Un Paese sempre più spaccato in due e che procede a due velocità, con grandi e profonde differenze tra nord e sud. Un Paese dove la soddisfazione sulla qualità della vita è calata di 22 punti negli ultimi 10 anni (addirittura 17 negli ultimi 5), a dimostrazione di quanto la crisi economica abbia avuto impatto sulla vita delle persone.
E’ quanto emerge dal “Rapporto 2015 sulla qualità dello sviluppo in Italia”, realizzato dalla Fondazione Di Vittorio della Cgil e dall’istituto di ricerca Tecnè. Il rapporto misura lo stato di salute del Paese e le disuguaglianze territoriali, utilizzando 87 indicatori di base, raggruppati in 10 macro-aree di analisi per valutare la qualità dello sviluppo. Qualità delle abitazioni, beni posseduti dalle famiglie, caratteristiche del territorio, condizione di salute degli individui, relazioni amicali e partecipazione sociale, servizi socio assistenziali e sistema culturale, struttura economica, equità economica, soddisfazione per la qualità della vita. Da questa analisi risulta che, l’indice complessivo della qualità dello sviluppo, utilizzando come base di confronto la media nazionale (indice base Italia = 100), colloca il nord-est al primo posto con 111 punti, seguito dal nord-ovest (107), dal centro (103), mentre il sud e le isole si fermano molto più in basso, con l’indice a 87 punti.
Secondo il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, il rapporto rappresenta la “documentata conferma della necessità e dell’urgenza di una vera politica nazionale per il mezzogiorno che, intervenendo su specifici fattori di difficoltà e diseguaglianza, che durante la crisi si sono ulteriormente ampliati, trasformi l’attuale emergenza in una opportunità”.
Per il leader della Cgil, “E’ evidente, invece, il ritardo nelle politiche nazionali, la scarsa interazione con le politiche regionali, la carenza di investimenti, la frammentazione e la dispersione in troppi ambiti degli obiettivi e delle risorse”.
In sintesi il Rapporto evidenzia come all’Italia serve un salto di qualità che vada non solo nella direzione di un recupero di fiducia ma soprattutto in un grande progetto che punti a colmare i gravi ritardi tra nord e mezzogiorno presenti in ognuna delle 10 macro aree di analisi. E’ inimmaginabile pensare di recuperare il terreno perduto in questi anni se permangono differenze così forti nelle varie aree del Paese, differenze che si riflettono inevitabilmente nella velocità di risalita e che espongono a crisi cicliche e a un progressivo degrado economico delle aree più povere.