Il 13% dei lavoratori degli Stati Uniti e dei paesi europei facenti parte dell’Ocse soffrono particolarmente gli effetti del caldo durante lo svolgimento delle loro mansioni. I più colpiti sono addetti con competenze medio-basse, che stanno all’aperto, nell’industria pesante o nella filiera di trasformazione del cibo. Nel dettaglio le percentuali raccontano che il 55% dei lavoratori americani ed europei che operano per strada patiscono le temperature elevate, lo stesso vale per il 55% e il 53% degli agricoltori e allevatori statunitensi e del vecchio continente e il 46% e il 43% degli addetti dell’industria alimentare. A dirlo è un recente policy brief dell’organizzazione con sede a Parigi dal titolo “Feeling the Heat: Working under increasing temperatures”. Tra i paesi maggiormente colpiti dagli effetti del cambiamento climatico ci sono Turchia (26%), Spagna (25%) e Grecia (22%).
Il documento dell’Ocse spiega come le ondate di calore, sempre più diffuse, più intense e prolungate nel tempo, hanno un impatto negativo non solo sulla salute dei lavoratori ma sul mercato del lavoro e sulla produttività delle imprese. Lo stress da calore, si legge nel report, può dipendere da diversi fattori, le fonti di calore, l’umidità dell’aria, l’esposizione al sole, causa fatica, irritazione, aumenta i tempi di reazioni e riduce la concentrazione. Le elevate temperature influiscono, in peggio, sulle performance del lavoratore, sia per quelle fisiche, per quelle complesse che richiedono una elaborazione cognitiva ma anche su quelle routinarie, che implicano comunque un certo grado di controllo e vigilanza. Il risultato è un calo delle produttività, un aumento dell’assenteismo e degli incidenti, anche quelli mortali. Nello studio “The 2023 report of the Lancet Countdown on health and climate change: the imperative for a health-centred response in a world facing irreversible harms”, pubblicato sul volume 402/10419 di The Lancet, gli autori hanno stimato che nel 2022 si sono perse 490 miliardi di ore di lavoro a causa del caldo in tutto il mondo, con un incremento del 42% tra il 1991 e il 2000. Come detto alcune tipologie di lavoratori sono maggiormente esposte. Si tratta principalmente di uomini, giovani, con un grado di istruzioni medio-basso, che vivono nelle zone rurali.
Per governare questi scenari, alcuni paesi dell’Ocse hanno messo a terra politiche e interventi specifici. In Grecia, tra il 2017 e il 2023, il ministero del Lavoro e degli Affari Sociali, assieme agli stakeholders di riferimento, ha messo a punto una strategia integrata per elaborare in anticipo misure per mettere i lavoratori al sicuro dallo stress da caldo. La Spagna ha predisposto la Estrategia Española de Seguridad y Salud en el Trabajo, 2023-27 con l’intento non solo di tracciare delle linea guida per i prossimi anni, ma anche per individuare azioni di supporto verso quelle aziende e quei lavoratori che svolgono attività più esposte ai picchi di calore e, in aggiunta, migliorare l’osservazione degli incidenti legati al caldo. La Francia, con il suo Plan de santé au travail del 2023, si è mossa in modo analogo per monitorare i rischi sulla salute imputabili al caldo, dalle malattie fino ai casi fatali, per realizzare misure per mettere al sicuro i lavoratori durante le ondate di calore e testare la consapevolezza delle imprese riguarda alle problematicità di questo aspetto. La Germania sta portando avanti una serie di workshops sul tema (Arbeit: Sicher+Gesund), che si concluderanno nel 2025, per arrivare alla definizione di politiche e soluzioni operative contro le ondate di caldo.
Un ruolo attivo è stato giocato anche dalle parti. Quanto descritto sopra nei vari paesi ha visto una fattiva partecipazione di sindacati e associazioni datoriali. Gli accordi collettivi, di settore o aziendali, possono, inoltre, determinare azioni per tutelare i lavoratori quando la colonnina di mercurio spinge verso l’alto, senza dimenticare il ruolo di prevenzione che i sindacati svolgono durante i mesi estivi fornendo suggerimenti pratici e precauzioni. In Italia il confronto tra il governo e parti sociali per far fronte all’emergenza caldo ha visto la disponibilità del ministero del Lavoro nel rinnovare gli ammortizzatori sociali messi in campo la scorsa estate, ma pochi passi in avanti sono stati fatti tra imprese e sindacati per la definizione di un protocollo, con i secondi che hanno accusato le prime di negare il peso del problema, e con le aziende che, invece, hanno più volte ribadito che gli strumenti per intervenire già ci sono. I sindacati degli edili hanno portato avanti per tutta l’estate una massiccia campagna di sensibilizzazione chiedendo l’interruzione dei cantieri durante le ore più calde.
Tommaso Nutarelli