulisse, Marco Polo e tanti altri. Non si ferma; bisogna governarla.

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Aldo Amoretti

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Presidente Associazione Professione in Famiglia

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