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Home - Approfondimenti - Interviste - Pozzi (Cgil Piemonte), arriva la ripresa, ma sull’auto manca ancora una strategia nazionale

Pozzi (Cgil Piemonte), arriva la ripresa, ma sull’auto manca ancora una strategia nazionale

di Eleonora Terrosi
22 Novembre 2021
in Interviste
Pozzi (Cgil Piemonte), arriva la ripresa, ma sull’auto manca ancora una strategia nazionale

Anche in Piemonte la ripresa inizia a vedersi, ma questa deve spazzare via precarietà e incertezze per i lavoratori. È questo il commento di Pier Massimo Pozzi, segretario generale della Cgil Piemonte. Pozzi si dice preoccupato per la passività del governo davanti alle scelte di Stellantis. Sul fronte delle politiche attive serve una formazione ampia e flessibile dei lavoratori, capace poi di adattarsi sulle esigenze delle imprese, che programmano con troppo ritardo, trovandosi poi senza personale. Gli 8 miliardi sul taglio delle tasse presenti nella manovra, spiega Pozzi, devono essere indirizzati a dipendenti e pensionati, e per la previdenza serve una riforma che superi la Fornero, capace di tutelare i giovani e le forme di lavoro più precario.

A un mese dall’inserimento dell’obbligo del green pass avete riscontrato criticità sui luoghi di lavoro?

No, il green pass non sta creando particolari problemi nelle aziende. Dobbiamo segnalare che a Torino continuano, ogni settimana, le manifestazioni dei no-vax e dei no-green pass ma nei luoghi di lavoro non abbiamo riscontrato particolari problematiche.

In Piemonte avete notato un impatto negativo dello sblocco dei licenziamenti avviato due settimane fa?

Sul nostro territorio erano note alcune situazioni di crisi che sono state coperte con gli ulteriori ammortizzatori sociali previsti dalla normativa covid. Ad esempio avevamo dei timori per le zone di Biella e della Valsesia, importanti realtà produttive nel settore tessile, ma le modifiche fatte con il Decreto Fiscale hanno permesso la copertura delle situazioni più delicate con ulteriori ammortizzatori sociali.

Ad oggi quale è la situazione della vertenza Embraco?

Purtroppo la crisi Embraco si trascina ormai da lunghissimo tempo. La vertenza ha e ha avuto un rilievo mediatico molto alto perché dall’inizio della crisi numerosi ministri si sono recati nei presidi dei lavoratori fuori dall’azienda promettendo di trovare soluzioni ma, ad oggi, ciò non è accaduto. Infatti i lavoratori che non hanno trovato altri impieghi rimangono legati agli ammortizzatori sociali perché non sono presenti acquirenti. Noi pensiamo che vada fatto un ragionamento generale, includendo anche altre situazioni di crisi che non sono coperte mediaticamente e anche settori produttivi in cui notiamo importanti incertezze.

Ad esempio?

Ad esempio nella provincia di Torino ci sono molte incertezze nel settore delle automobili che coinvolgono un numero elevato di lavoratori. Infatti le scelte di Stellantis non sono particolarmente chiare sui siti di Torino e ciò che ci preoccupa, oltre alla produzione diretta, è anche la produzione esterna della componentistica affidata a piccole realtà. Ad esempio Peugeot ha produttori di componentistica molto grandi e sta anche pensando di internalizzare una parte del lavoro. Dobbiamo dire che in Italia manca una strategia sul settore automotive, la nostra produzione diretta è minore rispetto a quella di altri Paesi ma, nell’insieme, abbiamo più di 1 milione di addetti – e nel solo Piemonte contiamo più di 60mila lavoratori impiegati in aziende della componentistica. Il produttore principale è attualmente di proprietà franco – americana e soltanto in minima parte italiana. Manca il ruolo del Governo centrale che si occupi di questo settore come avviene in tutti gli altri Paesi europei. Infatti il Governo dovrebbe iniziare a occuparsi seriamente del settore e non limitarsi semplicemente a prendere atto delle decisioni prese da Stellantis per ciascun sito. Ad oggi subisce le scelte del produttore ma non ha ancora chiesto al produttore il piano industriale previsto per il nostro Paese per il prossimo decennio. Questa politica industriale manca da sempre ma adesso è più preoccupante per la trasformazione digitale e ambientale che ci dobbiamo preparare ad affrontare. È, quindi, molto urgente un intervento a livello nazionale.

Come sono i dati della ripresa post-covid in Piemonte? Cosa vi aspettate per il 2022?

Il rimbalzo della ripresa post-covid ha riguardato anche il Piemonte e quindi ci aspettiamo che anche l’occupazione aumenti nel 2022. Attendiamo un miglioramento generale della realtà piemontese che aveva già punti di forza e punti di debolezza. Ad esempio la disoccupazione giovanile in regione sfiora il 30 per cento con punte molto alte a Torino. Vogliamo che con la ripresa post-covid si avvii anche un’occupazione diversa: quella attuale è instabile e precaria perché vede tante forme di assunzioni a termine, noi ci auguriamo che anche grazie agli investimenti degli PNRR ci sia una trasformazione in occupazione di qualità e duratura.

Quale è la situazione degli infortuni sul lavoro in Piemonte?

Anche nel nostro territorio, purtroppo, gli incidenti si susseguono. I settori critici sono vari e comprendono l’edilizia ma anche l’agricoltura. In questo ambito l’impatto sembra minore perché soltanto il 5% dei lavoratori piemontesi è impegnato in questo comparto ma, come ogni anno, anche qui abbiamo registrato incidenti mortali. Nei fatti non è cambiato molto dagli anni passati, i numeri sono sempre molto importanti pur depurati dagli incidenti dovuti agli spostamenti per raggiungere il posto di lavoro. Anche le tipologie degli incidenti sono rimaste le medesime. Ciò è dovuto al fatto che in Italia abbiamo un numero enorme di aziende medio piccole, molti artigiani e partite iva, specialmente nell’edilizia, ciò comporta di fatto che le norme non vengono applicate. In Italia non abbiamo bisogno di altre leggi per tutelare la sicurezza sul lavoro, ma che siano applicate e che ci siano i controlli adeguati. Per questo chiediamo alle istituzioni di assumere, come promesso, nuovi ispettori e di coordinarli. Non è più accettabile che gli incidenti avvengano anche nella manifattura, ad esempio per schiacciamento, soltanto perché sono stati rimossi i sensori di sicurezza o non vengono attivati. Il loro costo è ormai irrisorio e non possono essere disattivati soltanto per produrre un po’ di più o un po’ più in fretta. Per questo tipo di incidenti chiediamo punizioni severe.

Secondo voi cosa deve prevedere il nuovo disegno delle politiche attive?

Secondo noi dobbiamo costruire un migliore collegamento tra ciò che fanno le istituzioni e le necessità delle imprese. Le imprese, dalla loro parte, devono superare il loro storico difetto di non programmare nel medio e lungo periodo. Infatti non preparano i dipendenti ai cambiamenti necessari alla produzione né programmano gli ingressi dei nuovi assunti con un congruo anticipo per poi lamentarsi di non avere lavoratori essenziali alla produzione. Dunque è necessario anche ipotizzare politiche di formazione che diano alle persone una preparazione inizialmente ampia e flessibile che poi si trasformi in formazione specifica, necessaria alla singola azienda, al momento dell’assunzione. In questo modo l’azienda può trovare sul mercato lavoratori già pronti all’ingresso nella produzione formandoli sulle sue specifiche peculiarità immediatamente. Tuttavia le imprese vorrebbero un lavoratore già specificatamente formato all’esterno e vorrebbero trovarlo immediatamente pronto sul mercato ma ciò non può essere concretamente possibile.

Quale giudizio date alla Legge di Bilancio?

Stiamo organizzando delle manifestazioni per avere delle modifiche al testo per vari motivi. In primo luogo secondo noi gli 8 miliardi stanziati sul fisco devono essere indirizzati totalmente al lavoro dipendente e ai pensionati, le categorie che hanno sempre pagato le tasse. In secondo luogo vogliamo aprire un tavolo sulla questione previdenziale. Chiediamo al governo un vero superamento della Legge Fornero. Sappiamo che l’orizzonte temporale non può essere questa Legge di Bilancio ma allo stesso tempo sappiamo anche che non serve moltissimo tempo per modificare il settore della previdenza rendendolo più flessibile. Inoltre la nuova legge si deve occupare anche di coprire le forme contrattuali più precarie garantendo ai più giovani, che attualmente entrano nel mondo del lavoro in maniera precaria, di avere comunque diritto ad una pensione dignitosa e prima degli 80 anni di età. Infine, secondo noi, sarebbe utile avere anche norme che possano ridurre la precarietà, che inseriscano forme di assunzione con una migliore qualità del lavoro. La manifestazione in Piemonte per chiedere al Governo attenzione su questi temi si terrà il prossimo 27 novembre.

Il Paese è pronto alle nuove sfide che arriveranno dal PNRR e dal cambiamento produttivo legato anche alla sostenibilità ambientale?

Sicuramente il Paese è pronto. Servono serietà e costanza da parte della politica che non può essere sempre in campagna elettorale. Infatti in Italia abbiamo capacità teoriche e pratiche, centri di eccellenza e università all’avanguardia, abbiamo bisogno di una classe dirigente, nel senso complessivo del termine che includa la politica e le parti sociali e produttive – che costruisca una visione del Paese nel medio e lungo termine.

Eleonora Terrosi

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