Cosmano Spanolo – Segretario nazionale Fim-Cisl
In questi giorni arrivano a scadenza le procedure di mobilità che alcune aziende del gruppo Fiat hanno avviato nel mese di novembre. Prima di entrare nel merito del problema è necessario un chiarimento preliminare. Tra cassa integrazione e mobilità vi è una differenza sostanziale.
Il lavoratore sospeso a zero ore con il ricorso alla cassa integrazione rimane a tutti gli effetti dipendente dell’azienda: non vi è quindi risoluzione del rapporto di lavoro.
Ciò consente al sindacato, che non ha ritenuto opportuno concordare sul ricorso alla cassa a zero ore, di negoziare, dopo l’atto unilaterale e con il sostegno delle necessarie iniziative di lotta, un accordo migliore, per un utilizzo diverso di questo strumento o per il ricorso a soluzioni alternative. La Fim Cisl ha sempre sostenuto il ricorso ai contratti di solidarietà o alla rotazione, alternativi alla sospensione a zero ore. Il lavoratore collocato in mobilità, invece, è nei fatti licenziato. Infatti per accedere al trattamento di mobilità deve cessare il rapporto di lavoro preesistente.
Va ricordato che l’attuale disciplina legislativa (legge 223 del 1991) impone all’azienda, nell’individuare i lavoratori da collocare in mobilità, di tenere conto di una serie di criteri: minori carichi familiari, minore anzianità aziendale, esigenze tecnico-organizzative e produttive.
La stessa legge stabilisce al riguardo che solo le parti possono decidere, tramite accordo, di applicare criteri differenti, quale ad esempio la maturazione, allo scadere del periodo di mobilità, dei requisiti per la pensione da parte dei lavoratori interessati da questa misura.
Questi sono il quadro legislativo di riferimento e il contesto nel quale le procedure di mobilità arrivano a scadenza. Ora, il sindacato deve decidere cosa fare.
Noi pensiamo che il sindacato debba scongiurare la collocazione in mobilità dei più giovani, ovvero degli ultimi assunti. Tra l’altro, le ultime assunzioni sono in buona parte il frutto dell’azione sindacale che ha portato alla trasformazione del contratto atipico in contratto a tempo indeterminato. Dunque, un risultato della nostra iniziativa e delle nostre lotte. Inoltre, nell’ultimo incontro a Palazzo Chigi, nel quale abbiamo unitariamente sostenuto non esserci le condizioni per l’accordo, abbiamo comunque rivendicato la conferma del rapporto a tempo indeterminato per i lavoratori di Termini Imerese con contratto temporaneo in scadenza, anche se era chiaro che venivano posti in cassa integrazione come tutti gli altri. Qui si rende necessaria una chiara assunzione di responsabilità. Per le procedure in scadenza abbiamo proposto che la decisione ultima sia affidata al voto a maggioranza dei componenti delle Rsu. Ovviamente nessuna organizzazione deve rinunciare a sostenere le proprie convinzioni, quindi anche il no all’accordo, ma tutte devono riconoscersi in quel pronunciamento. Questo è l’unico percorso democratico previsto dall’attuale regolamento Fim-Fiom-Uilm, che altre volte è stato applicato. Lo abbiamo proposto perché convinti della necessità di evitare una spaccatura tra le organizzazioni, mantenendo quell’unità che nella vertenza Fiat siamo riusciti comunque a salvaguardare. L’unità per noi è una risorsa, non un vincolo.
Pensiamo che esercitare la responsabilità, in nome della tutela che il sindacato deve sempre assicurare ai lavoratori, non significhi un cambio di posizione sul merito delle questioni. Siamo infatti convinti di aver fatto bene a non sottoscrivere il testo che il Governo e la Fiat avevano concordato, anche perché prendeva a riferimento il piano che noi, unitariamente, avevamo valutato e continuiamo a valutare negativamente.
Gli sviluppi della situazione ci confortano nella decisione assunta, anche perché da quel momento il quadro è ulteriormente peggiorato. Abbiamo assistito al terremoto al vertice del gruppo dirigente Fiat, al declassamento del debito da parte delle agenzie internazionali di rating e assistiamo a continue indiscrezioni su opa e contro-opa, su piani del Governo e su tante altre cose. Il tutto senza che noi siamo informati su nulla. E’ dunque giunto il momento di chiedere alla Fiat un incontro in tempi rapidi, per capire le reali volontà dell’attuale proprietà in merito alle tante ipotesi che circolano. Riteniamo inoltre che anche il Governo debba rispondere al sindacato e al Paese su quanto sta avvenendo, anche perché il piano industriale preso a riferimento dall’accordo tra il Governo e la Fiat sembra essere messo in discussione.
Abbiamo sempre sostenuto, e sosteniamo, che questa impostazione debba essere appoggiata dalla giusta mobilitazione e dall’iniziativa politica di tutto il sindacato. E siamo convinti che entro il mese di gennaio si debba giungere a una iniziativa generalizzata di lotta della nostra categoria – peraltro già decisa in un comunicato unitario di Fim, Fiom e Uilm – perché i dati confermano che oltre alla Fiat, che rappresenta il punto più acuto della crisi, vi sono diversi comparti del settore metalmeccanico che versano in gravi sofferenze. Occorre inoltre lavorare con le confederazioni per costruire un quadro di dettaglio sui diversi punti di crisi del settore industriale del nostro Paese, individuare gli obiettivi e le controparti, e dare vita poi a una iniziativa confederale di mobilitazione delle categorie dell’industria.
Su questa impostazione abbiamo registrato una convergenza tra le organizzazioni nell’ultima riunione unitaria prima del coordinamento della Fiom, che ha deciso da sola, in quella sede, di ricorrere a otto ore di sciopero nel gruppo Fiat e nelle aziende dell’indotto. E’ una scelta legittima, ma che giudichiamo grave, spiegabile solo con la voglia della Fiom di fare da sola. Ad aggravare la situazione si aggiunge ora la decisione unilaterale della Cgil di proclamare uno sciopero generale dell’industria per il 21 febbraio. Evidentemente, per la Fiom e la Cgil il percorso unitario rappresenta un vincolo, non una risorsa.
Comunque non disperiamo. La gravità della situazione è tale che richiede la mobilitazione di tutte le risorse del sindacato per conseguire obiettivi condivisi e utili per contribuire a superare la grave situazione in cui versa non solo la Fiat, ma una parte importante dell’industria italiana. Ciò richiede di abbandonare qualsiasi mira egemonica, che avrebbe corto respiro e sarebbe dannosa non solo per il sindacato ma per l’intero Paese. Per quanto ci riguarda, continueremo a lavorare per costruire convergenze ragionevoli ed efficaci, nel rispetto delle reciproche posizioni di fondo.